Vivere a due passi dall'ex-cortina di ferro

Hungarian Foreign Minister Gyula Horn (r) with Austrian counterpart Alois Mock cut through barbed wire of former Iron Curtain marking border between East, West in Sopron, Hungary, 27 Jun 1989
Impressioni magiare scribacchiate sul retro del biglietto dell'autobus. Elaboro qui, prima di dimenticarmene, cosa che succede piuttosto facilmente, come sapete. 
Sono nata nel 1982, e sono cresciuta in casa di un uomo che si occupava tanto di politica, che ne parlava anche davanti a me, e che viaggiava, anche, talvolta, per la politica. Quando avevo sette anni circa, mio padre è andato in Bulgaria, e quando era tornato, ero curiosissima. Tra i suoi amici aveva un musicista bulgaro scappato da lì, e io qualche volta giocavo con suo figlio, che aveva la mia età. Suo padre aveva sempre l'aria un po' triste, parlava piano, era un tipo molto diverso da mio padre.

Ho sempre provato curiosità per l'Europa orientale, e la prima volta che ci sono andata, coi miei genitori, avevo 17 anni, quindi era il 1999. Avevo 17 anni e la testa strapiena di cose lette sui libri di storia su questa Europa così vicina geograficamente, ma così lontana per tutto il resto. Avevo anche avuto un po' di compagni di scuola dell'Altro Blocco, albanesi, bulgari, romeni, polacchi, e spesso avevano storie di vita difficili, alle spalle. 

Insomma, a Vienna, la sera prima di andare in Ungheria, ero emozionata come una scema. Perché passavo questa linea ormai inesistente, che aveva fatto la Storia, e che aveva fatto sì che gente della mia età crescesse in modo totalmente diverso da me. 

Passata la frontiera, la campagna non era spettacolare. Sembra la pianura coi pioppeti intorno a Milano, è molto simile - la puszta, la grande pianura coi "butteri" ungheresi, sta ad est, ma io non lo sapevo, e mi aspettavo roba diversa.
La prima città ungherese che ho visitato è stata Győr, un posto piccolo, tranquillo. Ho dormito in un ex-monastero rinnovato per essere un albergo, e ho pensato un sacco, ho scritto un sacco nel mio diario (cartaceo) che tenevo. Il giorno dopo siamo arrivati a Budapest, la prima capitale a est della cortina di ferro che ho visitato. All'epoca l'avevo trovata triste, grigiotta, non mi era piaciuta, e sono stata contenta di tornare a Vienna, qualche giorno dopo. 
Due anni dopo ho visitato Praga, che all'epoca era più tranquilla di ora, e mi era piaciuta molto, molto più di Budapest - ora è il contrario, Praga è sputtanata, affollata di turisti anche a novembre e eccessivamente fighetta, per i miei gusti. 

Insomma, la scorsa settimana, mentre stavo lì seduta in un caffè ultramoderno, di fianco al museo nazionale, ad aspettare P, guardavo le persone e pensavo a quanto è cambiata Budapest, e con lei l'Europa orientale tutta, negli ultimi dieci anni (figuriamoci in venti, ma lo so solo a livello teorico.) 

Per gli sbarbati come quelli a cui insegno è un posto anche piuttosto cool e alternativo, con i famosi kert e lo Sziget Festival, per i miei genitori invece era un posto da cui arrivavano i rifugiati politici. Per me è un posto dove andare a fare il weekend, a trovare l'amico francese che lavora (legalmente) in Ungheria senza problemi, e ci vado senza che neanche mi controllino il passaporto. Queste piccole cose sono quelle che a) ti fanno sentire che la storia non è una baggianata, ma qualcosa che ti succede intorno e b) che non sei più una mocciosa, anche se ti ritieni tale. C'hai dei ricordi che agli studenti tuoi sembrano roba d'antiquariato.

Le tracce della cortina di ferro sono invisibili, ma ci sono ancora. L'Austria era terra di confine tra due mondi, e si vede. Ancora adesso, per andare a Praga, fino al confine non c'è un'autostrada, e ci metti un bel po'. Le stazioni di frontiera sono minuscole, perché non c'era scambio - era un binario morto, e questo si può notare tuttora. La regione al confine ungherese, il Burgenland, e quella al confine slovacco, il Marchfeld, sono zone depresse economicamente, che per anni hanno risentito del loro essere liminali. E' interessante il fatto che non se ne siano ancora riprese nonostante faccian parte di un paese prosperoso - e quindi non mi sorprende affatto che l'Ungheria e molti stati dell'ex blocco sovietico siano messi così così. 

Certe volte, quando viaggio da sola, penso un sacco. Meno male che di solito c'è l'Asburgico a distrarmi. Comunque, se vi interessa sapere com'era l'Ungheria pre-1991, leggete questo romanzo di Tibor Fischer. L'originale è in inglese, è divertentissimo, nel suo malinconico stile magiaro. Buona lettura!

1 comment:

  1. per me e' davvero impressionante vedere i cambiamenti in polonia dal 2005 quando ci sono andata la prima volta ad ora, in 7 anni i risultati di una volonta' di ferro e di tantissima voglia di lavorare hanno trasformato migliaia di servizi ed infrastrutture ed immagino che per chi sia andato a varsavia nell'89, tornarci ora 23 anni dopo sembri un altro pianeta, io torno dalla polonia sempre carica di positivita' e ottimismo perche' anche se ci sono ancora tante cose da sistemare, l-atmosfera e' positiva, nessuno dubita che il presente e' meglio del passato e il futuro sara' ancora migliore, mentre quando torno in italia mi rattristo quasi da soffocare...

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