Copio qui uno status del mio facciabuco perché a pelle sento che stasera e ieri sono stati momenti importanti. E poi ci ricamo un po' sopra. 

Dopo la settimana scorsa dove ho bevuto vino OGNI sera perché mi sentivo malissimo (proposito suicida per il portafoglio a Bangkok, con tassa sul vino al 400 per cento) stasera sto passando la seconda serata a casa.


Pioggia torrenziale fuori, skype con amici sparsi e Mater, videi interessanti, libro di Fred Vargas, tè e mate e sensazione quasi autunnale col monsone e il frescolino che arriva dal ventilatore.
Ma soprattutto: non sono agitata. Sono tranquilla. Sono come un pisello in un baccello, sul mio divano, con i fiori fuori e la musica fioca della nippo-vicina del piano di sotto.
Sono triste, ma non ho voglia di piangere, sono triste se penso a lui da solo e quello che avevamo e che non abbiamo più.

Però non ho paura di stare da sola. Non ho paura, e non ho ansia. Non devo neanche fare yoga... Sto bene, con un fondo molto mono no aware, ma di fondo, occhei.
E insomma, io sono un po' orgogliona di questa cosa, perché ho sempre avuto una paura tremenda di questo momento, e pensavo di aver perso la capacità di stare bene con me stessa che ho avuto solida fino all’adolescenza.

Ve lo posso dire, a voi, con aria un po' tronfia? Mi voglio stringere la mano, perché sono passate due settimane. Una da quando è partito per Vienna. Ma ero così stanca che come sto ora è come essere alle terme, in pratica.

E poi, c'è anche un'altra cosa, che ho pensato parlando con un'amica prima. C'è una differenza, tra prima e ora. Ora, da che ci siamo lasciati, da che sono sola... Sono a Bangkok per scelta. Nessuno mi forza la mano. Nessuno mi fa sentire la pressione di dover trovare un modo di restare se smette di andarmi o di piacermi, o se non trovo un lavoro che mi piace di più l'anno prossimo. 
Sono qui per scelta solo mia, e questo ha già cambiato tutto. Ho il passo più leggero e al lavoro sono meno tesa, perché improvvisamente, in fondo, chi se ne importa, se il mio visto dipende da quello. Se lo perdo, troverò un'altra soluzione, magari una che al momento neanche mi viene in mente. E' una scelta mia e solo mia, ora, stare qui per un po'. Ed è una bella sensazione. 

E c'è anche un'altra sensazione piacevole, che mi scalda un pochino il cuore. 
Posso tornare a casa. Potrei farlo, se mi va. Potrei farlo tra un mese.


Lo potrei fare, anche se mi fa paura. Lo potrei fare anche se sarebbe illogico. Lo potrei fare anche se non avrebbe senso economicamente. Lo potrei fare, perché sono libera. Lo potrei fare, perché sono come sono, e il mio cuore sta invecchiando e dà valore a cose differenti rispetto a qualche anno fa. Al di là delle considerazioni logistiche normali... Lo potrei fare, se mi andasse, credo che ce la farei, a livello di cuore. 
Lo potrei fare, perché sono curiosa di vedere come e se andremmo d'accordo Milano ed io, che siamo tutte e due cambiate, e ora io non ho più paura dei fantasmi. 

Non ho più paura del fantasma di mio padre, non ho paura, se lo vedo che mi sorride in Galleria a Milano. Se mi ricordo di quando ero bambina, e lui mi portava con sé quando si faceva l'aperitivo, leggendo il Corriere e bevendosi un Campari, e a me comprava il Corriere dei Piccoli perché mi sentissi grande, e potessi esercitarmi leggendo la Pimpa, e mi faceva portare una minerale con dentro un ombrellino rosa da cocktail, e specificava al cameriere che doveva essere rosa, e il cameriere gli dava pure retta. 

Non ho paura, del fantasma di mio padre, non più. Sorrido, coi lucciconi ma sorrido, e per la prima volta da otto anni sento che Milano non è il posto dove è morto mio padre. E' casa mia, e poi è anche il posto dove quello è successo e dove sono successe altre cose brutte, ma anche cose belle. Ce l'ho fatta. Ed è questo, che M. ha sentito, in estate, parte di quello che lo ha fatto sbarellare. 
L'ha capito prima di me, e ha capito che non è giusto tenermi così tanto lontana per molto tempo, forzandomi la mano. Io lo sto capendo solo adesso che sono sola, e tranquilla, con il tempo per pensare.

Non so se lo farò, magari tornerò solo vicino a casa, invece. Ma... Perché no? Perché non prendere qualche mese da passare con mia madre, a godermi le cose che contano, invece che la fuffa di Bangkok, tra qualche tempo? Almeno adesso posso pensarci senza paura e tensione. E questa è una vittoria enorme. 
Ordunque. 

Il fattaccio è successo da tipo dieci giorni. Il soggetto, però, ha sgombrato il campo solo da tre, perché non lo si poteva mica mandare sotto un ponte, dopo che ha così gentilmente acconsentito a lasciarmi l'amato appartamento di Melrose Place. E' a Vienna, e io non mi sto assolutamente chiedendo se stia bene. Per niente.

Il mio umore fluttua, a seconda dei giorni, a seconda dei momenti del giorno. La mattina, come ogni volta che ho avuto problemi o agitazioni grosse, è il momento peggiore. Poi va a migliorare, e la sera ho addosso una pace inspiegabile. Forse la pace che ti viene dal riposarti dopo una grande stanchezza, e una relazione importante, bellissima, che ti ha cambiato la vita, ma che a volte ti risucchiava le energie come un Dissennatore di Harry Potter. 

Insomma. Io volevo reagire con l'ascetismo, ma siccome a Bangkok, ripeto, sono molto meno sola di quanto credessi, invece sto reagendo aderendo al culto di Bacco. Colombiani, argentini, spagnoli, francesi e italiani, tutti i miei amici di provenienza più latina e terrona, mi hanno detto: non fare solo yoga. Esci pure con noi a bere anche se costa troppo e a mangiarti intere mattonelle di brie, camembert e roquefort puzzolente, e fare la siéma con persone intelligenti. 

Sta funzionando abbastanza bene, anche se uscire ogni sera per del vino o quantomeno per una serata in compagnia sta iniziando a provare il mio corpo, che di solito ha come peccato principale il cioccolato o la Nutella, ma di certo non l'alcool. Io sono quella che è capace di ordinarsi il latte freddo col cacao fondente mentre tutti si ordinano il cocktail del tramonto, voglio dire. Ma in questo momento, accendere un cero a Bacco sta funzionando piuttosto bene.

Domani sera potrebbe essere la prima sera che finisco con lo stare a casa. Un po' ho paura di essere a casa da sola un sabato sera e di sentirmi sola, piccola e nera, e abbandonata come una Calimera poco più di un mese prima del mio compleanno. Per fortuna la parte di me che sdrammatizza continua ad essere forte e tosta, e non mi dò troppo al dramma, se riesco. Uno dei miei amici del cuore, N., che abita di malavoglia a Londra, mi ha detto che sta arrivando alla conclusione che noi milanesi in realtà abbiamo pure noi un po' di antipaticissimo stiff upper lip. Keep calm and carry on, praticamente.
Un po' è vero. Una parte di me vorrebbe fare una scenata tipo Anna Magnani. Ma proprio non mi viene.

In tutto ciò, durante il giorno ho due appuntamenti domani, buffi per quanto sono diversi. La mattina, mi darò alle botte da orbi. Un amico della mia francoamica C. è istruttore di Krav Maga, e domani andrò a un suo workshop, molto probabilmente. Io. A imparare a dare botte da orbi a chi mi rompe le palle. Io, che mi compro le tazze e gli asciugamani di Doraemon e faccio la raccolta punti di Rilakkuma da 7-11. Vado a Krav Maga. Chiaramente finirò col prenderle, ma va bene lo stesso. 


E poi, se sarò ancora viva e gli orari si combinano, andrò alla mia ex scuola di yoga che domani organizza un workshop pomeridiano sulla teoria dei chakra. Così rientro nel mio mondo, e magari imparo anche qualcosa che mi torna utile. 


Insomma, mi godo quello che per me è il lato positivo della globalizzazione: vivere in una città dove trovi dalla krav maga al qi gong, spesso gratis, a volte troppo cari, ma sempre molto facilmente. Sono cose che mi devo ricordare, perché sto cercando di fare pace con la città, e questo implica il viversela in modi solo miei, che fanno bene a me, senza che nessuno mi dica che sono una fricchettona perché voglio imparare dei chakra. 

Figuratevi che una piccola parte di me, che sono praticamente la cugina di Margherita Hack e rifuggo sempre tutto ciò che mi sa di religione organizzata, quella parte che ha letto Felice Per Quello Che Sei di Rossana Campo, vuole pure farsi una gita da quelli della Soka Gakkai a Bangkok. Conosco un paio di persone che vi sono legate e sono tutte persone con una bella testa e un buon cuore, importanti per me. Hai visto mai che questi qui aiutano pure una slandrona di sughero come me. Ma mi sa che per quello aspetto un attimo, che potrebbe essere un input un po' forte. 

Detto ciò, è quasi mezzanotte di venerdì, e io sono sveglia dalle 5:30, sono arrivata a casa da poco perché sono pure uscita per caffè e cena diretta dal lavoro. E' ora di spegnere tutto, computer e cervello, almeno. 
Ad ogni modo, sono viva. Soffro come una cagna a tratti, e a tratti so che ce la posso farcela. 
Ciao. Sono Nat, e sono single. Da tipo tre giorni e qualcosa.
Sono sotto shock. 
Mi ritrovo dopo sette anni e passa con M, a Bangkok. Da sola. Con un lavoro che non volevo. In una città a 13h d'aereo da casa, per venire nella quale ho dovuto battagliare non poco con me stessa, perché lo sanno tutti che una cosa è farsi una gita da qualche parte, ma vivere altrove è proprio un'altra camminata. 

Tutto bene, eh. 

Mi tengo la fantastica casa di Melrose, per la quale dovrò trovare un coinquilino, perché io da sola sono troppo impoverita per tenerla, come al solito. Un coinquilino, cazzo. Dopo anni a vivere col mio uomo. Che non è più il mio uomo. Facciamo la coinquilina. Che se no finiamo come in Turchia, che ero così fantastica che il mio coinquilino F alla fine faceva il maschio turco che mi diceva dove vai, cosa fai? Ecco. Magari meglio la coinquilina.

Non sarebbe giusto o appropriato scrivere dettagli qui, e lui mi ammazzerebbe, quindi non lo farò. Le cose andavano in maniera piuttosto rock da qualche tempo, con alti e bassi. Gli alti molto alti, i bassi molto bassi... Abbiamo deciso di fare questa cosa prima di avere problemi e litigi e discussioni per abbastanza tempo da arrivare ad odiarci totalmente. Però è come bere una medicina amara. Perché io sono ancora innamorata di lui, e credo che lui lo sia di me. Ma non va lo stesso. E quindi siamo qua. Lui che cerca casa altrove e io nella casa dove avevo intenzione di vivere con lui per qualche anno. Sola come una poraccia. 

A prova del fatto che il posto dove vivo è terapeutico, la mia vicina argentina, che ha saputo della cosa perché ho dovuto dirla a tutti loro, dato che mi serve un coinquilino e lo vorrei trovare tramite conoscenze, tra poco mi trascinerà fuori a pranzo. Perché è successo pure a lei e sa quanto ci si senta persi, porca troia. Vorrei poter semplicemente andare a Milano e farmi coccolare dalla mamma, ecco. Ma la mamma non sa niente, perché è così empatica che so che starà molto male per me. E quindi non le ho detto nulla. E siccome non sono più a Vienna, a fare l'espatrio europeo all'acqua di rose, non posso neanche andare per un weekend. No. Devo aspettare fino a fine dicembre.

E' difficile per me, immaginare la mia vita da sola. Non mi va, a dire il vero. Per niente. Io ero così cretina da pensare che potessimo stare insieme per tanto tempo e diventare due vecchi sdentati, vita permettendo. E invece no. Quindi. Ora. Devo, prima di tutto, risolvere la questione coinquilino e darmi la calma economica. E poi dopo quello potrò iniziare a vedere che cosa voglio. Perché dopo tutti questi anni con qualcun altro, mica lo so, cosa voglio io, Natalia, per me. Perché ho sempre pensato a noi, prima che a me, ed eccomi qua. Bellammerda, se posso permettermi anche un cazzo di commento immaturo, ogni tanto.  

Sono sconvolta.