Tornata da un uichénd nella ridente cittadina di Brno, Vienna oggi si è presentata col sole. Però è anche buio tipo già alle sette di sera. E andrà a peggiorare. Detesto questo mio essere meteoropatica, perché impedisce ogni mio spostamento troppo a nord, a me non dispiacerebbe un giorno tentare la Scandinavia. Sono cresciuta a Milano, dopotutto, non a Dakar, quindi dovrei essere un po' più abituata di quanto non sono.
Il fatto è che sto buio mi fa venire voglia di stare in casa, di mangiare biscotti, di guardare Dr. Who mentre mangio biscotti, e se sono proprio rock anche bevendo uno dei meravigliosi tè del signor Willi Dungl, simpatico medico erborista che se n'è uscito con svariate ricette di tè che mi piacciono un sacco. Una delle cose che mi mancheranno (se? quando?) andando via. Insomma sì, tè, biscotti al farro e cioccolato amaro, Doctor Who e Dexter (e M., per fortuna) a tenermi compagnia. Mancherebbe solo un gatto, ma sono allergica.
Il fatto che il mio compleanno sia proprio in questo periodo dell'anno (che culo, eh??) fa sì che mi ricordi sempre come mi sono sentita negli anni precedenti, e mi fa riflettere su quello.
Nel 2006, vabbè, lasciamo stare, c'era mio padre in un letto d'ospedale, è finita male e potete immaginare come stessi io un mese prima del malo final. Non proprio benissimo.
Nel 2007, stavo scrivendo la tesi, avevo lasciato un tizio, ed ero in una sorta di trance accademica, meditando la mia fuga, avvenuta puntualmente due mesi dopo, direzione Istanbul. Stavo stranamente bene, per quanto possibile.
Nel 2008, ero appena tornata da Kathmandu, e mi aggiravo per Milano sconvolta dalla quantità di gente ricca e macchinoni. Che se hai appena passato mesi in una città come Istanbul dove ci sono ancora i raccoglitori di stracci in certe zone, e poi sei atterrata a Delhi alle tre di notte da sola, e ti sei bloccata sul posto perché i marciapiedi dell'aeroporto erano tutti coperti di gente che dormiva, ecco, se finisci in via Manzoni al tuo secondo giorno a Milano ti senti che c'entri un po' come i cavoli a merenda, e ti senti come Bruce Chatwin a chiederti: che ci faccio qui?
Nel 2009, ero appena sbarcata a Vienna. Faceva un freddo porco, non conoscevo nessuno, non avevo i soldi per fare molto perché vivere a Milano mi aveva impoverito e non avevo ancora lavoro, M era fuori tutto il giorno a lavorare e faceva troppo freddo per andare al parco. Perplessità, di natura diversa da quella del ritorno a Milano, ma perplessità, mista a depressione, e non per dire.
2010: stavo meglio. Ancora in fase di adattamento - che volete, qua ci ho messo una vita - però avevo lavoro, studenti, una cara amica e una manciata di conoscenti.
2011: sto bene. Posso dirlo, sto bene. Non mi sento lo spettro di mio padre pesare addosso costantemente. M sta bene. Ho lavoro a bizzeffe, studenti, abbastanza soldi per andare a yoga e al cinema quando mi va, e soprattutto, ho amici. Sto lentamente tornando ad essere me stessa, cioè colei che ha troppi amici per riuscire a vederli tutti abbastanza spesso, come vorrebbe. Il che di per sé è un problema, ma in pratica, è un problema splendido da avere. Infatti, per la prima volta dopo anni, l'autunno non mi pesa. Non mi pesa perché ci sto abbastanza dentro da non farlo pesare, anche se fa freddo, anche se è buio, anche se non passerò tutto il mio tempo libero all'aperto sento che forse questa volta non sarò sommersa dai pensieri, finalmente. Con ovvi cedimenti strutturali intorno al 15 novembre, ma chi non ce li ha.
Brno, a sorpresa, è molto carina. Noi abbiamo dormito in una specie di ghetto di zingari, che è definizione poco gentile, ma rende davvero l'idea di dov'era la nostra pensione. Ma magari di quello ne scrivo un'altra volta. Diciamo che non capitava da tempo che sia io che lui avessimo paura al momento di andare dal tram alla porta di casa. Madò.
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