Insomma, questa specie di blog ormai c'e' da qualche tempo, e alcuni post sono stati letti un numero sorprendente di volte. Allora, siccome non immaginavo che qualcuno mi cagasse prima o poi, me ne rallegro, e condivido con voi i successoni natalici del 2012, cosi', per fare si' che questo blogghe sembri una cosa seria.

  1. Il post sulla mia amata ex-vicina di casa, Budapest: "Io lovvo Budapest" Dichiarazione d'amore per sta citta' di sconvolti, i suoi abitanti, il cugino francese P. e i kert. E per tutti gli uomini ubriachi di nome Ferenc.
  2. Il post sui supermercati a Vienna: insidie e pericoli del fare la spesa oltralpe. "Al supermercato a Vienna? Fate attenzione, molta attenzione."
  3. "Milan Dreaming e Dubbio Made in Italy", link a due video legati al tema ricorrente di questo blog, che ora e' un blog di gita, ma in generale parla di lavoro, vita da italiano all'estero, e del sentirsi nomadi dei miei stivali.
  4. Un'altra dichiarazione d'amore per una citta', anzi un paese, cioe' l'Uruguay: "Uruguay, ma quanto ti lovvo?" e "Bella di Notte, Colonia del Sacramento" Se il turismo italiano in Uruguay aumenta, che mi paghi, l'ente del turismo di là! Grazie.
  5. Incredibilmente, il post "Il Mondo visto da sotto una Cofana Scura", evidentemente i temi frivoli funzionano sempre bene. Pane e circo, perché non posso sempre essere una Donna Di Un Certo Livello.
  6. Un altro post entusiastico, questa volta su quelle brocchette indiane dalla forma inquietante, che servono a pulirsi il naso quando si è allergici e moribondi in primavera, ad esempio: "Pane, amore e neti lota". Evidentemente, l'Italia pullula di allergici.
Dopo l'ennesima dimostrazione che questo è davvero il Domenica In dei blog, passo e chiudo, che fra poco il 2012 finisce, e voi avrete di certo di meglio da fare che stare a leggere le mie boiate, no? Andate a preparare gli stuzzichini per la cena di capodanno!
Sull'autobus per Cordoba, qualche tempo fa. 
Sono tutti argentini, o almeno ispanofoni, tranne un gruppo di americani coi capelli rossi in fondo all'autobus. Sale un ragazzetto spettinato, dall'aria rock e un po' zozza, con una chitarra e un bel sorriso, e ci si siede davanti. Sente che parliamo inglese (con l'Asburgico, intendo), e allora ne approfitta per fare pratica.

Gli chiedo,

di dove sei?

Di vicino a San Paolo, dice lui, sono brasiliano, ma vado a studiare a Cordoba, ora. Sono in viaggio da tre giorni (ecco quindi spiegata la parte zozza del look rockettaro.)

Nat: ah, che bello, il Brasile! E dimmi, dimmi, di dove sei, che magari conosco il tuo paese?

Il rocker brasiliano: sono di un paesino vicino a San Paolo, di certo non lo conosci.

Quanto vicino? tanto per fare conversazione, no?

Ottocento chilometri, mi dice con il suo sorrisone tranquillo.

Ecco. Così imparo, a fare la lagna quando sono a Vienna perché mi manca la mamma. Vivo a un tiro di schioppo, per gli standard sudamericani... 
E qui è quando ti rendi conto di quanto sia piccina l'Europa. 
Esterno, giorno, Cordoba, qualche giorno fa.

Natalia passeggia con l'Asburgico, e con un americano rimediato in ostello, chiacchierando del piu' e del meno come sempre.

A un certo punto, la vostra prode (o anche no) sente una voce, nella folla di spagnolo, parlare italiano.

Brevemente, Natalia si illumina.
Qualche secondo dopo, Nat focalizza sul contenuto della conversazione padre-figlia, che e' piu' o meno questo:

Figlia: blah blah blah, cose che Natalia non sente bene, blah
Padre: aho!!! ma perche' non vedi di andertene un po' affanculo?

Addirittura l'Asburgico, che da questo punto di vista e' uno che e' difficile da turbare, si e' girato con tanto d'occhi.
Ecco, mesi e mesi che non parlo italiano con qualcuno di persona, e la prima cosa che sento e' questa.

Allora mi associo anche io al vaffanculo di quel gran signore! Dai. Che tasciume. Poi magari si lamenta pure se la figlia lo manda nello stesso posto.
Che orrore!

http://parabuenosaires.com
Interno, giorno.
Metropolitana di Buenos Aires, piena come quella di Milano appena prima delle partite di Champions. Cioe' strapiena, tipo che devi spìngere per entrare, e se anche non trovi una maniglia per tenerti, nessun problema: stai in piedi comunque, perche' sei pressata contro gli altri.

Premetto che, in generale, i porteños, cioe' gli abitanti di Buenos Aires, a me non sono affatto sembrati stronzi come la gente li dipinge. Tu viaggi in Argentina, e la gente ti dice tutto, prima che ci vai:

sono cattivi
sono tutti ladri
non ti aiutano se cadi
ti scippano
ti derubano
non parlano con nessuno
sono freddi
corrono sempre.

In pratica, e' sempre la solita solfa del campagnolo, per quanto mi riguarda. Come dico sempre, se si stesse a sentire il resto d'Italia, come milanese, io dovrei essere praticamente tutte le cose sopra citate. Tipo che se la vecchietta davanti a me cade per strada, io, in quanto milanese, la scavalcherei sputandole in testa.
Certo. Sicuro.

Quindi, avevo gia' i miei dubbi, sulla storia dei porteños che sono cagoni. Infatti, vivono la metro sempre piena, e piena piena, intendo, con una certa grazia. Sorridono, si scusano se ti urtano, invece che spingerti da un lato quando devono scendere (come fanno a Vienna, anche se mi spiace dirlo, forse perche' laggiu' in molti piuttosto che parlare con gli sconosciuti si farebbero bollire nell'olio?) ti chiedono prima se scendi alla prossima., e se dici di no, li fai passare. Civilmente.Quindi, mica male, dai, no?

In questo marasma, ci sono anche molti venditori ambulanti, che appunto, vendono cose.
Una mattina, mentre vado al corso, sale uno di questi. Di fianco a me, in piedi, una donna cinese. Il venditore passa, urtando un po' di persone con tutte le sue cose, e urta sia me che la signora cinese. Io non dico niente, la signora cinese mugugna, invece, adorabile

ma tornatene nella tua provincia!!!

il venditore, argentino, si gira e gelido le dice
ma tornatene tu, nel tuo paese!!!

Natalia in piedi, fra i due, allibita. Sempre carina, la gente, eh? Adoro prendere i mezzi. Ti da' queste finestre su quanto le persone possono essere testedicazzo.

Bene. Sono a Cordoba, stasera bus di non so quante ore, di notte, per Mendoza. Sono indietro, non ho ancora scritto di Montevideo, ma lo faro', portandomi dietro la mitica flemma montevideana, che fa bene alla salute. 
Passato tutto, figliuoli, eh, tutto bene e grazie del sostegno morale.
Parentesi: il mio stesso blog non mi lascia commentare. E' gia' accaduto, ma e' per questo che diobono non riesco a rispondere ai commenti su Colonia e sulle mie lamentele da vecchia.

Ad ogni modo, come ho detto, passato tutto. Domani da bravi zingarelli ci trasferiamo in un altro appartamento in un'altra zona della citta', e continuiamo il nostro corso di castellano rioplatense, cioe' di spagnolo di queste parti.

Ieri, con il nostro amico di queste parti, siamo andati al barrio chino, al quartiere cinese di Buenos Aires. Siamo andati, tra gli altri, in un luogo meraviglioso, almeno per me, chiamato Supermercado Asia Oriental Shopping. Lo so che e' pleonastico, ma aggiungere parole inglesi qui e' come in Italia: fa figo. Soprattutto quando non servono e sono superflue.

Comunque: entrare li' per me e' stato come per Alice entrare nello specchio magico, o come diavolo si chiama il looking glass di quella sciroccata di Alice. 

foto: inesburesti
C'erano tutte le cose che mi piacevano delll'Asia: un sacco di tipi di riso, pubblicita' improbabili con donne dall'occhio a mandorla che sorridono, caratteri che non capisco affatto, orrendi cibi colorati che mai ingerirei, ma che mettono allegria, li' sullo scaffale nel loro orrore fluorescente con le bollicine. E poi, salsine, piccanti e non, polipi essiccati, tofu fritto, tofu crudo, tofu normale, tofu in tutte le salse, tofu puzzolente; niengao che non so come si scrivono ma che boni; frutta secca e spuntini assortiti a base di alghe, l'amico argentino ieri stava morendo dal ridere a forza di guardarmi in faccia (appunto, sembravo un gatto atterrato in un paradiso dove ci sono teste di pesce dappertutto.) E poi: i personaggi dei cartoni giapponesi, come il mitico Doraemon che appena lo vedo mi fa sentire in vacanza, ma soprattutto, dentro il super c'e' un ristorante.

In questo ristorante, vendevano riso saltato con frutti di mare, una montagna di frutti di mare, che io non mangio dai Caraibi, praticamente, che qua se non e' la mucca o il porcellino non e' contemplato e in Uruguay costava troppo. 
Lo vendevano per l'equivalente di euri QUATTRO.
E io non potevo mangiare. Perche' c'eravamo appena scofanati un mega brunch fatto in casa.

Avevo gli occhi a cuore. Questa piccola gita mi ha ricordato perche' io devo riuscire ad avere il tempo di andare anche in Asia: per andare ad ingozzarmi di delizioso cibo che oltre che essere delizioso e' pure sano, che me lo compro per pochi euro su un tavolino di plastica per strada e mentre mangio guardo la gente.

Mi mancano, i ristoranti dei luridi di strada. Qua, per strada, al massimo ti compri un panozzo con bestia dentro. La mia esperienza in Latinoamerica e' piena di lati positivi sino ad ora, ma il cibo, hmm, a parte talune cose che mi sono piaciute, non e' entusiasmante, ed e' anche troppo di derivazione italiana, per i miei gusti. Tipo che se volessi la pasta tutti i giorni, allora starei a casa mia.

Ho la sensazione che in Cile questo cambiera', pero', dato che sono sul mare... Intanto venerdi' spedizione a Belgrano, per comprare vagonata di cibo e fare cena luculliana dall'argentino (cosi' gli dimostriamo il motivo dell'esaltazione.)

Oh, dio bono.
La mia insegnante di spagnolo (si', perche' sto andando a scuola, con l'Asburgico, e siamo bravissimi) oggi non si e' presentata, perche' c'aveva le placche in gola.
Io, dopo essere stata benissimo tutto il giorno, all'improvviso verso le sette mi sono sentita come se mi avesse travolto un tram, piu' o meno.
L'Asburgico e' andato dove dovevamo andare, che tanto se sta a casa a menarsela con me non e' che io stia meglio, e quindi sono qui, da sola, in un monolocale il venerdi' sera, a Buenos Aires. Invece che fuori a spasso a far festa, dopo una settimana di sveglia presto, dove gia' ho fatto pochino perche' il corso (scelta mia e sono contenta, e finalmente parlero' questa lingua bene e non un italiolo inventato), prende un sacco di tempo tra corso, studi, e pendolarismo nell'enorme citta' tentacolare.
Che mi piace un sacco, sta citta', anche se mi stressa e mi rende un attimo nervosetta a tratti, ecco, un po' piu' irascibile diciamo. Non ne ho ancora scritto, perche' quando non sono sotto la copertina, sono in giro a vedere la citta'.

Insomma, un incrocio sfigato tra Carrie Bradshaw, sola col computer nella metropoli e... Boh, non saprei. Una che acchiappa tutti i vibrioni che hanno le persone intorno a lei, direi. 

E mi tocca pure leggere che Berlusconi dice che il paese lo rivuole. E io non potro' neanche votare.

E tra poco e' Natale, anche se a me non sembra, e io saro' lontana per la prima volta in 14 anni, perche' saro' pure vagabonda screanzata ma cerco sempre di essere con la famigghia, per Natale, ma stavolta non posso permettermelo. 

E prima sono strisciata al super e mi sono comprata una fetta di torta salata e un po' di pane da mangiare col formaggio, e non ho abbastanza fame per mangiar ne' l'uno, ne' l'altro. 

Che sconforto. 
foto: Corbis
Si', lo sapete, che ora sono a Buenos Aires. Pero', tra le due capitali (la sbracata Montevideo e la sborona Buenos Aires), sono stata a Colonia del Sacramento, al di la' del fiume da dove sono ora.

Questa cittadina e' un gioiello, davvero. Architettura coloniale ben conservata, piccola, centro quasi chiuso alle auto. E' nata come un avamposto portoghese, con il nobile scopo del contrabbando di merci dall'Uruguay (che allora era portoghese) verso Buenos Aires. 

Di giorno, Colonia e' infestata di turisti in gita in giornata da BA, e' strapiena di vecchi americani in pantaloncini e scarpe da ginnastica bianche (dai, avete presente il proverbiale pensionato americano ricco, no?) E quindi, di giorno, Colonia fa proprio effetto turisteria, come direbbe P., l'amico franco-ungherese. Io ho avuto la fortuna di andarci in bassa stagione, per fortuna, e quindi era comunque tranquilla, la cittadina, nella sua turisteria.

Pero', ragazzi, il meglio questa cittadina lo da' dopo le cinque: gli americani in pantaloncini e gli argentini prendono il traghetto, e tu e l'Asburgico, che avete trovato un appartamento che costa meno di una camera in un ostello-tugurio, prendete il vostro mate e andate a passeggiare.

E sparita l'orda di turisti, vedete:

le strade acciottolate che sono vecchie, vecchie per queste parti del mondo dove tutto mi sembra nuovo;
l'architettura coloniale, intonaco bianco e stipiti colorati;
alberi di jacaranda e ceibo dappertutto, fin sulla riva del fiume dove puoi guardare il tramonto;
le auto vintage degli anni 40 o 50 parcheggiate in strada, usate come vetrine per la vendita del mate fuori da un caffe', o come giardino (si', riempite di terra e piante!), o come tavolo fuori da un locale, con un divanetto, un tavolino ed un vasetto di fiori. (Una delle cose che rendono l'Uruguay cosi' bello e appetitoso e' questo genere di soluzione creativa, carina, deliziosa, insomma.)

E incontrate fricchettoni assortiti, come Nacho e Natalia e le loro bimbe, Musica e Bianca, che lasciano BA e vivono in un furgone, vendendo cose varie fatte a mano, come orecchini fatti con i semi; o Rodrigo, che a piedi scalzi porta a spasso il suo cucciolo di due mesi, Willy, per farlo abituare alle persone. Ovviamente, la vostra prode si e' impossessata di Willy, per poi non potersene piu' liberare quando era morta di caldo dopo un'ora e mezza che lo aveva in braccio. (Commento dell'Asburgico: e' un cucciolo. Praticamente, ora nella sua mente sei sua madre. Ora gli spezzerai il cuore, a mollarlo cosi'. No, vabbe', grazie.)

E incontrate anche la cordiale popolazione di cani randagi di Colonia, tutti vaccinati dal comune, uno dei quali un giorno vi adotta e viene in giro con voi tutto il pomeriggio (nome del cane adottivo: Mr. Socks, un rugno con il pelo lungo e cosi' zozzo di briciole e pezzi di foglie che gli si fanno i dreadlock.)

E dopo il tramonto, succede pure che passeggiando per le  strade (deserte e cosi' silenziose che si sente il frusciare delle foglie, madonna), mentre tu stai fuori perche' con sto silenzio e le auto d'epoca ti sembra di aver fatto un giro con una macchina del tempo, appaiono pure le lucciole. E tu ti metti a strillare come una cretina, perche' le lucciole e' un sacco di tempo che non le vedi. E poi, come se non bastasse, ti attraversa la strada una rana, che non spiaccichi per un pelo, e che se ne va gracidando sdegnata. 

Che figata. Ci siamo rimasti cinque giorni, nessuno ci rimane cinque giorni, a Colonia! Ma sono contenta, perche' e' deliziosa. 
Stranamente, Colonia mi ha fatto pensare a Luang Prabang (foto a sinistra), in Laos. Saranno stati i palazzi coloniali, la presenza di un fiume largo e lento, e i fiori, i fiori che sono davvero ovunque, a Luang Prabang come a Colonia. 

Bella, Colonia. Andateci, dopo le cinque.
Lo so, che non è ancora Natale, però ci siamo quasi. Cioè, è quasi Dicembre, no? E io sto scrivendo in canotta,  in questo momento. Il vibrione per fortuna è partito quasi del tutto, e oggi sono uscita.
A godermi l'aere primaverile.
Ora.
Lo so. Lo so, che voi siete uomini e donne di mondo e vi starete dicendo

Vabbè Natalia, non fare tutte ste scene che lo sapevi anche tu, che in quell'emisfero ora fa caldo.
Che ora è primavera, lì. Ci sei andata per questo, crétina.

Giusto. Vero. Peró vedere le decorazioni di Natale, gli alberi e i poster a tema natalizio con tra 25 e 31C di giorno, a me mi sconvolge un po' la psiche. Che come sapete, è facile da sconvolgere, comunque.

Ancora non ho idea di dove sarò a Natale, so che mi mancherà la mamma, e anche la nonna e la zia e tutta la mia microfamigliola e anche quel fagiolo alloggiato nella panza di mia cognata. Mi mancheranno pure i ravioli della nonna e il nebbiolo di mio zio.

Quindi, voglio sperare di essere in un luogo sommamente figo per avere qualcosa di cui rallegrarmi che non sia solo che qui fa più caldo. Che peraltro è già una gran cosa di cui rallegrarsi.M

Non ho ancora scritto una minghia di più elaborato su Montevideo, che continuo a trovare adorabile, o su Colonia del Sacramento, al di là del fiume da dove sto ora, che è una meraviglia, conservata da dio, e con l'aria così pulita che di notte sul fiume è pieno di lucciole.
Tipo che con tutte quelle lucciole, ho avuto una crisi di risate come a Iguazu. Bellissima Colonia!

Devo scrivere più spesso, è che spesso non ho accesso a computer e compagnia bella.
Prometto di fare i compiti presto!
Ordunque, eccomi qui, ci sono ancora, anche se il computer si e' rotto una settimana fa, dunque da un po' non scrivo: al momento lo sto facendo dalla iPad del nostro amico qui a B.A., e' scomoderrimo perche' lo stupido aggeggio cerca sempre di autocorreggermi!

Ripareremo presto l'aggeggio, spero.

Buenos Aires mi piace assai. Pero' mi ha anche regalato uno splendido raffreddore. Vi scrivo da sotto un piumino in questo momento. Mal di testa, molto tempo per pensare, e oggi, forse perche sono malaticcia mi mancano molte persone, oggi.

Mi mancano alcune persone viennesi, per esempio. Mi mancano persone in Italia e anche persone altrove.

Bleurgh. Come essere lagnosi anche in primavera: evidentemente a novembre ci ho sempre il momento down.

C'entra di sicuro anche l'aver scoperto che il cugino incinto diventera' babbo di un maschietto, e io sono lontana e non posso festeggiare. Sono una sega a fare la nomade. Nomade una cippa, ecco!
blogvacanza.com
Io sono milanda. Lo sapete, questo, no? Milanda, mezza romana si', ma cresciuta tutta la vita a Milano. Con tanti pezzettini di Britannia mischiati insieme all'accento deroma del mio babbo.
Pero', senza dubbio, quando mi chiedono di dove sei in Italia, dico Milano, perche' e' il posto dove ho passato piu' anni della mia vita. Piu' di meta'.
Bene.

Quando viaggio, io, di milanesi - o di italiani, a dire il vero -  non ne incontro mica tanti. Intendo dire, di gente che vive via. Ci sono molti ragazzi del sud che dicono beh, se devo andare allora vado un po' piu' lontano (come la mia amata amica Effe, a Vienna), ogni tanto incontri gente delle belle campagne del centro Italia, che decide di andare a farsi una gita. Milanesi, pochi. Ogni tanto mi chiedo dove siano, perche' non e' che ce ne siano pochi, di milanesi.

Montevideo ha deciso di contraddire tutte le mie esperienze passate: Montevideo e' a) pienotta di italiani, per un posto cosi' lontano e cosi' fuori dalle mappe di cio' che e' cool, b) questi italiani sono per la maggior parte del nord, almeno quelli che ho visto io e soprattutto c) una sorprendente percentuale di essi e' di Milano!

Tipo, da piazzale Corvetto alla piazza dell'Intendencia di Montevideo.

Il migliore pero' e' uno dei due ragazzi che hanno l'ostello dove sto ora, Andrea (l'altro ragazzo e' di Padova, uno organizzatissimo, mai andato in vacanza in ostello e ha un ostello splendido per intuizione.) 
Mica sono venuta per loro, sono venuta perche' il posto aveva buone recensioni e una buona posizione. 
Bene. 
Andrea, che e' mezzo uruguayo, e' cresciuto al Gallaratese, a Milano. 
Andrea ed io siamo cresciuti a una fermata di metropolitana di distanza l'uno dall'altra. Siamo anche andati nella stessa scuola, prima che lui, che ha un paio d'anni piu' di me, lasciasse l'Italia per l'Uruguay insieme al suo babbo.

Questo pianeta, ragazzi miei, e' un sassolino. Mi fanno troppo ridere queste coincidenze!
tripadvisor.com
Ve l'ho detto, no, che amo il mare? Varie volte. La mancanza di acqua, la lontananza dell'acqua, e' una delle cose che detesto di Vienna. 

Bene, da qualche giorno ho lasciato Montevideo, a fatica, e sono in un posto che faro' ancora piu' fatica a lasciare: Punta del Diablo. Popolazione, 700 persone, piu' i vari surfisti in transito, e le 20 persone che stanno nel mio ostello. Siamo in bassa stagione, quindi non c'e' un cane, qui. E' il villaggio di pescatori che e' davvero. Per certi versi ricorda la Sardegna, o la Sicilia orientale: ci sono dune bianche, mobili, la vegetazione e' bassa, cespugli, arbusti e poco altro. Crescono la lavanda, il rosmarino, le buganville, gli hibiscus, molte rocce in riva al mare. 
In giro ci sono un po' di persone, molti cani randagi, qualche pinguino e qualche foca, pare ci siano le balene in mare, ma io non le ho viste.
Da che siamo qui il tempo e' freddo e ventoso, ma non importa, perche' aggiunge fascino alla scena. Odio sembrare una cojona lettrice di Paulo Coelho che dice boiate sull'energia, ma c'e' un'ottima energia, qui. 

Nel senso che:

  1. io a pochi giorni dall'anniversario della morte di mio padre sono tranquilla come non lo sono mai stata.
  2. l'Asburgico e' calmo e non smania per fare cose.
  3. Ieri ho camminato per circa 7 ore e non mi sono lamentata e non ho detto che palle la natura uffa aridateme un museo d'arte contemporanea o un caffe' vi prego.
  4. Il fatto di essere in un paese che e' un buco non mi annoia per niente, anzi, mi piace.
  5. Quando arrivo in cima alle rocce spazzate dal vento invece che pensare oddio adesso casco de sotto attenta Nat, non faccio altro che ridere come una iena perche' la scena che ho davanti e' cosi' oceanicamente stupenda che che altro posso fare, povera me.
  6. Il tempo demmerda non mi frustra. Reagisco armandomi di te' fumante, mate, libri, e chiacchierando con gli altri ospiti e anche con gli adorabili uruguyani proprietari di qui.
Cioe': mi piace cosi' tanto che non voglio tornare a Montevideo. Natalia non vuole tornare in una citta'. Roba mai vista e mai sentita, no?
D'altra parte, neanche voi vorreste tornare da un posto cosi', dico io.

Gabriel Carballal
La radiolina che e' nella mia testa - lo so, lo so che ne abbiamo tutti una. Nevvero? - da qualche giorno non fa altro che chiamare Fabrizio De Andre' e cantare nella mia testa tutte le sue canzoni piu' marine, tipo Oceano, appunto. Col Kindle ho comprato Ossi di Seppia di Eugenio Montale e oggi in giardino  lo leggevo, avvolta in una coperta col vento addosso, e invece che smadonnare per il freddo, bevevo mate e mi sentivo la persona piu' fortunata del mondo.
Ve l'avevo gia' detto, che adoro il mare?
Mario Benedetti, poeta nazionale uruguayo (Wikimedia)
Sono ancora viva. Davvero. E' solo che mi piace cosi' tanto, l'Uruguay, che sono sempre a spasso.

A Montevideo ho fatto festa. Tanto. C'ho avuto i postumi. Spesso. E quando non avevo i postumi, andavo a farmi una passeggiata in una zona a caso della citta', col bikini e un pareo in borsa. E a fine giornata, andavo in spiaggia ad affogare gli eventuali postumi residui, a nuotare in un fiume che sembra un mare, e a parlare con vecchi uruguayani assortiti.

Il Vecchio: freddo in acqua, eh?
Io: essi', ma con 33C all'ombra direi che va bene, signore.
Il Vecchio: ma non sei di qui. Di dove sei? No, fammi indovinare.
Io: occhei.
Il Vecchio: sei troppo chiacchierona. Non sei uruguayana. Men che meno argentina.
Io: eh no. 
Il Vecchio: sei brasiliana!
Io: eh, no. Europa, signore, Europa.
Il Vecchio: aaah bene. Non del nord, strilli e sghignazzi troppo.
Io: esatto.
Il Vecchio: sei italiana! Sei troppo chiara per essere spagnola o greca.
Io: bravo!
Il Vecchio: ma io di cognome faccio Cremona! Che coincidenza! Mio nonno era di Parma.

E via a chiacchierare. Mi racconta che e' vedovo, ha vissuto in Spagna per 30 anni a causa della dittatura, e che ha attraversato la foresta amazzonica con la moglie una quarantina d'anni fa, e che faccio bene a fare la gita che sto facendo, che sono giovane e bella (dice lui.) E poi mi dice anche che sta per vendere le sue cose qui, e che andra' a vivere nei Caraibi, che e' un posto migliore per morire, per un vecchio come lui. Almeno moriro' al caldo, circondato da belle donne da guardare e tanta gente con cui parlare.
Lui dice che no, ma sono ciarlieri, gli uruguayani. Sono come dei paraguayani ciarlieri, cioe' gentili, ma non riservati, come i paraguayani. Sono meno sboroni degli argentini, e c'hanno la flemma, flemma che esemplifichero' tra qualche riga.
Come mi ha detto un altro vecchio:

Eh, mamita, qua sai che e' venuto Julio Iglesias qualche mese fa, all'hotel centrale, no? Con le guardie del corpo, e' venuto lui. E' uscito a fare jogging con le sue guardie, e mica c'era nessuno, ad aspettarlo. Mica la folla, per lui. Quando e' venuto John Lennon, no'spetta, quello l'hanno ucciso, l'altro, Paul McCartney, anche lui, con le guardie. Ma non c'era nessuno! Mica ci agitiamo per queste cose, noi. A proposito, ti ho detto che la mamma del mio migliore amico era italiana, da bambino! A fine pomeriggio lei gridava Vieni qui, subitooooooooo! E il mio amico correva. Mica si scherza, con voi italiane. 

Li adoro. Davvero. Non me ne voglio piu' andare, sono solo triste perche' il costo della vita qui e' troppo alto per poter restare molto a lungo senza lavorare. Una delle missioni in questo anno e' imperativamente NON prosciugare il conto in banca di Natalia in maniera totale ma solo parziale. Per evitare sbattimenti. sapete.

Ora siamo a Punta del Diablo, sull'oceano Atlantico, in un ostello splendido aperto da gente della nostra eta', di qui: lei ballerina, lui regista. Entrambi stufi di vivere a Buenos Aires facendo la fame, sono venuti a vivere qua e hanno aperto un posto bellissimo. Punta del Diablo nel prossimo post!
wikimedia commons
Sono qui da meno di ventiquattro ore.
Ho passato la mattinata in spiaggia, e basta. Passeggiato sul mare. E basta.
Pero' credo che sia ammore. O qualcosa di simile.

http://oltremare.blogspot.com.ar/
...ecco, e' difficile descrivere la cosa.

C'e' acqua. Un sacco d'acqua. Tantissima acqua, da ogni direzione, ovunque. C'e' acqua sopra di te, sotto di te, di fronte a te, acqua che ti viene buttata in faccia dal vento, acqua sotto le tue scarpe, dentro i tuoi vestiti, nel fiume sotto di te. 

Ho fatto un sacco di foto, ma nessuna da' davvero l'idea di quanta kadzo di acqua e da quale altezza cade quest'acqua, e con quale ribollente, fortissima, spaventosa, marrone furia. Addirittura io mi sono zittita per un bel po', e poi ho iniziato a sbaciucchiare il povero M perche' non ci credevo, non credevo di essere arrivata in un posto del genere. In generale le cascate hanno un effetto divertente sulle persone: ovunque c'e' gente che strilla, ride stridula, grida e in generale da' fuori di matto, perche' se noi che abitiamo vicino alle Alpi pensiamo di aver visto delle cascate, arriviamo li' e ci rendiamo conto di non aver visto una sega, in effetti.

Andateci, gente, se potete. E' una di quelle cose che ti rimangono foreva, proprio. Incredibile. Addirittura io, che sono un ratto di citta', non me ne volevo andare da li'. 

Madre mia. 

Domani autobus per un posto chiamato Colon, a sud di qui. Una robetta, quindici ore circa. No, perche', roba che non c'entra niente, ieri ho scoperto che l'Argentina per superficie e' grande quanto l'India. 
E ho capito perche' e' cosi' frustrante quando devi decidere dove andare, perche' ogni autobus ci mette almeno 8 o 9 ore ad arrivare, se sei fortunato, 28, se sei sfortunato. Perche'. Questo. Continente. E'. Enorme. E io, da europea, ancora non me ne capacito. Cioe': il Brasile e' grande quanto gli Stati Uniti. 
Roba da vertigine, per me, non so per voi. 
E da Colon, autobus per un posto chiamato Montevideo. Uruguay, arriviamo! (Se non cambiamo idea stasera. Pero' abbiamo chi ci ospita e una scuola di spagnolo possibile, a Montevideo, quindi mi sa che si va.)
Ormai sono un po' di giorni che mi trovo in Argentina, il secondo paese della gita. E siamo ancora sul confine, alla fine non ci muoviamo mai troppo lontano dall'adorabile Paraguay, che e' sempre li', visibile a pochi chilometri di distanza.

Pero', alcune cose cambiano subito, appena passi il confine, tra Encarnacion (PGY) e Posadas (ARG).

Ad esempio, non ti senti piu' che dai nell'occhio perche' hai il piercing al naso.
Non ti senti osservata perche' invece che i jeans fasciaculo, o i leggings stritolanti, c'hai i tuoi straccetti larghi da fricchettona, che con sto caldo teneteveli, i vestiti aderenti.
Vedi che anche le altre donne usano sciarpe e pashmine, che usano orecchini piccoli come i tuoi e non i cerchioni delle auto, che sei di nuovo in un paese dove non ti si vede a chilometri di distanza perche' i tuoi vestiti non sono fosforescenti. 

Il gusto e l'idea del bello delle donne paraguayane sono, ecco, un po' diversi dal mio. E' stato interessante vedere i loro giornali di moda, pieni di colori pastello e colori fluo, abiti sgargianti e pacchiani, pieni di trine e merletti, e aggeggi, insomma. Basta guardare la foto qua sopra, che ho preso da un sito di moda paraguayano. 

In Argentina mi sento un po' meno estranea, ci sono molte donne che mi somigliano, con la pelle chiara, e gli occhi azzurri. 

Quel che non cambia, invece, e' che anche qui le persone sono gentili, ti aiutano, chiacchierano con te. Solo, sono piu' abituate ai turisti, e quindi non vieni invitato a bere mate automaticamente, ogni volta, solo perche' sei straniero: sei uno dei tanti. 
Non riesco a rispondere ai commenti, per qualche motivo. Non so perche', dovro' sistemare la cosa, intanto non pensate che non voglia, ma ho appena visto che i commenti a cui avevo risposto non sono apparsi!

Perdinci.

Scusassero.
Trovarsi in un giardino al crepuscolo, bevendo mate con un signore argentino, sulla cinquantina. Solo lui, M e te. Il signore argentino ha la voce bassa e bella da ascoltare, un accento morbido e piacevole, ti offre il mate, tu cominci a chiacchierare col tuo italiolo, mentre il sole va giu', con l'araucaria e i pini e i banani e le palme tutt'intorno, e l'ostello vuoto.
E finire a parlare degli occhi delle donne nei quadri di Modigliani, di perche' a lui Borges non piace (accetto' a suo tempo una medaglia da Pinochet), dei saggi di Umberto Eco, di perche' l'arte dovrebbe toccare la pancia e il cuore, e non la testa, della cultura di mate e terere in Paraguay, Argentina e Brasile. Di differenze tra castigliano di qui e castigliano di altrove, di Miro', di nudismo, di attitudini nei confronti del corpo qui e in Europa, dei cognomi delle persone qui, che sono strani mix di nomi spagnoli, italiani e tedeschi, dei loro rapporti con le loro radici.
E poi girarsi e vedere che e' buio, che e' salita la luna piena tra le palme, l'araucaria, i pini e i banani e le palme, e che la temperatura e' scesa, e vai a cucinare qualcosa, nella cucina vuota. Mi piace viaggiare in bassa stagione.

Sono a San Ignacio, al confine paraguayano. In questa citta', come in molte altre, ci sono rovine gesuite. Questa missione, mi ha detto la guida ieri, fu fondata da due gesuiti italiani, guardacaso. E' molto strano, da che sono qui, sentire l'Italia come lontana e vicina allo stesso tempo. Chiaramente in Asia non mi era mai successo prima. 

E' una terra di persone gentili, che non tentano di fotterti, anzi, ti aiutano spesso, se possono.

E' una terra di patrioti, che parlano spesso della loro indipendenza. E' una terra spesso molto indigena, dove i posti si chiamano Caacupe', Itaucu', Itaipu', ma anche Asuncion, Encarnacion e Trinidad.

E' un posto dove le campagne sono verde brillante, vuote, piene di vacche, anche di vacche selvatiche. E' cosi' verde che ti aspetti che arrivi un hobbit da un momento all'altro. 

E' un paese piccolo, senza accesso sul mare, sfortunato e bastonato dalla storia, povero, tra i piu' poveri di queste parti, ma con dignita'. C'e' gente che si arrangia vendendo di tutto sugli autobus: frutta, bibite, spazzolini, libri, caramelle, medicinali. 

E' un paese di facce meticcie, e' un paese dove non ci si chiede molto a che gruppo si appartiene. E' un paese di missioni gesuite, di piazze verdi dove nessuno ti importuna, dove ti chiedono di dove sei? E dopo che hai risposto, tornano al loro terere e ti lasciano tranquilla. Ti scrutano, vedono che non sei di qui, ma non sono invadenti, anzi. Sono tutti molto riservati, qui. 

Mi piace il Paraguay. Pero' stasera vado via, in Argentina. Da un paese piccolo a uno enorme, per poco, perche' e' solo per vedere Iguazu' e dopo credo che andremo in Uruguay. Sono molto curiosa. 

E per rovinare bene la poesia, prima che mi prendiate troppo sul serio, vi dico anche che il Paraguay e' un paese dove la tazza del gabinetto e' morbidosa, e fa ffffff quando ti siedi, cosi' stai piu' comodo.

Sono cose importanti pure queste, eh. Mica solo le cose astratte.
Perche' quando viaggi, finisce che ti trovi in una macchina, al confine tra Paraguay e Argentina, su un fiume cosi' largo che sembra un mare, con un paraguyano che ti ospita, e che adora Demis Roussos. Quindi tu sei li' con lui e M, in macchina, e c'hai Demis Roussos che ti gorgoglia disperato nelle orecchie, pure nelle viscere, visto il volume, e canta mou de qua, e mou de la'. E tu ti ricordi di una delle tue prime, bellissime gite da barbona, quella volta che passasti settimane in giro per le isole greche col tuo ragazzo di dieci anni fa, dormendo in spiaggia (talvolta nella cacca di capra, se si arrivava nel buio.) Ti ricordi che tutte le isole hanno un posto chiamato Skala, ti ricordi che i greci sono simpatici e ubriaconi, ti ricordi di quando conoscevi meglio loro dei turchi.

Ti ricordi anche che sei tornata coi capelli bianchi dopo piu' di un mese e mezzo cosi', con un dreadlock involontario che sembrava una coda di scoiattolo e la pelle color cuoio. E che tua madre, quando ti  ha aperto la porta a Milano, ha detto: ossignore, ma che e', sei una barbona! 

E tu hai detto: eggia'. Presagio dei tempi a venire.

A ognuno la sua madeleine.
Oh allora, siamo in Sudamerica. Non credo di essere mai stata cosi' tanto lontana da casa. Che sarebbe Milano, l'Europa, eccetera.

Insomma, Asuncion e' piccola, e un po' sonnolenta, direi. La vedi dall'aereo, e pensi: tutto qua? La capitale?

No, perche' dopo Willemstad, che in realta' e' una accozzaglia di villaggi, io ero gia' esaltata, perche' mi sono detta oh, finalmente una citta'.

Non proprio. Pero' tutto sommato l'esperienza e' positiva. I paraguayani sono tipi tranquilli, non sono per niente invadenti, anzi, stanno sulle loro, loro e il loro thermos giganti di tereré. Il tereré e' una delle cose piu' importanti in assoluto, qui in Paraguay: tutti hanno un thermos, ci sono thermos per l'acqua fredda di ogni genere. Rosa coi brilliantini, di pelle come quello della foto, tecnologici e di acciaio, quello della squadra di calcio locale o nazionale, col tuo nome, insomma, di tutto. Noi in questi giorni non stiamo in ostello ma da un couchsurfer simpatico e molto educhéscional, che ogni giorno ci impara qualcosa del Paraguay. Lui ha vissuto in Giappone ed e' un collega che insegna inglese, quindi siamo tutti nerd dell'intercultura, e si chiacchiera bene. Insomma, Chalo ci ha dato un thermos da portare in giro. M come al solito si mimetizza bene con i suoi occhi e capelli castani, io un po' meno, e a quanto pare i piercing qui sono rari, quindi nonostante i capelli scuri come al solito mi trovo con scritto in fronte SONO STRANIERA, IN CASO NON VE NE SIATE ACCORTI. Ciononostante, o forse proprio per questo, una delle prime cose successe e' stata che un vecchio, in Plaza Uruguaya che e' tipo Piazza Castello quanto a importanza, ci ha fatto un sorrisone e tanto di pollici in alto, mentre noi bevevamo tereré sotto un albero.

www.umdiewelt.de
Gli autobus sono un'altra cosa divertente di queste partï: ovviamente non c'e' una tabella degli orari, perche'che te ne fai, no? Quindi tu vai, aspetti, e quando vedi il tuo autobus ti sbracci. Lui rallenta, tu salti su, paghi, e l'autista ti da'il resto mentre accelera con una mano sola e intanto magari ti spiega anche dove devi scendere. Scendere e' ancora peggio, soprattutto se ti capita un'autista psicolabile come a noi oggi, che non si fermava neanche a tirare su la gente, a un certo punto: tipo che io mi chiedo, ma dove devi anna'? Che qua la fretta e'abolita, con sti autobus che c'avete??? Vabbe'. Comunque, a scendere si deve fare in fretta, atletici e libelluloni, perche' mentre si stacca la mano dalla maniglia (io la uso come perno e zompo come quello la' dell'Olio Cuore), l'autista ovviamente riparte. Oggi con lo psicopatico ero preoccupatissima all'idea di scendere, per fortuna vedono che sono straniera e mi trattano come un'idiota, e quindi rallentano piu' a lungo. Meno male.

I paraguyani strillano poco, mangiano tantissime cose italiane, spesso hanno cognomi italiani... Ma io mica lo sapevo che in Paraguay c'erano tutti questi italiani! E ad Asuncion parlano spagnolo con una erre che sembrano di Venezia. La domanda sorge spontanea: ci sara' mica stata tanta immigrazione dal Veneto, da queste parti?

Domani andiamo in una cittadina qui vicino, Areguá. Scrivo poco in questi giorni perche' non ho internet e questo non e' il mio computer, capitemi... Mi faccio viva quando posso!
...Per parafrasare il famoso negozio di abbigliamento.

Oggi ho compiuto trent'anni. 30. Trenta!

Il mio fratellino Lemure, che ha tagliato il traguardo un anno prima di me, mi aveva consigliato di affogare i dispiaceri nel margarita. 

Io per fortuna invece ero gia' partita, e quindi:

ho trovato le bandierine decorative appese agli alberi in giardino da M e Anneke, la signora dell'ostello.

M mi ha comprato orecchini di conchiglie.

Anneke mi ha cantato tanti auguri a te che non avevo ancora bevuto il caffeo.

Carmen la signora delle pulizie col suo splendido accento giamaicano mi ha detto auguri e che Dio ti protegga e un sacco di altre cose su Dio. E mi ha dato dei fiori viola.

Klaus il signore tedesco mi ha detto auguri e dato una virile stretta di mano.

I cani hanno abbaiato e scodinzolato.

I gatti hanno miagolato e strisciato i loro fianchetti pelosi contro le mie gambe.

Ho fatto una colazione luculliana.

Ho parlato su Skype con la mamma.

Sono andata in spiaggia e ci sono rimasta per cinque ore.

Mi sono fatta la doccia in spiaggia con delle adolescenti di qua e ci siamo prestate lo shampoo e il balsamo l'un l'altra.

Un americano di mezza eta' mi ha detto l'equivalente in inglese di abbella, ma che bel tatuaggio che c'hai a'fata, che di per se' e' tamarro ma rincuora sugli effetti del tempo che passa. Ammettiamolo.

Da li' siamo andati in un ristorante con la terrazza sul mare. (Con M. Non con l'americano tamarro.)

Dopo abbiamo passeggiato, ascoltando un romanticissimo comizio di Pueblo Soberano (ci sono le elezioni, qui a Curaçao)

E ora faccio lo zaino, che domani vado in Paraguay e comincia veramente la gita seria, mica lo stare in panciolle! 
Rocco e i suo fratelli. Per chi non cogliesse la cit colta.
Informazione di servizio: come previsto, appena e' morto Amilcare, e' arrivato il suo sostituto. Forse, il fratello, o forse il cugino, comunque qualcuno di molto simile, anche se lui ha meno tendenze a volarti in faccia. Sta tranquillo dentro gli armadi e i cassetti della cucina, e striscia fuori mentre fai i piatti, ad esempio. 

Sto avendo un sacco di avventure con animali assortiti, da queste parti, e' un buon addestramento:

Ieri un'iguana mi ha zompettato sulla schiena. 
Un ratto mi ha attraversato la strada l'altra notte, vicino al mercato.
Il gatto della casa mi insegue e mi si struscia in continuazione contro le gambe per ottenere cibo (sono allergica ai gatti, ma lui e' adorabile.)
Ho visto un paio di ragni grandini, non molti, e non mi sono paralizzata.
Siamo stati sorpresi in spiaggia al tramonto da una coppia mamma-figlio di cinghiali con la coda a turacciolo, in questo caso piu' che trattenermi dallo strillare ho dovuto trattenermi dal tentare di abbracciarli e finire sventrata, o che so io. 
wikimedia
Ho avuto incontri ravvicinati con granchi, paguri, lucertole con la coda verde fosforescente, uccelli, cani randagi, gattini randagi, pesci, squali (quelli che non ti mangiano), stelle marine e ricci di mare. Ho anche toccato un sea cucumber, che non so come si chiama in italiano e a vederlo sembra un grande pezzo di cacca (letteralmente).
Un pesce volante (vedi foto) ciecato mentre zompettava sull'acqua mi e' finito sulla schiena e li' ho strillato, mentre stavo conversando amabilmente con una coppia gay canadese, Stephane e Steven. Giuro, anche loro giurano di non mentire. Loro mi hanno detto it's ok dear, it's just a flying fish, e abbiamo guardato il pesce ciecato zompettare nell'orizzonte. 

Insomma, l'addestramento alla bestia procede bene, sono fiera di me. 
Insomma si', sono qua, sono ai Caraibi. Per una volta sono lontana da casa (presto lo saro' ancora di piu') e non sono in Asia, non mi succedeva dal 2000, quando sono andata negli Stati Uniti.

Oggi, tra l'altro, e' festa nazionale qui, e' il compleanno di Curaçao, solo il secondo: auguri!

E' una bella sensazione, anche se comunque per certi versi tutto e' piu' familiare che in Asia: alla fine qui sono tutti cristiani. Se vedi un luogo di culto, e' una chiesa, magari di qualche denominazione strana, ma comunque una chiesa. Non ci sono alfabeti incomprensibili. Il creolo locale, il papamientu o papiamento, e' una vitalissima, pazza lingua fatta da elementi spagnoli e portoghesi, soprattutto, con qualche parola olandese nel mezzo: se parli tedesco, italiano e francese, e mastichi lo spagnolo, praticamente capisci sempre il senso generale. Quindi, quel senso di straniamento e di oddiononcapiscounasega e ogguarda, c'e' una pagoda li', e un tempio indu' di la', e una statuetta sporca di zafferano, ma perche' c'e' dello zafferano ah sono le offerte capisco, qui non ti viene veramente. E' diverso, e' piu' caldo e tropicale, ma alla fine questo e' sempre occidente. E' Occidente con tutti i suoi retaggi piu' brutti, perche' in fin dei conti, molti degli abitanti di Curaçao, che sono neri, hanno trisavoli che sono arrivati qui come schiavi. E a me questa cosa fa specie, se ci penso bene. 

Cio' non toglie che comunque questo misto culturale e' interessante, mi piace, per questo mi ha fatto incuriosire del resto dei Caraibi. 

Comunque, cose a caso notate in questi giorni, che sapete che a me piacciono le liste sintetiche:

  1. A Curaçao ci sono spesso feste con musica alta in piena notte in mezzo al niente totale.
  2. A Curaçao le case hanno spessissimo cani da guardia che si fanno impazzire l'un l'altro e fanno cagnara alle 4 del mattino per sport. 
  3. A Curaçao gli autisti di autobus ridono moltissimo e guardano pochissimo la strada.
  4. Curaçao e' popolata di gente con una risata che te fa mori' solo a sentirla. 
  5. Curaçao e' piena di cinesi. Come Prato.
  6. Curaçao e' anche piena di gente che aspetta qualcosa sulle panchine. Per ore. Magari con la maglietta tirata su sulla panza come un Michele Ametrano di verdoniana memoria. Generalmente si tratta di uomini, che le donne c'hanno altro da fare che stare li' a grattarsi. Tipo fare la spesa, fare le mamme e lavorare nei negozi e guidare gli autobus (le donne sono maggioranza tra gli autisti.)
  7. Curaçao e' piena di olandesi che bevono tantissimo.
  8. Le case sono coloratissime e questo secondo me fa meglio di un antidepressivo. 
  9. L'ovest dell'isola e' desolato, secco, vuoto e iper affascinante.
  10. La strada principale a ovest di Willemstad sembra un vialetto d'accesso di una casa americana (maltenuta, ovviamente.)
  11. La frutta al mercato e' enorme, inclusi i miei amati avocado: enormi, ma non gustosi quanto uno se l'aspetterebbe, vedendoli. 
  12. A Curaçao ci sono un sacco di personcine di bella presenza. Uomini e donne, non come in certi paesi dove non c'e' par condicio.
  13. Il bello e' che spesso ti viene servito cibo olandese, preparato da un cinese, con di fianco seduto un indiano che se lo magna e un'ispanica che ti sculetta nella via davanti. Cioe', c'e' di tutto qui, ed e' bello che ci sia. Neri, bianchi olandesi e non, indiani, meticci, ispanici. Di tutto. Bello!!
  14. Molte di queste persone, pero', sembra aspirino a diventare dei gangsta rapper, se sono uomini, e hanno catene d'oro ovunque.
  15. Le donne spesso hanno sederi grandissimi. Robe seriamente enormi, magari montate su corpi altrimenti snelli. Dev'essere considerata una buona cosa a livello estetico questa, perche' la cosa piu' geniale di tutte e' che
  16. a Curaçao pure i manichini hanno il culone e le tettone!!! 
E poi, non strettamente relativo a Curaçao: sono contenta di essermi fatta bruna. Perche' do' un po' meno nell'occhio (anche se comunque in quanto bianca daro' sempre nell'occhio, qui), ma soprattutto non pensano subito che sono olandese. Che qua e' una buona cosa, dato che gli olandesi usano Curaçao come tanti usano Ibiza, in Europa.
Ci sono poche cose piu' fighe che leggere in un'amaca cosi' grande che si puo' stare sdraiati o seduti, in entrambi i casi comodamente.
Ne voglio una attaccata a due angoli di muro, nella mia prossima casa.
Tipo che leggo molto meglio che su un divano o su un letto.
Voglio.
Amilcare e' morto. M ieri se l'e' trovato davanti e l'ha aggredito con lo spray antibestia. Al momento sembrava non avesse funzionato, perche' Amilcare s'e' fatto due risate ed e' planato verso la faccia di M. 

Stamattina pero' l'ho trovato sdraiato a terra in bagno, con tutte le zampette rattrappite per aria.

Povero Amilcare.

Non mi mancherai molto. Ma sono abbastanza certa che presto arrivera' tuo cugino. 
discovery.com
Come avevo gia' scritto qualche giorno fa, in questo anno una delle cose di me su cui devo lavorare e' il mio (pessimo) rapporto con le bestie che non sono mammiferi. Che i mammiferi in genere mi piacciono.
Coi rettili, dipende dal rettile. Gechi e lucertole benissimo, iguana ok, serpenti, magari anche no.
Con insetti e aracnidi siamo messi male. 
Una delle cose a cui mi devo abituare, almeno finche' siamo qui a Curaçao, e' Amilcare. Gli ho dato un nome, cosi' quando me lo trovo davanti che mi sbarra la strada durante le mie pipi' notturne, riesco a mantenere la calma e a dirgli Amilcare, dai, spostati. 

L'altra notte mi ha inseguita. Nella casa abbiamo due bagni. A inizio nottata, stava nel bagno 1. Allora ho aspettato che se ne andasse, e lui in tutta risposta per dimostrarmi il suo amore ha pensato bene di mettersi a volare e planarmi prima su un braccio e poi sul collo. Si', perche' Amilcare e' uno Scarafaggio Gigante dei Caraibi, cioe', proprio una specie di queste parti, e una delle cose che questo tipo di scarrafone fa e' volare, diomadonna. 
Qualche ora dopo, vado nel bagno 2, e Amilcare e' li' che mi aspetta. Stavolta faccio la ganza e faccio pipi' mentre tengo d'occhio Amilcare, e poi torno in camera inciampando nel gatto Sparky. 

La mattina mi sveglio e penso minghia ragazzi che nottata con sto scarrafone che mi insegue. M era gia' sveglio e si stava facendo il te' con gli altri della casa, io apro un occhio, focalizzo sulle piastrelle della camera e li' vedo Amilcare, che mi fissa. In tutta risposta, mantengo la calma, mi alzo e vado via senza battere ciglio.
Natalia 1- Amilcare 0. 
Guardate che per me' e' una vittoria, questa.

Oh, eccomi. Il fatto che abbia scritto pochino e' perche' sono occupata a fare altro, tipo, leggere su un'amaca al vento, con un cane per lato e un gatto miagolante che mi passeggia intorno. Quando non faccio quello, faccio altro, tipo andare in spiaggia, che e' una cosa molto meno intuitiva di quanto si creda, dato che il nostro ostello e' inculato in collina: non c'era molta altra scelta, dato che e' l'unico ostello di tutta l'isola. Il resto dei posti sono tutti resort, una cosa che posso gia' dire dopo qualche giorno e' che 

Curaçao non e' un posto per barboncelli appiedati e spatentati provvisti di zaino. 

Ci sono gli autobus, e' uno di quei buffi sistemi ibridi dove ci sono le fermate ma non si sa mai quando l'autobus arrivera', ne' quanto ti verra' a costare. Quindi, per questo andare in spiaggia e' arduo, come dicevo prima: pero' basta prendere la cosa con filosofia e chiacchierare nell'attesa. Quello che e' piu' fastidioso, invece, e' che alle spiagge si arriva solo con la macchina, quindi nei prossimi giorni ne affitteremo una e andremo in esplorazione.

La natura dell'entroterra, al contrario delle spiagge (bellissime, acqua trasparente e palme e tutto) e' molto piu' arida e dimessa di quanto mi aspettassi, considerato quanto siamo vicini all'equatore mi aspettavo un clima umido e tanta vegetazione. Invece, l'interno e' pieno di alberi rinsecchiti, tanta polvere, catapecchie, cactus e agave, inatteso, insomma. Ovviamente guidano tutti come dei pazzi disturbati, l'altra sera tornando dalla spiaggia il nostro autista d'autobus guidava velocissimo nella notte, raccontando barzellette all'amico che gli faceva compagnia: i due si spanciavano dal ridere, e chiaramente l'autista non guardava dove andava, ma sembra sia sempre lo stile di guida standard, quando si viaggia!

Siamo stati molto fortunati per quanto riguarda i compagni in ostello, abbiamo incontrato due berlinesi in gamba che ci mancano un sacco, perche' sono gia' andati via in Colombia. Tutti e due grafici, tutti e due berlinesi veri, che se ne incontrano pochi: uno di al di qua del muro, l'altro dell'al di la' del muro, entrambi tipi intellettualmente molto stimolanti. Quel mondo germanico che fa si' che in fin dei conti Vienna mi piaccia, insomma. 

Poi c'e' il ventenne olandese di cui vi ho gia' parlato (che e' carinissimo, a parte le lacune di cultura generale e comunque ha una curiosita' che alla lunga lo aiutera' piu' della scuola), e un signore che e' praticamente lo zio di tutti: un tedesco dell'eta' di mia madre, che ogni tot prende e viaggia per il Sudamerica per i fatti suoi, senza parlare spagnolo e con poco inglese, un grande! Anche se ogni tanto mi sembra di essere con uno studente, perche' praticamente con lui facciamo tutti lavoro di mediazione culturale: tipo, quando gli devi spiegare per tre volte di fila che no, non paghera' la commissione su quel prelievo al bancomat, anche se lui e' convinto di si', perche' la Germania a occhio e croce e' Unione Europea e qui tecnicamente pure. A parte lo sfinimento di alcuni momenti pero' e' un buono.
Tutti insieme girelliamo ed e' un gruppo divertente proprio perche' e' cosi' disomogeneo per eta' e interessi, ma alla fine si chiacchiera tutto il giorno e molta della sera. 

L'ostello e' su in collina, come ho detto, e anche lui un po' sgarrupato per restare in tono con l'isola: il suo pregio principale e' la popolazione di cani e gatti, che ti tengono compagnia anche quando tutti sono scomparsi (tipo ora.) 

Domani andiamo a esplorare un'isoletta disabitata qui vicino che si chiama Klein Curaçao, e poi i tre giorni successivi prenderemo la macchina per andare nelle spiaggie piu' belle a fare snorkeling e a diventare scuri, o rossi (nel caso dello zio tedesco.) 

Quasi dispiace di avere gia' il volo per il Paraguay, perche' non mi spiacerebbe andare a Porto Rico o a St. Maarten, mi sta incuriosendo il mondo caraibico. Magari sulla via verso nord, tra qualche mese. Vediamo, dai. (Che e' sempre piu' il mio motto di vita.)
E' quel che ho scoperto ieri. Che noi siamo gentedecultura, e in una conversazione a un certo punto uno se n'e' uscito con un confronto tra Hegel e Socrate (lo so. Non chiedetemi. Con 4 germanici al tavolo si finisce cosi' e a me va bene.)
Lo scambio si svolge in tedesco, e perche' non si senta escluso, traduco la cosa al ventenne olandese.

Parlano di filosofi, sai, Hegel, Socrate...
....
Sai no, Hegel, Socrate, confrontano le idee sul tema xxx (e che ne so, ero mezza ciucca di sonno.)
...
Non sai chi sono? Hegel, Socrate?
No. Non lo so.

Uno dei tedeschi che e' cresciuto in DDR e io ci guardiamo con tanto d'occhi.
No, dico. Questo ha finito il liceo e potrebbe essere ammesso all'universita', rendiamoci conto.
Io so' sconvolta.

Robe scritte offline negli ultimi tre giorni:

Sono all'aeroporto di Duesseldorf, ho dormito pochissimo, M ancora meno, e dorme sulle sedie di fianco a me.
Giusto per capirci: non e' per nervosismo, che non ho dormito. No. Sono crollata come una brava pupa a mezzanotte circa, per poi essere svegliata da una mosca che mi volava in faccia ogni due secondi. Nel frattempo M aveva spento tutto, mi metto quindi a leggere con la lucetta da testa, tipo quella dei minatori, che uso sempre per leggere di notte senza svegliare nessuno. Mi rilasso di nuovo dopo un'ora di attacchi moschiferi. Sento le palpebre pesanti. E proprio quando sono li' li' per spegnere, come in un cartone animato, dall'alto davanti allo schermo del mio kindle cala un ragno. Un ragno che calava cauto e lento, come Tom Cruise in Mission Impossible.
Un ragno grandino, magro, ma grandino, un ragno tipico per una casa di campagna come quella dove stavamo dormendo.
Io gia' ero nervosetta, odio i ragni, ma non potevo mica zompare in giro per la stanza, quindi che faccio: mantengo la calma, sposto il kindle. Lo uso come una racchetta da tennis per allontanare il ragno. Il povero ragno plana fino alla fine del letto, cammina sul lenzuolo con l'aria di chi ha preso una botta in testa e si allontana lungo il muro, la camminata stordita.
Ecco. No, dico, perfetto. Pure il ragno quasi in faccia.
Poi dopo un'altra mezz'ora mi sono ricalmata e ho tentato di dormire, ma mi sono rigirata ogni due minuti, perche' sentivo zampette di ragno immaginarie sulla schiena ogni due minuti.
Lo dico sempre io, che la campagna e' sopravvalutata. Detto cio', nottetempo ho pensato: mi divertiro' di brutto, nelle giungle sudamericane, come mi sono divertita (terrificata, ndr) nelle giungle laotiane con i loro insetti giganti. Dopo la gita laotiana penso che il karma di M fosse a zero, pover'uomo, con tutte le bestiole che gli ho fatto seccare. Infatti ora si rifiuta, a meno che non mi veda proprio paralizzata.
Questa e' una delle missioni della vacanza: non uccidere bestiole e non impanicarsi davanti ad esse. Perche' dai, sono vecchia per queste cose. L'altra e' capire da dove viene questa fascinazione di molti per a) le montagne e b) la campagna per piu' di due (2) giorni.
Om. 

Il Volo

Al check-in avevo notato questa truppa di musicanti di Curacao, pieni di orecchini, strumenti e tute. Le donne magre ma culone, gli uomini palestrati con due spalle cosi'. Ci sediamo in aereo, ci sediamo nelle stupide sedie centrali, io penso: ti immagini se due di questi imponenti individui mi capitano di fianco? No, tipo che mi faccio dieci ore spiaccicata tra loro ed M. 
Finisco di formulare il pensiero, e due di questi cristoni musicanti arrivano ridendo e strillando, e mi si sistemano di fianco. Il tipo di fianco a me e' cosi' grosso che occupa pure un centimetro del mio schienale. 
No, bene. Bene.
Questo batte di gran lunga la fastidiosa vecchia cinese che mi prendeva a gomitate ogni due minuti sul volo per Kuala Lumpur.
Beh. Comunque. Meglio che entri nell'ottica perche' mi attendono mesi di viaggi su mezzi poco confortevoli. Ma odio poche cose piu' dei voli lunghi!
Ragazzi, io ci ho provato a fare la donna flessibile, coi commenti. Sono stata presto riempita di deficienti anonimi che pubblicizzavano vaccate, cosa di cui non ho intenzione di occuparmi mentre sono in gita.

Quindi, i commenti continuano a richiedere la mia approvazione (quindi non arrabbiatevi se non compaiono subitissimo), non richiedo piu' la registrazione pero' almeno una google id. Il che significa che se avete un indirizzo gmail state tranquilli. Mi spiace, ma gli anonimi mi rompono i cojones da morire!
Una cosa prima di tutte: il tedesco che imparerete qui non c'entra una sega, con quello che imparate dai libri.

Sappiatelo.

Per accento, fonetica, e grammatica, la storia e' un po' diversa da quella che sentirete sui libri di tedesco, il che rendera' l'apprendimento di un bel po' piu' difficile che in Germania, secondo me.

Fatta questa premessa, passiamo alle informazioni sui corsi di lingua, su dove imparare il tedesco a Vienna. Sì, è vero che tutti bene o male parlano inglese un pochino, diciamo fino ai sessantenni circa, però non fate come gli anglofoni che vivono qui parlando inglese e basta e non capiscono una cippa di quel che gli succede intorno.

Voi siate fighi, siate integrati, e preparatevi a imparare una lingua che è

* melodiosa solo in alcune bocche
* difficile
* e vi farà sentire particolarmente idioti. Più del turco, meno del cinese, ma comunque un po' idioti vi fara' sentire.

Sappiate anche che tutti si sentono stupidi, quando imparano il tedesco, i madrelingua sanno di parlare una lingua ostica e che crea crisi anche ai migliori, ai più portati per le lingue: quindi, sono almeno comprensivi, generalmente. Possono anche essere terribilmente fastidiosi: meno dei francesi che si irrigidiscono se pronunci male, più degli anglofoni, che sono abituati ai laghi di sangue e alla loro lingua fatta a pezzi da chi la usa per comunicare. I tedescofoni sono una via di mezzo.

Detto ciò, ovviamente tutto dipende dalle vostre disponibilità economiche. La scuola più economica a Vienna credo sia la Deutschakademie, dove la vostra prode (io) ha imparato il tedesco, o ci ha provato prima di diventare autodidatta, con due miseri corsi, tre anni fa. Lì siate consapevoli che voi pagate poco, e che gli insegnanti sono pagati poco. Questo implica che spesso gli insegnanti sono mediocri: quelli bravi se ne vanno appena possono. La mia insegnante, a esser buoni, faceva schifo al kadzo. Quindi, andateci se avete pochi soldi. Ma pochi pochi.

Ho sentito cose buone del centro linguistico dell'università di Vienna, invece. I corsi sono più costosi, ma dicono che siano di qualità migliore. Sempre all'università, ci sono anche i corsi della OEH, l'associazione studentesca di Vienna (solo la mattina, questi.) I corsi si svolgono tutti nel delizioso campus di lingue Altes AKH, uno dei posti dove è molto probabile che troviate me spalmata su una panchina, se è primavera-estate e non sono in un anno sabbatico.

Ci sono poi i corsi delle scuole civiche di Vienna, tipo i corsi del comune che si fanno a Milano. Hanno costo più contenuto, e qualità fluttuante a seconda dell'insegnante – anche se questo a mio avviso vale praticamente sempre.

Altre scuole di cui ho sentito parlare abbastanza bene sono il WIFI, l'Alpha Institut (che pero' pare sia abbastanza caro) e Actilingua. Queste sono le scuole che si specializzano nel tedesco - dunque non quelle dove lavoro io.

Un'altra cosa che vale la pena di sapere e' che il comune di Vienna organizza, dal 2011, un programma che aiuta nell'accoglienza degli stranieri in citta' e offre una sorta di counselling iniziale per quanto riguarda l'organizzare la propria vita in un nuovo paese e in una nuova citta'. Il programma si chiama Start Wien, qui il link alle informazioni in inglese. La cosa piu' importante, tra quelle offerte da Start Wien, e' il Bildungspass, cioe' un bonus offerto a tutti (inclusi noi migranti "ricchi" dell'UE) per pagare un corso di tedesco con gli enti convenzionati, la lista dei quali vi daranno sempre loro. Non so di quanto sia il bonus, quello che so e' che al mio ritorno qui spero di potermene avvalere io stessa, e andare a farmi un ripassino della lingua ostica di cui sopra. Perche' temo che mi servira' ahime'...