Insomma, mercoledì, dopo due giorni con una bomba al giorno, non è successo niente. Meno male. Io, dopo il lavoro, ho deciso di andare all'istituto francese, a guardarmi un vecchio film di Krzysztof Kieslowski, il Film Rosso della trilogia dei Tre Colori, tipo del 1994. Ho molti amici più grandi di me, cinefili integralisti, che amano molto la trilogia e che dicono che vale la pena vederla, e quindi mi sono detta, vado, e faccio finta di essere in Europa per una sera.
All'istituto francese quella è una roba che riesce molto bene. Ingannarti al punto tale da farti pensare di essere, per un attimo, sbarcata in territorio francese. Un altro posto che, paradossalmente, vista la globalità del brand, fa molto bene la stessa cosa, è Ikea. Uscire da lì e trovarsi a Bangkok è un'esperienza di sradicamento che disorienta molto.
Ho preso la metro all'ora di punta, ho controllato in maniera vagamente ossessiva che nessuno scendesse lasciando in dote uno zainetto con potenziale bomba, e poi ho inforcato uno dei miei amati mototaxi per andare all'istituto.
Bel posto, l'Alliance Française. Ogni volta che ci vado, mi trovo a pensare di essere entrata nel mondo di un paese che a) sa che cos'è la promozione culturale, b) ne capisce l'importanza e non esita a investire un pacco di soldi su questo tema, e c) ha capito che, anche se in quel paese sono molto bravi a confezionare abiti e a fare il formaggio, fare promozione culturale non vuol dire organizzare sagre popolari o succursali del Salone del Mobile. Non solo, almeno.
Perché talvolta, quando leggi la newsletter della Dante, qui, sembra che l'Italia sia un paese che fa da mangiare e produce oggetti di design, e poco altro. La Dante qui proietta un film al mese, il che è lodevole, ma il resto del tempo, patrocina eventi i cui temi ruotano intorno al cibo, la moda e il design, talvolta la musica quando un musicista viene a farsi una gita da queste parti. Non abbiamo un Istituto Italiano di Cultura, qui, e quindi di promozione culturale italiana c'è pochino. Ma non è di questo che volevo scrivere.
Quel che volevo scrivere è (oltre che dell'invidia del pene culturale che mi prende ogni volta che vado all'Alliance Française) che l'istituto francese è un bel posto. Ma veramente. E' uno di quei punti focali che mi calmano, a Bangkok -- ed è enorme. Hanno un caffè ristorante, una biblioteca, varie sale per corsi di lingua e non solo, una libreria ed uno spazio espositivo. E' un luogo meraviglioso assai.
Hanno una libreria piena di libri meravigliosi che vorrei avere il tempo, il cervello e le energie di leggere.
Hanno una libreria piena di libri meravigliosi che vorrei avere il tempo, il cervello e le energie di leggere.
Hanno anche un caffè dove trovi il caffè macchiato, che all'estero trovi solo in posti gestiti dai francesi e dagli italiani. Tutti gli altri, se sentono la parola "macchiato" ti fanno un beverone da mezzo litro. La conversazione per ottenere il caffè che vedete, con il francese al bancone:
Io: un macchiato, per favore (in francese.)
Barista: un latte? (rispondendo in inglese)
Io: no. Un caffè macchiato. Piccolo. (in francese, con aria indispettita.)
Lui mi risponde in francese e mi dice: ma lo sai che così ti do un espresso in tazza piccola con poco latte, sì?
Io lo guardo con aria come a dire appunto, cretino, e se non ti muovi mi addormento, che sono sveglia da quattordici ore circa.
Lui: ma di dove sei?
Io: Italia.
Lui: aaah ma allora sai già tutto.
Io: eh.
Lui: siamo praticamente cousins!
Io: eh. Caffè?
Comunque: il caffè era buono, e soprattutto costava solo l'equivalente di un euro circa. L'ho bevuto al banco per aumentare l'europeitudine della cosa.
Sfocata immagine del caffè di quei maledetti francesi |
Io direi anche, grande Winston. Ma tanto di cappello, proprio. |
Quando vedere un'immagine piena di scrittori che vanno dalla Woolf a Poe e Rimbaud ti fa sentire una specie di calore e protezione molto particolare (sarà la bomba.) |
Il film mi è piaciuto, moltissimo. Mi è piaciuto per il suo contenuto, per come mette in discussione idee che a noi sembrano ovvie come quelle di giustizia, o verità. Mi è piaciuto immensamente per la fotografia, che è fatta di luci contrastate, e ovviamente ho amato molto i dettagli rossi sparsi per tutto il film. Davvero un bel film.
E poi, come capita spesso quando guardo film ambientati in Europa, che bello vedere quei muri che sono in piedi da centinaia di anni, quelle case vecchiotte, coperte di rampicanti, in pietra solida, pietra che non può marcire con l'umido o con il monsone, con una storia lunga e destinata a durare, a meno che non capitino un terremoto o un bombardamento. Questo, poi, essendo vecchiotto, non conteneva alcun riferimento ai cellulari, a internet, al mondo digitale. Nulla. Mi ha ricordato di come sono cresciuta, e per questo mi ha fatto lo stesso effetto di una coperta calda, come il resto della serata, d'altra parte.
Sono le piccole cose con una storia che ti tengono ancorato alla terra, almeno se sei me. Piccola divagazione per farvi capire cosa intendo: il mio amico romanissimo M.C., in gita per l'Appennino, oggi ha pubblicato questa foto. Mi ha dato la stessa sensazione di ancoraggio che mi hanno dato i vecchi muri spessi e le staccionate verdi di muschio delle case che ho visto nel film.
Quel film l'hanno mostrato la prima sera dopo la bomba, e io ho esitato ad andare, devo ammettere. Ho pensato che potevo anche vederlo su youtube, semplicemente, il film (qui, se vi interessa) ed ordinare del cibo libanese a domicilio. Poi ho pensato che sarebbe stata una reazione idiota, e soprattutto, che sarebbe stata una reazione che l'avrebbe data vinta a quelli che hanno piantato le bombe.
Quindi mi sono messa un rossetto rosso, e una gonna rossa, e sono andata lo stesso. A casa, ci stiano loro. #notafraid
Il mio contributo rosso alla serata-concept di Film Rouge (la mia amica ha apprezzato molto il concetto) |
non posso che dirti Brava! e coraggio!
ReplyDeletePS: il rossetto rosso ti sta molto bene, invidia....
Mi sembra la reazione migliore, brava!
ReplyDeleteMa alla fine, il caffè, era almeno buono?