Beh, insomma, l'avrete capito ormai, no? Classe 1982. Espatriata inconsapevole. O consapevole quanto un tappo di sughero nella corrente.
Per i primi venticinque anni della mia vita sono stata a Milano, immobile come una patella attaccata allo scoglio, ma viaggiante non appena ne avessi i soldi o l'occasione.
Sono partita da Milano che eravamo in guerra, io e lei, nel 2008. Io mi ero appena laureata, avevo perso mio padre e il mio amore in circostanze poco belle, e non avevo neanche ancora ventisei anni (che in Italia praticamente equivale ad essere un baccello.)
Quest'anno, 2015, sono tornata in estate per la prima volta dal 2012. E per la prima volta ho percepito Milano non come un cumulo di fantasmi e di storia, ma come un posto normale. Un posto dove potrei anche tornare a vivere, volendo, adeguandosi a una vita più spartana condotta in nome dell'amore per le proprie radici.
Eccezione alla patellitudine milanese erano i viaggi con i miei genitori, fattisi sempre più avventurosi con l'età -- della serie, dormiamo in macchina nelle highland scozzesi che qua i bed and breakfast sono pieni -- e i periodi nella piovosa Albione, a imparare la lingua e a fare test di indipendenza ed espatrio. Cosa di cui all'epoca ero assolutamente all'oscuro, ma si sa, il senno di poi...
Tuttora, quando leggo un libro particolarmente britannico, e uso coscientemente questo aggettivo perché ho girato in lungo e in largo tutto, in ogni direzione cardinale, in auto, nella tempesta. Io le isole le amo, vorrei poterci tornare... Ma prima dovrei imparare a guidare.
Nel 2005 ho visitato Istanbul e mi sono innamorata, e mi sono detta: un giorno tornerò per più tempo.
Lì ho incontrato M. Uomo viennese con tendenze anarco-punk, che accoppiate alle mie di insegnante yogini che beve tè tutto il giorno, è una miscela interessante.
I libri, il viaggio e l'ammore immotivato per l'Asia (ma ultimamente anche per le culture latinoamericane) ci accomunano. L'ho inseguito in Nepal, come una psicolabile. Ci siamo molto divertiti e mi sono innamorata dell'architettura newari. A Kathmandu sono andata a superare un altro lutto. Che dirvi. Io, quando perdo un pezzo, parto. Grazie Kathmandu.
Poi sono tornata in Italia, e ho fatto la fame.
E poi, Vienna. Vienna, dove avevo freddo anche a luglio, a volte, ma che mi ha professionalmente dato moltissimo. Umanamente, mi ha dato meno, forse, ma le persone che rimangono di lì sono perle preziose, e sono solide. Delle rocce. So che potrei tornare a vivere a Vienna domani, e loro mi aiuterebbero. Con Vienna non ho un rapporto viscerale come con Istanbul... Ma è il mio personale porto sicuro mentale, dove parlo la lingua e ho persone che mi stimano e mi darebbero un lavoro, nonché amici che mi ospiterebbero mentre mi rimetto in piedi.
Da lì, una gita di 15 mesi, tra Sudamerica
e Sud-est asiatico.
Ora vivo (viviamo) a Bangkok, detta anche Bang The Cock, purtroppo, dove a seconda del giorno sono contenta, a parte i momenti di perplessità che mi prendono ovunque viva, praticamente a partire da che avevo dodici anni -- ho perso le speranze. Quindi, non è l'espatrio -- è proprio la mia mente cretina che è così, ovunque abiti.
A Bangkok esploro la città, cerco amicizie oltre al chiacchiericcio,aspetto la prima occasione per andare in uno dei paesi vicini, cerco di capire cosa esplorare ora che ho quasi finito il SE asiatico, senza ascoltare la mia mente che dice Giappone! Giappone!! e conduco una lotta senza quartiere contro l'aumento del mio girovita: cosa difficilissima, in un paese dove fai pasti luculliani per il costo di un euro e mezzo, circa.
Sono partita da Milano che eravamo in guerra, io e lei, nel 2008. Io mi ero appena laureata, avevo perso mio padre e il mio amore in circostanze poco belle, e non avevo neanche ancora ventisei anni (che in Italia praticamente equivale ad essere un baccello.)
Quest'anno, 2015, sono tornata in estate per la prima volta dal 2012. E per la prima volta ho percepito Milano non come un cumulo di fantasmi e di storia, ma come un posto normale. Un posto dove potrei anche tornare a vivere, volendo, adeguandosi a una vita più spartana condotta in nome dell'amore per le proprie radici.
foto: mia |
Tuttora, quando leggo un libro particolarmente britannico, e uso coscientemente questo aggettivo perché ho girato in lungo e in largo tutto, in ogni direzione cardinale, in auto, nella tempesta. Io le isole le amo, vorrei poterci tornare... Ma prima dovrei imparare a guidare.
Wikimedia Commons |
Così ho fatto, tre anni dopo, e questa cosa ha spettinato la mia vita per sempre.
Istanbul è una delle città più belle del mondo, perché ha il mare ovunque. A casa mia, si sentivano i gabbiani, si vedeva la Moschea Blu dall'estremità alta della via. Lavoravo poco, avevo pochi soldi, e la mia anima era in corso di riparazione dopo la morte del mio amato babbo.
Istanbul è la mia seconda mamma, e per questo la amerò sempre. E' anche una città difficile, che è il motivo per cui sono rimasta. Ora, otto anni dopo, è molto cambiata. Ma mi manca lo stesso, come una persona a cui vuoi bene.
Wikimedia Commons |
I libri, il viaggio e l'ammore immotivato per l'Asia (ma ultimamente anche per le culture latinoamericane) ci accomunano. L'ho inseguito in Nepal, come una psicolabile. Ci siamo molto divertiti e mi sono innamorata dell'architettura newari. A Kathmandu sono andata a superare un altro lutto. Che dirvi. Io, quando perdo un pezzo, parto. Grazie Kathmandu.
Foto: Brandon, Humans of New York |
E poi, Vienna. Vienna, dove avevo freddo anche a luglio, a volte, ma che mi ha professionalmente dato moltissimo. Umanamente, mi ha dato meno, forse, ma le persone che rimangono di lì sono perle preziose, e sono solide. Delle rocce. So che potrei tornare a vivere a Vienna domani, e loro mi aiuterebbero. Con Vienna non ho un rapporto viscerale come con Istanbul... Ma è il mio personale porto sicuro mentale, dove parlo la lingua e ho persone che mi stimano e mi darebbero un lavoro, nonché amici che mi ospiterebbero mentre mi rimetto in piedi.
Wikimedia Commons. Perché mica vivevo all'Opera, eh. |
Da lì, una gita di 15 mesi, tra Sudamerica
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e Sud-est asiatico.
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A Bangkok esploro la città, cerco amicizie oltre al chiacchiericcio,
A Vienna, nel 2011, quando mi sono ammalata per la quindicesima volta in sei mesi (lavoravo troppo) ho deciso di aprire un blog perché non avevo altro da fare. Ah, anche per disperazione, perché l'estate a Vienna era entrata in sciopero, cosa che accadeva spesso, e mi serviva una attività interessante da fare al chiuso.
I miei studenti mi prendono spesso per la loro analista, tranne che a Bangkok, dove questo non accade, perché i miei studenti qui hanno quattro anni al massimo e devo insegnargli, tra le altre cose, che picchiare chi fa qualcosa che non ci va non va bene.
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