Insomma, questa specie di blog ormai c'e' da qualche tempo, e alcuni post sono stati letti un numero sorprendente di volte. Allora, siccome non immaginavo che qualcuno mi cagasse prima o poi, me ne rallegro, e condivido con voi i successoni natalici del 2012, cosi', per fare si' che questo blogghe sembri una cosa seria.

  1. Il post sulla mia amata ex-vicina di casa, Budapest: "Io lovvo Budapest" Dichiarazione d'amore per sta citta' di sconvolti, i suoi abitanti, il cugino francese P. e i kert. E per tutti gli uomini ubriachi di nome Ferenc.
  2. Il post sui supermercati a Vienna: insidie e pericoli del fare la spesa oltralpe. "Al supermercato a Vienna? Fate attenzione, molta attenzione."
  3. "Milan Dreaming e Dubbio Made in Italy", link a due video legati al tema ricorrente di questo blog, che ora e' un blog di gita, ma in generale parla di lavoro, vita da italiano all'estero, e del sentirsi nomadi dei miei stivali.
  4. Un'altra dichiarazione d'amore per una citta', anzi un paese, cioe' l'Uruguay: "Uruguay, ma quanto ti lovvo?" e "Bella di Notte, Colonia del Sacramento" Se il turismo italiano in Uruguay aumenta, che mi paghi, l'ente del turismo di là! Grazie.
  5. Incredibilmente, il post "Il Mondo visto da sotto una Cofana Scura", evidentemente i temi frivoli funzionano sempre bene. Pane e circo, perché non posso sempre essere una Donna Di Un Certo Livello.
  6. Un altro post entusiastico, questa volta su quelle brocchette indiane dalla forma inquietante, che servono a pulirsi il naso quando si è allergici e moribondi in primavera, ad esempio: "Pane, amore e neti lota". Evidentemente, l'Italia pullula di allergici.
Dopo l'ennesima dimostrazione che questo è davvero il Domenica In dei blog, passo e chiudo, che fra poco il 2012 finisce, e voi avrete di certo di meglio da fare che stare a leggere le mie boiate, no? Andate a preparare gli stuzzichini per la cena di capodanno!
Sull'autobus per Cordoba, qualche tempo fa. 
Sono tutti argentini, o almeno ispanofoni, tranne un gruppo di americani coi capelli rossi in fondo all'autobus. Sale un ragazzetto spettinato, dall'aria rock e un po' zozza, con una chitarra e un bel sorriso, e ci si siede davanti. Sente che parliamo inglese (con l'Asburgico, intendo), e allora ne approfitta per fare pratica.

Gli chiedo,

di dove sei?

Di vicino a San Paolo, dice lui, sono brasiliano, ma vado a studiare a Cordoba, ora. Sono in viaggio da tre giorni (ecco quindi spiegata la parte zozza del look rockettaro.)

Nat: ah, che bello, il Brasile! E dimmi, dimmi, di dove sei, che magari conosco il tuo paese?

Il rocker brasiliano: sono di un paesino vicino a San Paolo, di certo non lo conosci.

Quanto vicino? tanto per fare conversazione, no?

Ottocento chilometri, mi dice con il suo sorrisone tranquillo.

Ecco. Così imparo, a fare la lagna quando sono a Vienna perché mi manca la mamma. Vivo a un tiro di schioppo, per gli standard sudamericani... 
E qui è quando ti rendi conto di quanto sia piccina l'Europa. 
Esterno, giorno, Cordoba, qualche giorno fa.

Natalia passeggia con l'Asburgico, e con un americano rimediato in ostello, chiacchierando del piu' e del meno come sempre.

A un certo punto, la vostra prode (o anche no) sente una voce, nella folla di spagnolo, parlare italiano.

Brevemente, Natalia si illumina.
Qualche secondo dopo, Nat focalizza sul contenuto della conversazione padre-figlia, che e' piu' o meno questo:

Figlia: blah blah blah, cose che Natalia non sente bene, blah
Padre: aho!!! ma perche' non vedi di andertene un po' affanculo?

Addirittura l'Asburgico, che da questo punto di vista e' uno che e' difficile da turbare, si e' girato con tanto d'occhi.
Ecco, mesi e mesi che non parlo italiano con qualcuno di persona, e la prima cosa che sento e' questa.

Allora mi associo anche io al vaffanculo di quel gran signore! Dai. Che tasciume. Poi magari si lamenta pure se la figlia lo manda nello stesso posto.
Che orrore!

http://parabuenosaires.com
Interno, giorno.
Metropolitana di Buenos Aires, piena come quella di Milano appena prima delle partite di Champions. Cioe' strapiena, tipo che devi spìngere per entrare, e se anche non trovi una maniglia per tenerti, nessun problema: stai in piedi comunque, perche' sei pressata contro gli altri.

Premetto che, in generale, i porteños, cioe' gli abitanti di Buenos Aires, a me non sono affatto sembrati stronzi come la gente li dipinge. Tu viaggi in Argentina, e la gente ti dice tutto, prima che ci vai:

sono cattivi
sono tutti ladri
non ti aiutano se cadi
ti scippano
ti derubano
non parlano con nessuno
sono freddi
corrono sempre.

In pratica, e' sempre la solita solfa del campagnolo, per quanto mi riguarda. Come dico sempre, se si stesse a sentire il resto d'Italia, come milanese, io dovrei essere praticamente tutte le cose sopra citate. Tipo che se la vecchietta davanti a me cade per strada, io, in quanto milanese, la scavalcherei sputandole in testa.
Certo. Sicuro.

Quindi, avevo gia' i miei dubbi, sulla storia dei porteños che sono cagoni. Infatti, vivono la metro sempre piena, e piena piena, intendo, con una certa grazia. Sorridono, si scusano se ti urtano, invece che spingerti da un lato quando devono scendere (come fanno a Vienna, anche se mi spiace dirlo, forse perche' laggiu' in molti piuttosto che parlare con gli sconosciuti si farebbero bollire nell'olio?) ti chiedono prima se scendi alla prossima., e se dici di no, li fai passare. Civilmente.Quindi, mica male, dai, no?

In questo marasma, ci sono anche molti venditori ambulanti, che appunto, vendono cose.
Una mattina, mentre vado al corso, sale uno di questi. Di fianco a me, in piedi, una donna cinese. Il venditore passa, urtando un po' di persone con tutte le sue cose, e urta sia me che la signora cinese. Io non dico niente, la signora cinese mugugna, invece, adorabile

ma tornatene nella tua provincia!!!

il venditore, argentino, si gira e gelido le dice
ma tornatene tu, nel tuo paese!!!

Natalia in piedi, fra i due, allibita. Sempre carina, la gente, eh? Adoro prendere i mezzi. Ti da' queste finestre su quanto le persone possono essere testedicazzo.

Bene. Sono a Cordoba, stasera bus di non so quante ore, di notte, per Mendoza. Sono indietro, non ho ancora scritto di Montevideo, ma lo faro', portandomi dietro la mitica flemma montevideana, che fa bene alla salute. 
Passato tutto, figliuoli, eh, tutto bene e grazie del sostegno morale.
Parentesi: il mio stesso blog non mi lascia commentare. E' gia' accaduto, ma e' per questo che diobono non riesco a rispondere ai commenti su Colonia e sulle mie lamentele da vecchia.

Ad ogni modo, come ho detto, passato tutto. Domani da bravi zingarelli ci trasferiamo in un altro appartamento in un'altra zona della citta', e continuiamo il nostro corso di castellano rioplatense, cioe' di spagnolo di queste parti.

Ieri, con il nostro amico di queste parti, siamo andati al barrio chino, al quartiere cinese di Buenos Aires. Siamo andati, tra gli altri, in un luogo meraviglioso, almeno per me, chiamato Supermercado Asia Oriental Shopping. Lo so che e' pleonastico, ma aggiungere parole inglesi qui e' come in Italia: fa figo. Soprattutto quando non servono e sono superflue.

Comunque: entrare li' per me e' stato come per Alice entrare nello specchio magico, o come diavolo si chiama il looking glass di quella sciroccata di Alice. 

foto: inesburesti
C'erano tutte le cose che mi piacevano delll'Asia: un sacco di tipi di riso, pubblicita' improbabili con donne dall'occhio a mandorla che sorridono, caratteri che non capisco affatto, orrendi cibi colorati che mai ingerirei, ma che mettono allegria, li' sullo scaffale nel loro orrore fluorescente con le bollicine. E poi, salsine, piccanti e non, polipi essiccati, tofu fritto, tofu crudo, tofu normale, tofu in tutte le salse, tofu puzzolente; niengao che non so come si scrivono ma che boni; frutta secca e spuntini assortiti a base di alghe, l'amico argentino ieri stava morendo dal ridere a forza di guardarmi in faccia (appunto, sembravo un gatto atterrato in un paradiso dove ci sono teste di pesce dappertutto.) E poi: i personaggi dei cartoni giapponesi, come il mitico Doraemon che appena lo vedo mi fa sentire in vacanza, ma soprattutto, dentro il super c'e' un ristorante.

In questo ristorante, vendevano riso saltato con frutti di mare, una montagna di frutti di mare, che io non mangio dai Caraibi, praticamente, che qua se non e' la mucca o il porcellino non e' contemplato e in Uruguay costava troppo. 
Lo vendevano per l'equivalente di euri QUATTRO.
E io non potevo mangiare. Perche' c'eravamo appena scofanati un mega brunch fatto in casa.

Avevo gli occhi a cuore. Questa piccola gita mi ha ricordato perche' io devo riuscire ad avere il tempo di andare anche in Asia: per andare ad ingozzarmi di delizioso cibo che oltre che essere delizioso e' pure sano, che me lo compro per pochi euro su un tavolino di plastica per strada e mentre mangio guardo la gente.

Mi mancano, i ristoranti dei luridi di strada. Qua, per strada, al massimo ti compri un panozzo con bestia dentro. La mia esperienza in Latinoamerica e' piena di lati positivi sino ad ora, ma il cibo, hmm, a parte talune cose che mi sono piaciute, non e' entusiasmante, ed e' anche troppo di derivazione italiana, per i miei gusti. Tipo che se volessi la pasta tutti i giorni, allora starei a casa mia.

Ho la sensazione che in Cile questo cambiera', pero', dato che sono sul mare... Intanto venerdi' spedizione a Belgrano, per comprare vagonata di cibo e fare cena luculliana dall'argentino (cosi' gli dimostriamo il motivo dell'esaltazione.)

Oh, dio bono.
La mia insegnante di spagnolo (si', perche' sto andando a scuola, con l'Asburgico, e siamo bravissimi) oggi non si e' presentata, perche' c'aveva le placche in gola.
Io, dopo essere stata benissimo tutto il giorno, all'improvviso verso le sette mi sono sentita come se mi avesse travolto un tram, piu' o meno.
L'Asburgico e' andato dove dovevamo andare, che tanto se sta a casa a menarsela con me non e' che io stia meglio, e quindi sono qui, da sola, in un monolocale il venerdi' sera, a Buenos Aires. Invece che fuori a spasso a far festa, dopo una settimana di sveglia presto, dove gia' ho fatto pochino perche' il corso (scelta mia e sono contenta, e finalmente parlero' questa lingua bene e non un italiolo inventato), prende un sacco di tempo tra corso, studi, e pendolarismo nell'enorme citta' tentacolare.
Che mi piace un sacco, sta citta', anche se mi stressa e mi rende un attimo nervosetta a tratti, ecco, un po' piu' irascibile diciamo. Non ne ho ancora scritto, perche' quando non sono sotto la copertina, sono in giro a vedere la citta'.

Insomma, un incrocio sfigato tra Carrie Bradshaw, sola col computer nella metropoli e... Boh, non saprei. Una che acchiappa tutti i vibrioni che hanno le persone intorno a lei, direi. 

E mi tocca pure leggere che Berlusconi dice che il paese lo rivuole. E io non potro' neanche votare.

E tra poco e' Natale, anche se a me non sembra, e io saro' lontana per la prima volta in 14 anni, perche' saro' pure vagabonda screanzata ma cerco sempre di essere con la famigghia, per Natale, ma stavolta non posso permettermelo. 

E prima sono strisciata al super e mi sono comprata una fetta di torta salata e un po' di pane da mangiare col formaggio, e non ho abbastanza fame per mangiar ne' l'uno, ne' l'altro. 

Che sconforto. 
foto: Corbis
Si', lo sapete, che ora sono a Buenos Aires. Pero', tra le due capitali (la sbracata Montevideo e la sborona Buenos Aires), sono stata a Colonia del Sacramento, al di la' del fiume da dove sono ora.

Questa cittadina e' un gioiello, davvero. Architettura coloniale ben conservata, piccola, centro quasi chiuso alle auto. E' nata come un avamposto portoghese, con il nobile scopo del contrabbando di merci dall'Uruguay (che allora era portoghese) verso Buenos Aires. 

Di giorno, Colonia e' infestata di turisti in gita in giornata da BA, e' strapiena di vecchi americani in pantaloncini e scarpe da ginnastica bianche (dai, avete presente il proverbiale pensionato americano ricco, no?) E quindi, di giorno, Colonia fa proprio effetto turisteria, come direbbe P., l'amico franco-ungherese. Io ho avuto la fortuna di andarci in bassa stagione, per fortuna, e quindi era comunque tranquilla, la cittadina, nella sua turisteria.

Pero', ragazzi, il meglio questa cittadina lo da' dopo le cinque: gli americani in pantaloncini e gli argentini prendono il traghetto, e tu e l'Asburgico, che avete trovato un appartamento che costa meno di una camera in un ostello-tugurio, prendete il vostro mate e andate a passeggiare.

E sparita l'orda di turisti, vedete:

le strade acciottolate che sono vecchie, vecchie per queste parti del mondo dove tutto mi sembra nuovo;
l'architettura coloniale, intonaco bianco e stipiti colorati;
alberi di jacaranda e ceibo dappertutto, fin sulla riva del fiume dove puoi guardare il tramonto;
le auto vintage degli anni 40 o 50 parcheggiate in strada, usate come vetrine per la vendita del mate fuori da un caffe', o come giardino (si', riempite di terra e piante!), o come tavolo fuori da un locale, con un divanetto, un tavolino ed un vasetto di fiori. (Una delle cose che rendono l'Uruguay cosi' bello e appetitoso e' questo genere di soluzione creativa, carina, deliziosa, insomma.)

E incontrate fricchettoni assortiti, come Nacho e Natalia e le loro bimbe, Musica e Bianca, che lasciano BA e vivono in un furgone, vendendo cose varie fatte a mano, come orecchini fatti con i semi; o Rodrigo, che a piedi scalzi porta a spasso il suo cucciolo di due mesi, Willy, per farlo abituare alle persone. Ovviamente, la vostra prode si e' impossessata di Willy, per poi non potersene piu' liberare quando era morta di caldo dopo un'ora e mezza che lo aveva in braccio. (Commento dell'Asburgico: e' un cucciolo. Praticamente, ora nella sua mente sei sua madre. Ora gli spezzerai il cuore, a mollarlo cosi'. No, vabbe', grazie.)

E incontrate anche la cordiale popolazione di cani randagi di Colonia, tutti vaccinati dal comune, uno dei quali un giorno vi adotta e viene in giro con voi tutto il pomeriggio (nome del cane adottivo: Mr. Socks, un rugno con il pelo lungo e cosi' zozzo di briciole e pezzi di foglie che gli si fanno i dreadlock.)

E dopo il tramonto, succede pure che passeggiando per le  strade (deserte e cosi' silenziose che si sente il frusciare delle foglie, madonna), mentre tu stai fuori perche' con sto silenzio e le auto d'epoca ti sembra di aver fatto un giro con una macchina del tempo, appaiono pure le lucciole. E tu ti metti a strillare come una cretina, perche' le lucciole e' un sacco di tempo che non le vedi. E poi, come se non bastasse, ti attraversa la strada una rana, che non spiaccichi per un pelo, e che se ne va gracidando sdegnata. 

Che figata. Ci siamo rimasti cinque giorni, nessuno ci rimane cinque giorni, a Colonia! Ma sono contenta, perche' e' deliziosa. 
Stranamente, Colonia mi ha fatto pensare a Luang Prabang (foto a sinistra), in Laos. Saranno stati i palazzi coloniali, la presenza di un fiume largo e lento, e i fiori, i fiori che sono davvero ovunque, a Luang Prabang come a Colonia. 

Bella, Colonia. Andateci, dopo le cinque.