todocoleccion.net

In questa foto, la vedete in una cartolina degli anni 70, insomma, prima che inventassero Instagram, quando le foto venivano rossicce così di loro, senza filtri digitali. 
Chissà se c'ha ancora gli autobus intorno alla rotonda. 
Lo starò scoprendo quando leggete questo post, dato che lo sto schedulando qualche ora prima: è dove c'è la casa con cane incorporato che abbiamo affittato. Passerò una decina di giorni con l'Asburgico, con C la pittrice spagnola, ma soprattutto con un coso con questa faccia:


Ci vediamo tra un po'. Mare nostrum, arrivo...

http://milenioreinodegranada.es/


Ecco sì, piano piano a lato dei soliti romanzi sto leggendo questo libro, della figlia più piccola di Walter Tobagi, Benedetta. 

Mi sta piacendo molto, immagino che, come molti di questi libri, sia interessante soprattutto per coloro che non c'erano, come l'autrice, o come me. Mi sono trovata spesso a pensare, durante la lettura, come dev'essere stato per lei, emotivamente, scrivere questo libro. Immagino che sia stato al tempo stesso doloroso e bello. Doloroso, non serve spiegare perché. Bello, perché mettendomi nei suoi panni, per me sarebbe un viaggio fantastico, se avessi anche io a disposizione tutta questa documentazione e queste foto di mio padre. So che ce ne sono un po', a casa mia a Milano, so anche dove sono, queste foto, ma non ho ancora avuto il coraggio di andare a rovistare, in sei anni. E da quando abito fuori, sono lì così poco e sono sempre così pensierosa, quando ci vado, che non ho mai il coraggio di andare e vedere cosa trovo.

Come Walter Tobagi, anche mio padre si interessava di politica, aveva quattro anni meno di lui, e come lui era arrivato a Milano da piccolo, da un'altro luogo - anche se, venendo da Roma, di certo non avrà avuto lo shock culturale provato da Tobagi, in arrivo da un paesino umbro. Anche questa cosa, mi fa sorridere: la mia famiglia romana, in realtà, ha origini umbre, proprio dalla zona da cui proveniva Walter Tobagi, i dintorni di Spoleto. Penso spesso che mi piacerebbe andare a passare del tempo da quelle parti, e non sempre in Lontanistan. Ci andavo spesso da bambina, ma sono anni che non vado né lì né a Roma - dovrò rimediare. Ma mi sa che per farlo dovrò anche imparare a guidare. 

Comunque - questo libro mi piace molto, è una sorta di biografia e storia emotiva non solo di un uomo, ma di un periodo storico, e di una città. Per me leggere libri riguardanti quegli anni è un modo di immaginare come doveva essere la vita di mio padre quando aveva la mia età, cosa pensava, cosa sentiva, cosa faceva. Ne parlavamo tanto quando lui c'era ancora, ma come ho già scritto qui, purtroppo è morto proprio quando stavo diventando abbastanza grande da aver superato tutte quelle fasi in cui ti devi contrapporre a tuo padre per definire bene chi sei - specialmente se siete così simili, oltre che così differenti. 

Oh la la. Fatemi andare a colorare i capelli, subito! Magari il colore ferma il cervello :) 
...facciamo un piccolo esercizio di visualizzazione.

Questa è Milano San Cristoforo.

sottomilano.it
Questa è una giovane donna felice, biotta* ma con classe perché ha un suo perché, al Carnaval de Rio.

passeiosnorio.com
Questo è l'attuale sindaco di Milano, Giuliano, quello della Forza Gentile e delle Sopracciglia Audaci, almeno in questa foto.

www.inc-anto.net
Ora, mettete insieme i primi due elementi. Immaginate la donna semibiotta danzerina, che danza, appunto, e il piazzale di S. Cristoforo che diventa una cosa del genere:

brazilinfocus.com

Milanesi che state leggendo, contattiamo Giuliano? Secondo me, una cosa del genere durante l'Expo non può che portarci turisti in più. 

A me è un'idea che piace un sacco. Apriamo un comitato di quartiere?

Oppure, se vogliamo essere intraprendenti, potremmo aprire un sambodromo anche qui: 

dipity.com
Magari a loro serve pure di più, psicologicamente. Anche se le donne polacche sono belle ma troppo longilinee per la samba. Ah sì. Lì sono messa meglio io, cari miei. 

E dopo questa, torno a leggere il leggerissimo libro di Yasmina Khadra che mi sto sparando, in lingua originale per rendermela pure facile. Tra quello e Brindisi e il terremoto, mi serviva proprio di pensare ai sambodromi. 

*a Milano, biotto significa mezzo gnudo, ed è un vocabolo che mi ha sempre infuso ilarità. 
Non c'è che dire. Davvero. Una bomba e due terremoti, o uno, se il secondo lo contiamo come di assestamento.

Non c'è molto di intelligente da dire. Solo che è stata una triangolazione orrifica, e che detesto gli applausi ai funerali. Magari sono io ad esser cinica, ma che cazzo applaudite? Applaudite per quanto è stata coraggiosa sta povera ragazzetta a crepare perché era nel punto sbagliato al momento sbagliato? Non c'è niente che sia di più cattivo gusto. Fosse figlia mia li prenderei tutti a calci nel culo. 

Oggi c'è una bella giornata su Vienna. Dopo vado un po' a schiantarmi con i rollerblade, con l'Asburgico che mi acchiappa quando non riesco a frenare, prima che mi stampi contro un muro (questo è ammore.)

Detto ciò, come ogni volta che viene il sole e sale la temperatura, io ho una voglia di gita pazzesca...

questa è la stazione di Milano San Cristoforo. E' una dura gara, anche se ora che vedo la foto, forse Katowice è ancora peggio (cosa dici tu, Manoel, che l'hai vista?)
Triste come l'aceto. Insieme a piazzale Corvetto, è uno dei posti più tristi di Milano - e Milano, a causa delle bombe degli americani che hanno sfasciato tutto, è costellata di orrori assortiti. 

In ogni caso, secondo me, installare un sambodromo da queste parti migliorerebbe un sacco la situazione. 
http://solferino28.corriere.it/
Come saprete, io non sono né giovane - neanche una vegliarda, ma certo non una sbarbata - né meridionale. 
Ho appena letto un post su questo blog del Corriere che leggo ogni tanto, il blog dei ggiovani insomma, dove una giovane ragazza calabrese descrive la sua vita da fuori sede a Roma. Riassumo in poche parole quel che mi sono trovata a pensare:
E soprattutto, non si capisce una minchia, o meglio, si capisce, ma con un certo impegno. 
Mi fa pensare alla conversazione che ho avuto un annetto fa con l'amico P., il francese di Budapest laureato in italiano, che sostiene che la letteratura francese batte quella italiana dieci a zero per leggibilità. Diciamo che se la scrittura di questa ragazza è stata considerata degna di pubblicazione perché pregna di significato, ragazzi, siamo fritti - è prolissa, ampollosa, ma soprattutto c'è questo patetismo che sembra di leggere Verga. Insopportabile. Il genere di cosa che mi fa scattare fastidio epidermico immediato. Ancor più che la scrittura, mi stronca questo atteggiamento di rassegnazione, come se questa si sentisse addosso il peso di secoli di miseria... Ora, tesò, tanto misera non sei, stai studiando, goditi il fatto che stai studiando, nutri la tua mente, insomma, un po' di positività, kadzo!

Il suo comportamento a Roma (questo cercare le feste calabresi e questo suo stare coi conterranei soprattutto) mi ha fatto pensare a come si comportano i GGiovani Italici che vengono a Vienna. Io, qui, di amica italiana ne ho una (1), che ho incontrato alla scuola di tedesco e viene dalla Puglia. Insieme, siamo la Cotoletta Salentina. Tramite lei ho talvolta incontrato alcuni G. I., provenienti da varie regioni italiane. Spesso arrivano qui, senza parlare un minimo di tedesco (e ci sta, a scuola si studia poco, specie nel sud, nel nord-est sono le ex-colonie invece); con un inglese scarso (e questo ci sta meno); senza la più pallida idea di cosa fare di sé, trovano un lavoretto (e questo ci sta tutto, ci mancherebbe) però poi invece che vivere la città, o tentarci, si isolano tra italiani, e finita lì. 
Ora.
Anche a me manca, parlare l'italiano, quando non vedo Fro. Però mi romperei le palle, a stare solo con gli italiani, perché allora, umm, perché andare via dall'Italia, se poi stai sempre con gli italiani? Già quando ero mocciosa, mi sfuggiva questo ragionamento, quando sentivo i compagni miei che andavano a studiare in Britannia e dicevano "ooooh ho trovato un sacco di italiani, che phigo!"

Per me uno dei lati stimolanti dello stare all'estero è che ho amici austriaci (meno di quanti avrei pensato, ahimè), inglesi, romeni, francesi, croati, americani, insomma, un po' di tutto. Quindi, nello stesso modo, non capisco questa ragazza che a Roma va alle feste dei calabresi: ma non sarebbe molto più interessante fare feste pan-meridionali - se proprio devi organizzarti geograficamente - dove scofanarti felice la 'nduja e anche i taralli e anche le scacce ragusane? Io sono cresciuta a Milano con un padre romano e amici di tutta Italia - in classe mia contavo solo due milanesi "reali" - più eritrei, peruviani e filippini. Penso che mi abbia arricchito, nonché abbia anche provveduto a farmi conoscere un sacco di culture e cibi e cose del genere. Quindi l'atteggiamento di questa ragazza qui, proprio non lo colgo. 

Illuminatemi, vi prego!

E poi: Roma sinistra? Libera di pensare ciò che vuole, ma se Roma è sinistra allora Katowice* che cos'è??? Sono molto, molto perplessa. 

*Katowice è una città polacca. E' anche uno dei luoghi più deprimenti dove abbia mai messo piede, insieme a Sofia in Bulgaria. La stazione di Katowice fa sembrare la stazione di Milano San Cristoforo un luogo ameno e ridente, dove manca solo un sambodromo. 
Napoleon Sarony 
era un pazzo furente, ma un pazzo furente creativo e geniale, uno di quei personaggi di cui è costellata la storia, che è morto senza alcuna ricompensa per le innumerevoli cose che ha inventato. Era intelligentissimo, dormiva 4 ore per notte perché aveva cose più utili da fare.

Era anche alto 2m (davvero!), e belloccio, direi, in maniera vittoriana.
Era anche innamorato di un piccione.

Il tizio di The Oatmeal gli ha reso un omaggio divertentissimo e istruttivo (in inglese), lo trovate qui.

Ah, e maledetto Edison!

http://www.hindu.com/
L'altro giorno, finalmente, mi sono ricordata di chiedere a M, il mio insegnante di yoga, se poteva consigliarmi qualche lettura per sapere con più criterio che cosa sto facendo. 

Lo yoga mi piace, mi fa stare bene, mi calma.  Ieri ero così calma che di mia volontà ho dato buca all'asburgico e altri amici per venire a casa, stare sola e godermi la sensazione di calma. 
Cosa che importa più di tutte, in M ho trovato un insegnante che mi piace, che spiega bene come fare le cose, che te le mostra se non capisci (perché raga io devo starlo a sentire in tedesco, mica facile quando sei a testa in giù), e se proprio non ce la puoi fare, ti acchiappa per una caviglia o per una spalla, e ti mette nella posizione giusta. Dopo ciò, M. con la sua faccia da cugino di Daniel Pennac, tutto spettinato, ti guarda dagli occhiali, ti fa un sorrisone e ti dice, genau, schön!, cioè esatto, bello! A me ci vuole uno così. Nella stessa scuola, una volta, sono finita nella classe di un essere saccente che non faceva altro che cantare mantra e guardarti con aria severa. Ora, anche no. Proprio non fa per me, quello con l'aria severa che ti fa sentire come una povera caccola straniera quando lo guardi senza capire (e lui sa che sei una caccola straniera.)

Insomma, dopo la lezione vado da M e gli dico, sentidài, ma non puoi darmi delle letture così non ti assillo chiedendo sempre perché facciamo le cose? E lui mi ha detto: cerca la biografia di Krishnamacharya (che è l'antenato morale di ogni insegnante di yoga odierno, pare di capire.) Io te la darei, dice M, ma ce l'ho in tedesco e so che per te è più facile in inglese: ti porto il titolo settimana prossima.

Bene.

Oggi, dopo la lezione del mattino, entro in metro. Mentre cammino verso la fine del treno, mezzo vuoto perché vicino al capolinea, noto una borsa gialla, di quelle di tela, abbandonata su un sedile. Mi guardo in giro per vedere se qualcuno l'ha dimenticata, non vedo nessuno, e sotto, vedo l'angolo di un libro. Io sono una bookcrosser, se c'è un libro in un luogo pubblico, io vado subito a vedere: era la biografia di Krishnamacharya! Coincidenza - come dice il mio emisfero sinistro - o segno meravigliosamente poetico, come dice l'altra metà di me? 

In tutto ciò, a me dispiace per chi l'ha perso. Ma non saprei come fare, magari lo porto all'ufficio degli oggetti smarriti della metro, ma se nessuno lo reclama, che gli fanno, a sto libro? 
A me sta cosa mi ha reso la giornata geniale, comunque. Davvero, a me basta poco. 
Insomma, l'altro giorno, finisco la lezione con uno studente di vecchia data che sta facendo la maturità. La nostra penultima lezione - mi sembra di abbandonare un fratellino, o roba del genere. Ci siamo incontrati che aveva sedici anni compiuti da poco, era uno sbarbato dall'aria annoiata che mi guardava con aria scettica, e due anni dopo è diventato un ragazzone belloccio, che sta per finire la scuola e che sta decidendo se andare a lavorare in Australia per un anno, perché ha capito che l'inglese gli piace.

Io sono la sua insegnante di inglese, da due anni. 
Mi sento fiera come una crétina. 
Ma scusate se è poco, aver preso uno sbarbato annoiato e averlo rigirato come un calzino e averlo guardato crescere e diventare un giovane uomo. Mi fa sentire come una vecchia bacucca, tra le altre cose.
Mi fa anche capire che faccio un lavoro bellissimissimo.

Comunque.
Dopo la lezione non ne avevo altre, allora gli dico, senti, sai che c'è? Compro una torta, torno su e mi faccio due chiacchiere con tua madre, tu scompari, vai dalla tipa e divertiti.

Insomma, chiacchiero felice con la M., sua madre, e a un certo punto in cucina ci cade un pezzo di torta dal tavolo. Io faccio per prendere la carta da cucina, ma lei, più lesta, invece, raccoglie la spugna (quella con cui lava i piatti, quella lìììì) e tira su la briciola. Da terra. E rimette la spugna nel lavello, pronta da essere usata per il prossimo lavaggio piatti.

Ora, magari sono io che sono all'antica. Che sono disordinata ma che mi piace la cucina pulita. Ma... Diciamo che è una differenza culturale, forse. La mia amica A., una volta a casa sua, ha fatto la stessa cosa. Pulire pavimento magari pure non proprio pulitissimo (legittimo) con la spugna con cui poi lavi i piatti dove mangi? E perché no? Qua, sì.

La casalinga italiana repressa che vive dentro di me, quella che si fa viva un paio di volte all'anno, rabbrividisce. 
Ma forse è come diceva l'idraulico a Milano, che aveva sposato una biondona tedesca: signò, è cche qquesti ci hanno tutta un'altra idea dell'iggiéne, signoramìa, e se ce la prendiamo sempre, come finiamo?
Forse ma forse, c'ha ragione lui. Io non dico niente, e penso che così il mio sistema immunitario si fortifica.
Se un giorno lontano dovessi riuscire nel mio intento di fare una gita in Lontanistan, come chiama questa destinazione mistica un mio amico saggio, una delle cose che voglio fare è "incontrare" una serie di animali che mi piacciono. Ecco uno di loro: 


So che c'è un centro che si prende cura dei bradipi in Costa Rica, posto totalmente fuori zona dai miei normali orizzonti lontanistanici... Però, ci sono i bradipi. Io adoro i bradipi.
Da quando l'anno scorso, allo zoo di Singapore, ho avuto un incontro ravvicinato con uno di questi animaletti occhiuti, super amichevole e per niente spaventato e soprattutto dal pelo morbidissimo, 


ho deciso che voglio incontrare una serie di bestiole. E anche tornare allo zoo di Singapore. 

Uffa, lavorare è sopravvalutato, con un pianeta intero da scoprire io sono qui a lavorare! Che assurdità... 
Amazon.com
...E Amazon Tedeschia mette in vendita qualche settimana fa il Kindle Touch con 3G, cioè proprio quello che io volevo per il mio compleanno ormai sette mesi fa. 

Sei mesi dopo che l'ho comprato.
Che mi ero stufata di aspettare e alla fine ho preso il modello in vendita da un anno, quello con la tastiera, phigo ma vecchio come il cucco.

Eh, ma che sfiga. 

M ha tentato di consolarmi dicendo con aria professionale: no, ma un ebook reader non dovrebbe avere un touch screen a prescindere. L'e-paper non è mica fatta per queste idiozie da sboroni.

E io mocciosa, che volevo fare proprio la sborona, ho detto eh, infatti. Sicuramente dura troppo poco la batteria, se lo usi quanto me che leggo sempre. Sniff sniff.

In tutto ciò, il mio Chindol io lo amo molto. E' sempre con me. Poi magari elaboro meglio, comunque comincio col dire che è una grande invenzione (e sìsì, lo so che voi amate i libri di carta. Anche io. Infatti le due cose non sono esclusive!)
Oggi ho letto questa frase di Schopenhauer, e sono d'accordo con lui.
"Every miserable fool who has nothing at all of which he can be proud, adopts as a last resource pride in the nation to which he belongs; he is ready and happy to defend all its faults and follies tooth and nail, thus reimbursing himself for his own inferiority."

Ecco. Appunto. 

Sento sempre più gente che si dà al nazionalismo in tutti i paesi in cui vado, e la cosa mi mette a disagio. Mi fa pensare che sto cominciando a esser parte di una minoranza e di essere non in linea con lo zeitgeist.
Il fatto è che sento sempre le stesse robe, sull'eccellenza del paese di turno. E se sono tutti eccellenti, allora chi rimane a fare lo sfigato? Sento ste cose in continuazione e sempre uguali, in tutto il mondo. Non mi convincono proprio. Evviva l'anacronismo, se questo è lo zeitgeist. 
Quindi insomma, in una delle nostre tribune politiche a cena con l'Asburgico, mi racconta di una chiacchierata con amici che ha avuto mentre ero in Italia. Il tema era come anche l'Uomo della Strada, ormai, sia piuttosto incazzato e detesti le banche. Io confermo: anche tra i miei studenti austriaci, qui, gente normalissima e di mezza età, c'è un sacco di gente incazzata che fa discorsi che cinque anni fa avresti sentito fare soltanto tra i ggiovanideicentrisociali.

Ciò detto, io ho raccontato a M dell'ansia che m'attanaglia ogni qualvolta vado in Italia e parlo coi miei coetanei. Oltre il già citato gruppo di auto-aiuto davanti a una birra all'una di notte (per giovani donne vittime di molestie sul lavoro), ho anche sentito di: un'amica vittima di mobbing perché ha detto troppo veementemente al proprio capo che diceva cacate; una in malattia da sei mesi perché esaurita da un capo maiale che cercava di scoparsela contro il suo volere; una vessata dalla capa imbecille che sta cercando un altro lavoro; uno che deve lottare per essere pagato da tre mesi a questa parte, insomma, un festival di situazioni una peggio dell'altra. E questa, ahimè, non è una novità - è che sta peggiorando. Dal mio compleanno scorso, quindi dall'autunno, ogni volta che vado a casa e non sono con la mia famiglia, ma con gli amici, mi vengono le angosce. Mi viene l'ansia. Vedi e senti un sacco di gente incazzata, o più precisamente, frustrata. 

Ora, M, che è uomo germanico e quindi piuttosto lineare, mi ha detto ieri sera: ma, quindi, se è così, io non ho capito una cosa... Ma dove sono gli indignados italiani? Cioè: tu mi dici che sono tutti incazzati. Io, in effetti, glielo dico, perché ho proprio questa impressione. Incontro molta gente incazzata, col grugno, frustrata, no? Ma come mai questa carica di frustrazione non si spinge mai fuori da casa? Perché tutti si lamentano e nessuno protesta veementemente? Perché piazza Duomo o piazza del Popolo non sono piene di gente in tenda o in sit-in che dibatte, fa e disfa discorsi, insomma, si dà al dibattito pubblico, che questo sia utile o meno? Perché quelle poche volte che poi la gente scende in piazza, come ottobre scorso, si finisce a parlare di quattro pirla che danno fuoco alle macchine, e basta? E perché nessuno rimane in piazza e organizza tendopoli piene di dibattiti e discorsi? Lo so, che ormai sta storia è finita anche altrove. Quello che mi preoccupa e mi dà da pensare è che in Italia, non è mai cominciato. Ma niente. M si chiede se gli italiani ormai non siano rassegnati. Io non lo so, so che ogni volta che torno a casa lo sento come un paese sempre più assurdo e lontano e incomprensibile. Cioè: appena te ne vai, è finita, perché è un paese talmente non funzionale, che rientrarci è dura, perché praticamente devi abbandonare la logica. 

Al di là del fatto che sia utile o meno, metter su una tendopoli e parlare delle cose, è secondo me comunque un segno di vitalità della mente delle persone. Io conosco un sacco di gente che è vitale, ma come mai in Italia non succede una mazza? Cos'è che la rende così granitica? Perché in Italia non abbiamo visto praticamente mai scene come questa, 

http://noticias.terra.es/
ma solo scene come quest'altra? Una povera tendina solitaria nella notte, pare solo in occasione del 12 ottobre 2011?

http://www.romatoday.it/
Mi piacerebbe avere più lettori anche solo per sentire pareri. Mah. 

Si vede, che ho riposato il cervello?
Fatemi andare a fare altro, invece che la sociologa dei miei stivali. 
Siccome sono stanca e c'ho il burnàut, secondo l'Asburgico che di solito minimizza tutto, adesso parlerò di capelli. I capelli sono importanti, per le donne. Uomini, se vi annoio, smettete di leggere e tornate quando avrò il cervello più in forma.

Qui a Vienna, le donne fanno un sacco di cose strane coi capelli. Si vedono donne di ogni età - davvero, ogni età, dai dodici ai settanta, che fanno qualsiasi cosa. Capelli bicolori in varie combinazioni (con la corona, con le punte di colore diverso), capelli leopardati (eh già), tagli improbabili, tagli come quello del ragazzetto dei Tokyo Hotel su donne dell'età di mia madre. E' come per il vestiario: qua, la gente, fondamentalmente fa un po' quello che gli pare. Il che, come dico sempre, è una gran cosa dal punto di vista dell'espressione individuale. Dall'altra, è all'origine di molti obbrobri che si vedono in giro e credetemi, io non sono mica Carla Sozzani. Però un minimo di senso estetico ce l'ho, e quando vedo la tizia tutta elegante che poi porta le scarpe peep toe con la cucitura del collant che spunta, allora sono contenta di essere cosciente dei miei limiti, guardo le Camper che ho ai piedi, che metto ogni giorno da una vita con quello che le ho pagate, e sono contenta così. (Per il resto, ho solo similCamper. Ma delle scarpe parliamo un'altra volta.)

Sono stata una donna platinata per molta della mia vita. Da piccola, perché lo ero, e basta. Dopo i quindici anni, perché mi rompeva essere diventata biondo smorto, e mi piacevano i Blondie, e volevo essere come lei: 

http://www.nndb.com/
Intorno a Natale l'anno scorso, mi sono stufata. Ho cambiato colore, e mi è venuto un biondo smortissimo. Orrore. A Natale, a Milano, non se n'è accorto nessuno e mi vedevano solo pallida. Mi dicevano: Natalia, ti vedo ancora più pallida del solito, come mai?

Allora sono tornata qui e ho fatto un'altra cosa. Ho fatto un po' di ricerche, e sempre rigorosamente da sola, mi sono fatta i capelli, come dice la V che è francese e donna di stile, blond vénitien. Che è una roba così:

http://wellwornheads.blogspot.com/
Ecco. Il mio collega ammericano mi ha informato che invece, dalle loro parti, lo chiamano strawberry blonde, che è una descrizione carina. E poi mi ha detto: brava, mi piace. Come anche la mia collega romena. Insomma: quelli che mi conoscono solo da Vienna in poi apprezzano tutti. M all'inizio mi ha detto meeeh non so, poi si è abituato e ora gli piace.  E' interessante vedere come quello che a me sembra un cambiamento minimo - non è che mi sono fatta i capelli neri come quando avevo quindici anni, prima di tagliare tutto per poi passare al platino, eppure la gente reagisce in modo esagerato. Molto interessante. A Milano ho traumatizzato tanta gente abituata da dieci e passa anni alla testa platinata. Evidentemente era un punto fermo relativo al concetto natalico nella loro mente.

Ce l'ho da tre mesi circa questo colore, e ora l'ho interiorizzato così bene che ho messo i capelli nuovi pure all'avatar.

Mi sento bene. A me piacciono un sacco, sti capelli - ho sempre voluto i capelli rossi, io, quindi per ora son passata a questo. Le parrucchiere di tre paesi diversi, quando gli ho detto fammi i capelli rossi! hanno tutte detto niet. Quindi per ora soluzione di compromesso. (Poi dovrebbero anche spiegarmi perché dicono niet, ste parrucchiere, credo sia perché è difficile con una base così chiara non fare cose orride.)

Ecco. Fine del momento dònnola, e perdonatemi. Mi servono cose frivole questo weekend. Ora vado da V, che la sua ma è venuta dalla Francia e non vedo l'ora di incontrarla e sgallinare un po' parlando male di Sarkozy (speriamo che lo mandino a casa), ma soprattutto di Carlà, nella metro di Parigi con le sue parrucche - vedete che si torna sempre ai capelli?
E come non farlo?

Questa citazione da un'intervista appena letta concessa a un inviato del Corriere in Israele: 

Tutto il giorno, immagino d’essere altre persone. La curiosità oggi è una virtù morale. Una persona curiosa ama meglio d’una che non lo è. Fin da giovane, per esempio sui palestinesi, mi sono posto solo questa domanda: e se fossi io nella loro pelle?"

http://lettura.corriere.it/il-deserto-di-amos-oz/
Dunque, sono tornata da neanche due giorni.

In questi giorni ho insegnato un sacco, dormito poco, non ho sentito l'allarme stamattina, ho perso la tessera sanitaria, smadonnato perché mi serviva un medico e dovevadosenzatesserakadzo, sono andata dal medico perché so' mezza sorda, ho richiesto una nuova tessera sanitaria, ho cucinato svariate cose buone, e mi sono sentita assolutamente overwhelmed e sull'orlo di una crisi quando - dopo che ho aspettato un sacco per pagare due zucchine perché il vecchietto al super ha crashato la macchinetta del bancomat - il signore africano dotato di pupa adorabile in farmacia ha cominciato a insistere che il suo PIN, solo il suo in tutta l'Austria, era composto di sole due cifre. Eccerto

Poi sono venuta a casa, dovevo mettere a stendere il bucato perché M è malato ed ergo utile come un.. Un... occhei sono troppo stanca per un paragone divertente, e mi sono sentita esausta all'idea di dover fare pure un'insalata di quinoa e pomodori e altro. Tipo che l'insalata di quinoa e pomodori e altro è troppo per me.

M dal suo letto di moccio e dolore mi sfotte e mi dice ma che ti sta venendo il burnàut? Io che sono donna milanese e concreta ho sempre pensato che il burnàut fosse una fesseria. Ma considerato che mi sento sconfitta da un'insalata di quinoa, forse dovrei informarmi. 
Sono stanca dentro. Per quello ho sempre la flemma quando vado a Milano e uscire e prendere la metro mi sembra un'impresa titanica perché invece a Vienna vado a piedi ovunque perché abito incentro. 

Considerata l'assenza di virgole nella frase qui sopra, forse il burnàut un po' ce l'ho. Sembro la cugina di Woody Allen, quello degli anni 70, quello nevrotico. Tipo se vedete una macchia gialla e nera sorpassarvi, sono io che sto andando a lezione.

Ugh. Comunque, M ha detto che ho la faccia di una a cui servono una doccia calda e la pizza a domicilio. Considerato che in genere è un uomo pieno di buone idee, lo ascolterò. Insalatona, domani. 
Sì, perché quando sono triste a me basta andare a vedere come arrivano le persone al  mio blog. Quindi, ringrazio coloro che sono venuti a me con i seguenti, variegati termini di ricerca:

1) "inculate", sempre popolare
2) "mi sento uno schifo"
3) "cazzo congiuntivite"
4) "come flirtare in inglese"
5) "diversamente competenti"
6) "verbi modali in inglese".

Chi vince la palma di creatività, però, è colui che è arrivato scrivendo

"non riesco a controllare la mia furia omicida come faccio."

Chiunque tu sia, essere geniale - non ti arrabbiare, e pensa che hai fatto ridere una donna tristanzuola, questa sera. Grazie, grazie, grazie.

PS: visitatori americani: siete tanti, e questo fa bene al mio ego. Ma... Capite quello che scrivo? Tutti immigrati italiani?
era il titolo di questo libro di Simone De Beauvoir che lessi tanti, tanti anni fa, a scuola, quando ero troppo sbarbata per capire un sacco di cose, ma ero ambiziosa. Ci tentavo comunque, ed è così che mi lessi tutta la bibliografia della Simone, in francese, nonostante avessi avuto così pochi rapporti con il sesso opposto che beh, tante cose per me erano teoria. Come la fotosintesi clorofilliana. Figuriamoci la definizione della propria identità come moglie e madre in una famiglia borghese.

Comunque.
Il titolo mi è tornato in mente prima. Perché la copia che lessi a sedici anni è parcheggiata vicino alla mia testa, dove dormo durante il mio soggiorno milanese. E anche perché stasera - come ieri sera, quando è calata la sera e io sono stata a casa per tenere compagnia alla genitrice, nonché troppo pigra per uscire nel monsone - mi sento un po' spezzata pure io. 

Cioè: la mia mente e il mio cuore sono schizofrenici, da anni, ormai. Il cuore che dice uffacheppalle, domani mi separo dalla genitrice. E poi dice anche: però rivedo l'asburgico, che mi manca, tanto. Il cervello che dice: presto torni a farti il mazzo, uffa, e a vivere come un'adulta, uffa. E allo stesso tempo dice: però è il mazzo che ti sei scelta tu in un paese che non è delirante come il tuo, barbosello talvolta, forse, ma che funziona. Dove parli quattro lingue diverse ogni giorno, hai pochi amici ma buoni, e abiti in una parte della città che tu hai scelto, dove arrivi a piedi ovunque. Dove quasi oramai ti senti più a casa che qua, perché qua tu sei cresciuta e c'è tanta storia. Ma di scelte tue, pochine. Questa casa è legata alla mia infanzia e a tante scelte fatte, ma la più determinante di esse è stata quella di andare in Turchia. Se non fossi andata lì, non sarei a Vienna, e non sarei qui a riflettere su cosa e chi è casa per me. (O forse sì, sosteneva mio padre. Lui diceva che sarei finita a viaggiare, o con un compagno straniero, o entrambi, che lo volessi o no. Mi conosceva bene, lui, meglio di me.)

Ma è il cuore che pesa di più. Se sono con l'asburgico, non sono con la genitrice. Se sono con lei, non sono con lui. Cercare di metterli entrambi nello stesso posto non va, perché la genitrice non si schioda neanche per venire a trovarmi, e comunque mica si sposta lei che è arrivata prima sul pianeta. E io qui al momento proprio non mi ci vedo a tornare. Davvero. Troppe robe brutte, o difficili, o che comunque mi fanno passare la voglia. Troppe esperienze negative sentite che mi avvelenano le gite un pochino, ogni volta. Per quanto mi riguarda, ma quella sono io, anche troppa uniformità culturale. Non ci sono più abituata, e penso che mi annoierei un pochino.

Avrei dovuto uscire a farmi una birra coi miei amici. Il problema è che piove, mia madre abita in una zona periferica dove dopo l'una di notte (secondo me) o le nove di sera (secondo il resto del mondo) non è sano per una giovine girare da sola. E quindi, qua sono. Ho finito il libro di Fred Vargas e invece che leggere altro e tenere la mente occupata sto seduta lì a pensare come una diciassettenne. 

Lo dice sempre il mio amico N, quello di Londra, che è deleterio tornare. Vanno in sbattimento un po' tutti, per qualche motivo.