...nei giorni intorno alle suddette feste nazionali, se lavori come me, lavori come un cane. La media delle ore di lavoro giornaliere questa settimana è stata di 9,5. Madre mia. Sono morta e ho cancellato l'ultima lezione della settimana perché c'era il serio pericolo che attaccassi la mia studentessa in caso di coniugazione errata di verbi regolari in -are.

Comunque. Insomma, questo mercoledì, il 26 ottobre, era il Nationalfeiertag, cioè la festa nazionale austriaca, il loro 2 giugno. Chiaramente è molto più sfigato come giorno, dato che il 26 ottobre è raro che si possa usarlo per andare al mare, come invece ho sempre fatto, quando possibile, per il 2 giugno. Perché c'è un tempo di merda. E infatti, la notte prima del 26 ha nevischiato, e quando mi sono svegliata ho visto un po' di neve sul dondolo dei (maledetti) vicini di fronte nel cortile, che sono dotati di terrazzo enorme con piante e dondolo. Tra l'altro, quei vicini, chissà che lavoro fanno. Nelle notti di insonnia li vedo svegli con la luce accesa. I pomeriggi di estate, li passano a leggere roba sul loro enorme terrazzo, peraltro senza mai invitarmi, che è cosa piuttosto sconsiderata. Lui ha una criniera leonina alla Riccardo Muti, mi sono quindi fatta l'idea che lavorino nel teatro o come musicisti, di cui questa città pullula come Milano di modelle anoressiche.

Comunque. Lunedì sera, ho attraversato Heldenplatz piena di carri armati, elicotteri, e poveri sventurati militari (qui tra l'altro hanno ancora la leva obbligatoria, che mi sembra un'idea alquanto primitiva) che sorvegliavano il tutto. Considerato che il baffetto di queste parti ha dichiarato l'Anschluss proprio lì, io cambierei posto, però loro no, hanno deciso che si continua a far là - contenti loro... Io ho passato la festa nazionale a riprendermi dal giorno prima, a prepararmi per quello dopo, e sono andata in palestra. Ho vogato per due chilometri e sono riuscita a usare quegli affari dove sembra che fai sci di fondo senza schiantarmi a terra. Mica male. 
Aloo Ghobi Tart
La base per le cibarie di stasera: Aloo Ghobi. Che però poi piazzo in una pasta sfoglia, e in forno. Cioè faccio una torta salata di Aloo Ghobi. Minghia quanto sono glocal

Il fatto è che M è vegetariano con tendenze vegane, e io onnivora con tendenze vegetariane. Cioè, non mangio quasi mai carne, ogni tanto sacrifico dei pesci quando ho voglia di sushi, però per il resto la carne a casa l'ho sempre mangiata quando la cucinavano la mamma o la nonna - entrambe fissate con la fettina almeno una volta alla settimana.

Quindi nel momento in cui sono uscita di casa e sono andata a vivere in Turchia, il mio consumo di carne è crollato. Lì ci sono talmente tante zuppe di legumi e piatti a base di melanzane, zucchine, spinaci e formaggi e verdure varie, che se la carne non ti fa impazzire hai innumerevoli alternative. 

Insomma quindi a livello alimentare ho avuto un'era quasi totalmente vegetariana, senza neanche pensarci molto, dalla Turchia all'arrivo in Austria. Da quando vivo qui, chiaramente evitare le piogge di salsicce è piuttosto difficile: io ci sono riuscita bene, M invece per niente. In Austria la saggezza popolare sostiene che senza carne non è un pasto.

Ciononostante, meno male che c'è internet, con siti come questo, altrimenti sarei una donna finita, proprio. Non sono una di quelle persone che improvvisano bene, mi servono un obiettivo preciso e degli ingredienti. Invidio tantissimo quelli che buttano l'occhio in frigo e in dispensa e se ne escono con robe buonissime, come M. Beati loro!

Un'altra cosa da dire è: non è che a diventare vegetariani si dimagrisce automaticamente, come suggerisce la vignetta qui sopra. Anzi, in tanti si ingozzano di formaggi per compensare, e di aspetto somigliano di più a quelli a destra nella vignetta. Giusto per precisare, eh. Non tutti, ma alcuni anche sì - anche se io quando ero vegetariana pura, ero più magra di adesso. Secca, mai. Figuriamoci. L'ultima volta che sono stata magra magra è stato a dieci anni. Poi mi sono cresciute le tette e il naso, e poi tutto il resto. Ma questa è un'altra storia. 
A me Gheddafi è sempre stato sulle palle. Come amnistiana, so quello che ha fatto, in Libia, e non solo ai libici. So anche come trattava i migranti provenienti da altri paesi africani, quelli che doveva fermare dal lasciare la Libia, grazie agli accordi stretti con uno dei suoi amici del cuore, Silvio. Mi ricordo di aspre discussioni con mio padre, dove io sostenevo che scendere a compromessi con un losco individuo del genere non è degno di una democrazia, e lui replicava, boh, cazzo si ricorda di con cosa se ne usciva per giustificare una posizione di sostegno per un figuro come Gheddafi, solo perché il figuro ci aiutava a tenere lontane le Marate Di Clandestini Che Se No Venivano a Rubarci Il Lavoro/Le Donne/O A Far Chissà Cos'Altro, non importa se con metodi umani o meno, tanto quelli sono forse non tanto umani quanto noi, presumo. Il fatto che mio padre sia morto e mi manchi non significa che talvolta non mi facesse incazzare con atteggiamenti a mio avviso indifendibili. 

Comunque.
A me, Gheddafi non è mai piaciuto. Non mi piaceva neanche Saddam Hussein. Però... Però. Io c'ho sempre un però, che credete. Il fatto è che quando fanno vedere queste immagini, amatoriali o meno, appena precedenti la morte del tiranno, io non è che mi senta tanto bene. Ho appena visto le foto tratte da questi video dove il losco figuro viene assalito dalla folla e linciato, e nonostante lui sia un dittatore che ne ha fatte di cotte, crude e anche di surgelate, a me mi sale l'ansia. Perché è comunque uno contro millemila e mi fa pensare a come chiunque, straconvinto di essere nel giusto, possa cadere nel torto in qualsiasi momento, in preda alla rabbia, alla voglia di vendetta, alla voglia di sfogare la frustrazione e la furia, dopo anni e anni di vessazioni, magari anche di torture, e di difficoltà. Tutti possiamo diventare mostri, assassini, tutti potremmo finire a linciare il tiranno, presi dall'entusiasmo, me inclusa. Io però poi mi chiederei cosa cazzo sono diventata. 

Non mi è piaciuto, quando hanno mostrato al mondo le immagini del controllo dentistico di Saddam Hussein dopo averlo catturato. A cosa serve? Non riesco a non sentirmi non del tutto occhei guardando un tizio che sta per essere fatto a pezzi dalla folla. Non ho mai trovato particolarmente geniale l'idea di appendere Mussolini&co. per poter più comodamente sputare sul cadavere. Non ho esultato quando hanno ucciso Bin Laden, perché resta un'esecuzione extragiudiziale da parte di un paese sul territorio di un altro paese. Lì è un altro capitolo, quello su cosa cazzo pensano gli americani del diritto internazionale - probabilmente che sia una confezione di cartadaculo - da aprire in un altro momento. 

Forse è perché non ho mai provato abbastanza odio, che non posso capire. Probabilmente è perché sono fortunata e sono cresciuta in una vita piena di amore e in un periodo di pace, che non posso capire come si sentono o si sono sentite le persone che procedono ai vari sventramenti, impiccagioni e devastazioni del corpo del tiranno. Però so che, per come sono e con la mia storia, penso che non fare queste cose sarebbe quello che ci eleva davvero, rispetto al tiranno. Quello che eleva davvero è assicurarsi che il tiranno non abbia vie d'uscita, e poi processarlo, e lasciarlo marcire in prigione a vita, assicurandosi che non se ne vada mai. Oppure fare come hanno fatto in Sudafrica, dove però mancava una figura che catalizzasse i sentimenti di odio popolare come in Iraq o in Libia. 

Se sono contro la pena di morte, mi riesce difficile fare un'eccezione, addirittura in questi casi. E se proprio lo volete ammazzare, che abbia diritto a un giusto processo, che si dimostri che adesso si vive in un paese davvero democratico, come dire. Prendetelo vivo, e poi processatelo. 
Non lo so. Ho un grosso problema coi linciaggi, soprattutto. Magari questo fa di me una debole o un'imbecille, o entrambi perché no, però io nell'articolo 5 della Dichiarazione sui Diritti Umani del 1948,  "Nessun individuo potrà essere sottoposto a trattamento o punizioni crudeli, inumani o degradanti", includo pure i tiranni. Per ragioni che non riesco a spiegare, badate. Perché forse è tendere verso questo ideale, che ci rende migliori di un tiranno. Non lo so. Sono perplessa. 
No, perché in effetti finisce invariabilmente nel cestino, credo, qualche ora dopo che lo dai al destinatario. Ciononostante, è importante, sembra che avere un biglietto da visita dia una buona impressione. Questo post è per coloro che vogliono avere un'aria professionale, anche se sono dei cazzari, dentro, e non vogliono mica spender troppo.
I miei biglietti da visita, nelle parole del mio amico P., sont magnifiques. Sono di forma diversa dal solito, perché sono delle mini cards, e sono grandi circa la metà di un biglietto da visita normale. Quelle che ho scelto io le vedete qui a fianco. Sono eleganti, carine e costano pochissimo. Vengono dal fantastico sito Moo Cards, e danno un'aria professionale, nonché avanti, anche alla gente cojona come me. Perché tu a un incontro di lavoro, o a una fiera, arrivi, sfoderi la tua mini card, e ascolti i commenti. Quanto sono colorate. Quanto sono carine. Quanto sono particolari. Ma dove le hai fatte? E intanto ti senti un po' meno come se stessi fingendo di essere un libero professionista, e più veramente come tale. Ecco. O anche no.
Come mi chiedevo qui, ogni tanto qui a Vienna mi assale la domanda: ma io tornerò mai dall'estero? 
Dopo il racconto di miocuggino dell'altro giorno, mi sa che anche no. 

La sua adorabile coniuge - trentenne, che quindi potrebbe osare anche rimanere incinta, nonsiamai - con 10 mesi di anticipo sulla scadenza del suo contratto a progetto, è stata assunta a tempo indeterminato in una delle tante PMI italiane. Bene. Subito dopo, hanno cominciato ad affibbiarle un sacco di lavoro in più, che quindi implicherebbe anche ulteriori spostamenti in giro per l'Italia. Lei, dato che queste cose in più in teoria non le competono, ha chiesto un chiarimento al riguardo. Non è che ha detto non voglio farlo, ha chiesto di avere maggiori informazioni sul tema. 
La risposta dell'adorabile, stronzo capo sessista è stata, testuali parole: "Se vuole può tornare a fare la casalinga." Ah, e anche che deve vivere solo per il lavoro e ringraziare di averlo per sua gentile concessione, mica perché è brava e capace. 
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Vaffanculo. Ma come si permette? 

L'Italia non è un paese per giovani, e lo è ancora meno per le giovani donne, perché gira gente del genere, miope, imbecille e sessista, che ovviamente viene ricompensata da lavoratori scazzati. E' un paese dove ti licenziano se rimani incinta - sono al corrente di due casi certi - e dove ti fanno firmare le lettere di dimissioni in bianco, se hai la mia età. In caso tu abbia la pazza idea, per dirla con la Patty, di fare un figlio e pretendere cose antiquate come la maternità pagata, che su, è proprio antica. 

Più sento questo genere di cose, più vedo come vengono trattati il tema del lavoro e quello della mammitudine altrove, e più mi convinco che in questo momento e nei prossimi anni, tornare a casa è fuori questione. Non esiste. E mi dispiace, perché è casa mia, ma allo stesso tempo, lo è sempre meno, perché in tutto sono tre anni che sono via, e sto diventando adulta qui, e ho iniziato a diventarlo a Istanbul. Mi sto allontanando sempre di più dal mio paese per certi versi, la cosa rende la lontananza più facile. Però la rabbia in pancia aumenta, anche perché non ho molte persone con cui discuterne, qui. Quindi elaboro qua, che devo fare. 

Mia cognata - sì lo so che non è cognata, ma miocuggino è come un fratello e dunque è come se - sta già cercando un altro lavoro. Spero che lo trovi presto. Però checcazzo

Mi sono ricordata di questa canzone qualche giorno fa. Il modo di cantare di Vasco Brondi mi lascia perplessa, però questa mi piace. Tra l'altro mi chiedo anche se e quando tornerò mai dall'estero. Al momento la vedo grigia, ad essere sincera. Mi dispiace sentirmi la strada sbarrata. Facciamo che rielaboro poi. 
Tornata da un uichénd nella ridente cittadina di Brno, Vienna oggi si è presentata col sole. Però è anche buio tipo già alle sette di sera. E andrà a peggiorare. Detesto questo mio essere meteoropatica, perché impedisce ogni mio spostamento troppo a nord, a me non dispiacerebbe un giorno tentare la Scandinavia. Sono cresciuta a Milano, dopotutto, non a Dakar, quindi dovrei essere un po' più abituata di quanto non sono.  

Il fatto è che sto buio mi fa venire voglia di stare in casa, di mangiare biscotti, di guardare Dr. Who mentre mangio biscotti, e se sono proprio rock anche bevendo uno dei meravigliosi tè del signor Willi Dungl, simpatico medico erborista che se n'è uscito con svariate ricette di tè che mi piacciono un sacco. Una delle cose che mi mancheranno (se? quando?) andando via. Insomma sì, tè, biscotti al farro e cioccolato amaro, Doctor Who e Dexter (e M., per fortuna) a tenermi compagnia. Mancherebbe solo un gatto, ma sono allergica. 

Il fatto che il mio compleanno sia proprio in questo periodo dell'anno (che culo, eh??) fa sì che mi ricordi sempre come mi sono sentita negli anni precedenti, e mi fa riflettere su quello. 
Nel 2006, vabbè, lasciamo stare, c'era mio padre in un letto d'ospedale, è finita male e potete immaginare come stessi io un mese prima del malo final. Non proprio benissimo. 
Nel 2007, stavo scrivendo la tesi, avevo lasciato un tizio, ed ero in una sorta di trance accademica, meditando la mia fuga, avvenuta puntualmente due mesi dopo, direzione Istanbul. Stavo stranamente bene, per quanto possibile. 
Nel 2008, ero appena tornata da Kathmandu, e mi aggiravo per Milano sconvolta dalla quantità di gente ricca e macchinoni. Che se hai appena passato mesi in una città come Istanbul dove ci sono ancora i raccoglitori di stracci in certe zone, e poi sei atterrata a Delhi alle tre di notte da sola, e ti sei bloccata sul posto perché i marciapiedi dell'aeroporto erano tutti coperti di gente che dormiva, ecco, se finisci in via Manzoni al tuo secondo giorno a Milano ti senti che c'entri un po' come i cavoli a merenda, e ti senti come Bruce Chatwin a chiederti: che ci faccio qui? 
Nel 2009, ero appena sbarcata a Vienna. Faceva un freddo porco, non conoscevo nessuno, non avevo i soldi per fare molto perché vivere a Milano mi aveva impoverito e non avevo ancora lavoro, M era fuori tutto il giorno a lavorare e faceva troppo freddo per andare al parco. Perplessità, di natura diversa da quella del ritorno a Milano, ma perplessità, mista a depressione, e non per dire. 
2010: stavo meglio. Ancora in fase di adattamento - che volete, qua ci ho messo una vita - però avevo lavoro, studenti, una cara amica e una manciata di conoscenti. 
2011: sto bene. Posso dirlo, sto bene. Non mi sento lo spettro di mio padre pesare addosso costantemente. M sta bene. Ho lavoro a bizzeffe, studenti, abbastanza soldi per andare a yoga e al cinema quando mi va, e soprattutto, ho amici. Sto lentamente tornando ad essere me stessa, cioè colei che ha troppi amici per riuscire a vederli tutti abbastanza spesso, come vorrebbe. Il che di per sé è un problema, ma in pratica, è un problema splendido da avere.  Infatti, per la prima volta dopo anni, l'autunno non mi pesa. Non mi pesa perché ci sto abbastanza dentro da non farlo pesare, anche se fa freddo, anche se è buio, anche se non passerò tutto il mio tempo libero all'aperto sento che forse questa volta non sarò sommersa dai pensieri, finalmente. Con ovvi cedimenti strutturali intorno al 15 novembre, ma chi non ce li ha. 

Brno, a sorpresa, è molto carina. Noi abbiamo dormito in una specie di ghetto di zingari, che è definizione poco gentile, ma rende davvero l'idea di dov'era la nostra pensione. Ma magari di quello ne scrivo un'altra volta. Diciamo che non capitava da tempo che sia io che lui avessimo paura al momento di andare dal tram alla porta di casa. Madò. 
Tutta colpa sua, se mi è venuto il prurito ai piedi, il ballo di San Vito, chiamatelo come vi pare. 
Colpa di Tiziano Terzani, dei suoi libri, e del mio professore di geografia al liceo, il mitico, puntiglioso e irritante professor Silvera, dell'istituto tecnico Artemisia Gentileschi. Puntiglioso, fastidioso professore che abitavi a Milano porta Genova prima che fosse di moda, ti ringrazierò sempre. Perché nell'estate dei miei 17 anni mi hai dato da leggere, per le vacanze estive, Un Indovino Mi Disse e Vado Verso il Capo, che non è di T.T. ma di Sergio Ramazzotti, giornalista milanese, e un ottimo libro di letteratura di viaggio. Colpa tua, prof Clara Stocco, che mi hai fatto innamorare della lingua inglese a 10 anni, con le tue gonnelle tartan e i tuoi capelli corti grigio acciaio da donna del nord. Colpa anche tua, G. F., ex sciroccato del mio passato, che in una torrida estate siciliana mi hai raccontato del passato della tua anziana zia mezza cieca, che fino a un paio di decenni prima girava per il mondo insegnando l'italiano agli stranieri. Questa zia eccentrica che ha vissuto, tra gli altri, in Etiopia e in Libia, ma anche altrove in Africa, mi sembra, non ricordo. Colpa pure di Ilaria, che mentre ero nella fase monastica di scrittura tesi mi ha parlato dei famigerati stage MAE-CRUI, che mi hanno fatto finire in Turchia. Tutta colpa tua, pa', che quando avevo 12 anni hai cominciato a includermi nei progetti di viaggio tuoi e della Genitrice. Magari se non mi aveste portato con voi in Asia a quell'età e poi a zonzo per l'Europa, dormendo pure in macchina come tre pirla, non mi sarebbe venuta questa cosa che più mi muovo e meglio sto. 

In realtà, grazie. A tutte le persone menzionate qui. Molte di loro non possono leggere, perché come disse Vauro quando è mancato Terzani, sono saliti più in alto. Il mitico Silvera figurati se finisce qua. Ilaria è in Malesia, e chissà quando/se leggerà questo post, ma quando lo leggerai, grazie gigia. Grazie mille. Gli altri li volevo ringraziare, così, perché no. 

Devo fare leggere questo post alla Genitrice. Non che lei si lamenti che io sia lontana da casa - non si lamenta mai, è ammirevole, moderna, è avanti, davvero. Sono io che certe volte mi sento una specie di Figlia Ingrata. Fatemi andare a cucinare, vah, che dopo vado al cinema. 

Ah, oggi è il mio compleanno, il numero 29. Sarà quello che mi rende meditabonda. 
Con un po' di ritardo, dato che non è proprio breve - quasi due ore - mi sono guardata una puntata di questo programma di Rai Tre chiamato Presa Diretta, nello specifico la puntata chiamata Generazione Sfruttata. Mi sono sentita chiamata in causa, dato che ho 28 anni, non ho mai avuto un contratto se non a progetto e ho fatto stage assortiti per i miei studi e anche dopo. 

Ragazzi, che depressione.

Un paese sull'orlo del disastro, mi sembra, visto da fuori, e me lo chiedo da tanto. Cioè: com'è che da noi non si sono visti disordini e bailamme come in Grecia? Dove sono gli indignati in stile madrileno? Dove cacchio sono i giovani italiani, perché non si arrabbiano? Mi si dirà, sono troppo presi a sopravvivere. Beh, mica tutti. In tanti sono troppo presi a farsi l'ape, con la generosa Mancetta Maledetta che li tiene nel sonno e nella bambagia. Non sono mai stata una spaccatrice di vetrine, né una manifestante appassionata, il massimo della mia azione politica è stato fare tavolini informativi per Amnesty Italia su cose come la Birmania o le esecuzioni in Cina e negli USA, sulla violenza sulle donne, cose del genere. Però ogni tanto mi chiedo: ma come mai da noi non c'è un'incazzatura su larga scala? Sono tornata in Italia poco tempo fa, e ho sentito un sacco di cose sconfortanti e incontrato tante persone preoccupate. 

Quelli della mia fascia d'età si preoccupano perché non gli rinnovano i contratti, perché li pagano una miseria o non li pagano, perché sono troppo giovani (a 30, 32 anni??? macheccazz'), perché.
Quelli dell'età dei miei genitori si preoccupano perché hanno paura di perdere il lavoro a tre anni dalla pensione e a 54 anni chi ti prende. 
Quelli più giovani di me in tanti casi vanno a farsi i corsi di lingua perché pare che il megatrend di prendere e andare fuori dai confini della terra dei cachi continui, e si moltiplichi. Tipo mio cugino futuro ing, che guarda caso ha pensato bene di mettersi a studiare il tedesco, che non si sa mai. 

Quindi io ogni volta che torno in Italia mi sento emotivamente a casa, ma per tante cose guardo la realtà con gli occhi stralunati di una che dice: "EH?!?" E il fatto è, come dice il ristoratore italiano a Barcellona intorno alla ora e zero-sette del video che ho linkato, è che più tempo passi via da casa, più sei fuori dal nètuòrk di conoscenze che ti garantisce la sopravvivenza, e più è difficile tornare. 
Io a volte me lo chiedo: ma se non ci fosse M, io dove sarei? E se ci penso molto, molto onestamente, cercando anche di non mentire a me stessa, mi dico che forse la risposta è: non in Italia. Comunque. Perché per quanto ami la mia cultura e la mia lingua, che infatti insegno, non ho la pazienza di vivere in un paradosso, perché ho vissuto altrove, dove magari è più sonnolento e meno vibrante, ma non riesco a pensare di tornare in un ginepraio.

Io sono
a) una donna
b) ho meno di 30 anni
c) sono bionda e piuttosto procace
d) sono anche piuttosto intelligente. Modestamente.  
A parte alcuni rari campi, come quello dove già ho lavorato (da precaria) dell'insegnamento ad adulti, cioè l'unico che mi abbia mai pagato qualcosa in Italia, penso che se finissi in una delle tante piccole medie industrie che animano la nostra italica economia, verrei trattata come una porastronza. Perché sono giovane - quindi imbecille a prescindere, che in Italia s'è ragazzi fino a 40 anni - sono femmina, e quindi cazzo ci faccio al lavoro senza sculettare e che non mi azzardi a fare un figlio, e sono pure una rompicojoni, quindi non penso che avrei vita semplice. 
E se mi lamentassi di tutto ciò sarei pure una puritana, che è peggio che dire zoccola nell'italia di oggi. Minuscola volontaria. Sarei considerata una specie di femminista frigida che non si depila la patata, perché mi lamenterei della costante presenza di tetteculi per strada e in TV, per vendere tutto, e pure sul posto di lavoro, per allietare i colleghi. Ahò. Non fa per me. 

Sì. Più ci penso, più sento le notizie da casa, più vedo documentari come questo, e più capisco che anche no. L'Italia non è un paese per giòvini, a mio avviso. Per molti versi neanche l'Austria lo è, ma almeno qui tra uno smadonno e l'altro perché è freddo e buio e c'è il ghiaccio e loro sono psicorigidi e servono i diplomi pure per pulire i cessi, metto da parte un po' di soldini a fine mese, diobòno, e mi mantengo senza chiedere niente alla mamma. 

Fatemi andate a leggere la Dominque Manotti, che è meglio. E voi smettetela di votare sto cazzo di PdL, che ha rotto i coglioni. Che io sono tornata dalla Turchia tre anni fa per fermarli a spese mie e voi li avete votati lo stesso. 

GGGGHH. Io detesto Nanni Moretti, che è un bravo regista ma un tipo saccente, ma da qualche anno, miei cari compatrioti, mi fate sentire così: 




Mi sono appena accorta che, delle inspiegabilmente scarsissime visite al mio interessantissimo blog, molte provengono dalla Germania. E non dall'Italia, dove abitano gli amichetti che assillo su google plàs perché leggano le mie cazzate. Vorrà dire che diventerò come Toto Cutugno. Ci ha un fan clèb, in Germania, lui.  E pare anche in Russia, come si vede dall'immagine qui sotto. 

Pareva troppo bello che durasse l'estate fino al mio compleanno. Quindi, giusto una settimana prima di esso, sono calati buio, vento, gelo e tempesta. Vabbè. Io non mi lamento, perché arrivare al 5 ottobre in maglietta è già di per sé un lusso.

Giovedì, cosciente della tempesta imminente, ho salutato l'ultima studentessa della giornata e sono andata all'altes AKH, di cui ho già parlato. Ho curiosato nella biblioteca di romanistica - troppe cose da leggere in questo mondo, sono sotto stress - e poi sono andata a leggere su una panchina nel parco. La stessa panchina dove avevo incontrato un 96enne qualche giorno prima, una specie di enciclopedia vivente che è nato in questa città quando era ancora la capitale di un impero, signore distinto che mi ha raccontato un po' di cose sue, e che mi ha detto in inglese: "first class German! very good." Chissà se troverei un vecchietto 96enne a Milano, che parla in inglese con gli stranieri. Spero di sì.

Comunque insomma, questa settimana sono (stranamente) culturalmente attiva. Sto leggendo tre libri in contemporanea:

La Polvere del Messico, di Pino Cacucci;
Bien Connu des Services de Police di Dominique Manotti e
Die Arbeit der Nacht di Thomas Glavinic, appena iniziato, e che ovviamente essendo in tedesco e leggendolo a latere prenderà i prossimi 3-4 mesi della mia vita.

Il libro di Cacucci mi piace molto, amo in genere la letteratura di viaggio e l'uomo conosce il paese di cui parla. Scrive in modo vivido dei luoghi che visita, e mi ha fatto venire voglia di andare in Messico, paese di cui non mi fregava una beata fino all'altro giorno, probabilmente perché non ne sapevo abbastanza. Nello specifico, la Baja California sembra un posto che potrebbe piacermi. Chi lo sa. Anche questa storia della mexicanidad impregnata di malinconia mi ispira. Mi piacciono i posti che sono allo stesso caldi e solari ma anche meditabondi. Mica per niente amo la Turchia.

Il libro di Madame Manotti è fantastico. L'ho iniziato venerdì, in pratica, e mi sa che oggi lo finirò. Fantastico, scritto un paio d'anni dopo le sommosse delle banlieue parigine, scava molto nel degrado sociale, negli atteggiamenti della polizia, nonché quello del ministero della difesa, nei confronti dei beur, che hanno poi portato secondo molti all'esplosione della situazione nel 2005. Scritto da dio, storia coinvolgente, molto bello. Al momento è anche attuale, dopo le sommosse di Londra del mese scorso. Probabilmente le dinamiche sono piuttosto simili, c'è sempre di mezzo la questione dell'appartenenza identitaria, di questi disgraziati in tute adidas che si sentono dire dagli "autoctoni" Non Siete Davvero Inglesi/Francesi/CheSoIo e quelli del paese dei genitori che quando vanno in gita gli dicono Sei Proprio Diventato Un Inglese/Francese/CheSoIo. E questi vanno in sbattimento e s'incazzano. Specie se non trovano lavoro, come adesso.


gli sbarellati di Sommer In Orange
E poi ho visto Sommer in Orange, una commedia tedesca - sì, esistono, non fate quelle facce lì - molto carina, su un gruppo di arancioni che da una comune berlinese decidono di spostarsi in Baviera, nelle campagne, per aprire un centro di terapie alternative. Potete immaginarvi come funziona bene nella Baviera cattolica di inizio anni '80, crisi di identità della figlia undicenne che decide di vestirsi come i mocciosi fasciocapitalisti e di mangiare carne; varie gag carinissime e adorabili prese in giro di tutto quel mondo un po' naif del periodo. Fan tenerezza. A me gli hippie sono sempre stati simpatici.

Ora vi saluto, perché vado al MUMOK con M, e poi a farmi un caffècontorta da qualche parte. Si comincia con l'intrattenimento da scheisswetter, come lo chiamano qua. Tempodemmerda, per voi profani. Almeno c'è qualcosa di bello da fare!