Allora: io sono anni, che lo vado dicendo. Sono anni, che dico che se il mio adorato professore di geografia, a scuola, non mi avesse dato da leggere Un Indovino Mi Disse, quando avevo quindici anni, la mia vita sarebbe stata tutta diversa. Forse avrei sposato un ragioniere di Buguggiate, invece che andare in Turchia, e incontrare un programmatore con tendenze anarchiche e mezzo vagabondo.

Ai miei piaceva viaggiare, e a volte, mi portavano con loro. In Messico, Brasile e Indonesia non mi avevano portato, e io mi ero legata così tanto la cosa al dito che poi mi hanno portato sempre, anche se costava di più. Però. Loro, giustamente, essendo una coppia di persone normali, con una figlia e dei lavori che li stancavano, giustamente quando andavano in gita volevano stare comodi e riposarsi e imparare cose del paese dove andavano, che è il motivo per cui mio padre ha sempre trovato delle straordinarie guide locali che ci spiegavano tutto lo spiegabile. Mi diceva, mio padre: meglio risparmiare su cose come i vestiti e le cose da casa, per investirli in libri e viaggi. Lo faccio ancora adesso.

Quindi partivo da una base di gita, comunque, rispetto a tanti altri che ogni anno andavano in Calabria a trovare il nonno o sempre nello stesso stabilimento a Milano Marittima. Io a volte li invidiavo, quelli, perché loro avevano amici per l'estate e io no, però ora non li invidio più. Perché io vivevo un sacco di avventure in posti dove non capivo bene la lingua. Scoprivo che in Corsica c'era un deserto e che si può bere l'acqua di fiume, subivo le avances scherzose di un cameriere che mi ha servito il mio primo cous cous a Parigi, mangiavo pesce pescato dai nostri vicini su uno scoglio nel Dodecanneso, e a volte finivo a dormire in macchina nella brughiera scozzese con i miei (erano diventati più avventurosi con l'età, non meno, e a un certo punto hanno deciso che le prenotazioni alberghiere erano sopravvalutate.)

E quindi: che c'entrano i signori Tiziano ed Angela Terzani?

Molto.

Perché lui mi ha dato una spinta enorme nella curiosità verso l'Asia. Ho iniziato con quel libro, e poi li ho letti tutti. Ho letto di come viaggiava con i mezzi pubblici, di come parlava con le persone, di come mangiava solo cose del posto, e ho notato che, pensa un po', era ancora vivo e senza malattie tremende nello stomaco. Quindi, mi sono detta: se può farlo lui, posso anche io. E' a causa di quel che ha scritto lui che volevo vedere Melaka e i suoi fantasmi, in Malaysia. E' per le sue parole, che voglio andare in India, in Cina, anche se so che quello che vedrò io è lontano anni luce da quel che ha visto lui. Il suo libro sulla Cambogia è, per quanto possa esserlo un libro che parla di un genocidio, magnifico. Andrebbe letto da chiunque sta per andare lì, per capire bene il livello di orrore passato da quella gente. 

Il fatto è che negli ultimi sei mesi ho anche letto (sto leggendo ora quello sulla Cina) i due libri scritti dalla moglie, Angela. Ecco: sono capitati nel momento perfetto della mia vita. Perché è veramente una donna forte, lei. Ha tirato su due bambini, girando il mondo e senza cadere nella trappola della moglie "a rimorchio". Ha tratto vantaggio dal seguire suo marito, invece che annoiarsi e fare la dama di beneficenza, ha imparato, ha letto, ha scritto, ha incontrato persone e ha fatto domande, e ha tenuto questi diari bellissimi. Vorrei tanto che pubblicasse anche quelli della Thailandia, quelli dell'India, perché per me, in questo momento della mia vita, sono quasi più interessanti di qualsiasi cosa che abbia scritto Tiziano Terzani. 

foto: Fondazione Baracchi
E' una sorta di mentore mentale, come lo sono tante donne più grandi di me, e con esperienze di scampanamento e radici aeree come sta succedendo a me. Io voglio molto bene a mia madre, ma in questo purtroppo non mi può capire. Adora sentire i miei racconti della mia vita qui... Ma non verrà mai a trovarmi, non so se mi spiego. 

E' per questo che amo così tanto i libri di Angela Terzani Staude, è per questo che a volte mi piace parlare con donne che sono più grandi di me, e che però hanno una testa e un vissuto più simili ai miei. Il libro autobiografico di Isabel Allende è lì che aspetta per lo stesso motivo, anche se nel suo caso lo sradicamento non è stata una scelta, in realtà, quindi è molto diverso.

Ieri ho letto un passaggio, nel libro sulla Cina della signora Angela, che mi ha colpito così tanto che quella pagina ha una tripla orecchia, ora. Ve lo scrivo. 
Ho parlato con Firenze. [...] Non volevo telefonare. Questo spiraglio che d'un tratto si apre su un mondo lontano mi turba sempre. Per un attimo pare di toccarsi con la mano, la voce nell'orecchio illude, le parole richiamano immagini familiari: il settembre toscano, la luce sulla campagna dorata. E subito lo spiraglio silla Toscana si richiude. Trovarsi sempre lontani da chi ci conosce, ricominciare sempre daccapo a cercare un simile, questa è la nostra vita. C'è voluttà nel distacco e una grande aspettativa nell'arrivare a una nuova meta, che però è inappagabile sul piano umano. Abbiamo scelto una vita nella quale niente diviene consueto e familiare, una vita senza riti, come le visite ai parenti o il pranzo di Natale. E' il prezzo che paghiamo. Ogni giorno apriamo gli occhi su un mondo nuovo e facciamo della meraviglia il nostro mestiere.
Ecco. Appunto. 
Poi mi dico che le mie amiche a Vienna, che mi mancano così tanto ora, non le avrei conosciute, se non fossi mai partita... Però. Però. 
Da Facebook: un amico ha apprezzato molto la mia reazione a questo commento letto oggi sulla Gazzetta nel meritato cazzeggio pomeridiano: 
L'Uruguay ha subito il nostro palleggio ma quando ripartivano lo facevano con una velocità impressionante. Il nostro calcio non produce questi giocatori e devi inventarti qualcosa di diverso. La riflessione sul calcio italiano è ampia.
La misurata, e apprezzata, reazione della vostra beneamata, che guarda da lontano e in fin dei conti ora tiene Uruguay comunque, seguito da Cile ed Argentina:
Bello essere apprezzate. 
Hai visto mai che torno a vivere in Italia. Calci nel culo, niente gnocca e una muta di pitbull, più qualche militare thailandese, saranno la mia ricetta. E ovviamente: 'taca la bala! Come diceva il mitico Helenio Herrera. Che tra l'altro sembra un personaggio uscito dai fumetti di Mafalda, con quella faccia. E che chiaramente sapeva quel che faceva, guardate quante coppe tiene in braccio, voglio dire. 


L'arbitro ha rovinato tutto? Ma se si è paracarri da sé, l'arbitro non serve.


Siore, siori... A grande richiesta, dopo settimane di encefalogramma piatto e svariati messaggi di reclamo tra cui uno molto pucci
Mi manchi!
di Valentina 
e uno meno pucci ma in fondo sempre molto affettuoso, 
Dove minchia sei finita?
dell'esimio futuro, o forse già, padre Manoel O. Dias, mi rifaccio viva. 

Alla fine, sono più di quattro mesi che vivo qui e non vi ho praticamente raccontato una sega. Vergogna! Infatti nessuno leggerà questo post, giustamente ;) 

Ma insomma, per coloro a cui interessa... 

Punto uno: trabagghiu. Saltatelo se volete, non mi offendo. Là ci sono foto, qua no :D 

Ho lavorato, con i nani. Questo lo sapete già. E' stata un'esperienza devastante ma anche interessante, e soprattutto, mi hanno offerto un lavoro per il prossimo anno accademico. A me. Che praticamente per il mio approccio da Rottenmeier sembro praticamente Crudelia DeMon, a un bambino thai - sarà che tra un momento Crudelia e l'altro, che poi non è Crudelia ma solo chiarezza tipo no, bambino, non è occhèi spintonare quell'altro cosetto perché hai il gioco che vuoi tu ora, e lascia anche che ti ricordi che anche se tua mamma ti dice il contrario non sei un genio, e non avrai amici se ti comporti da stronzetto già a tre anni, regredisco anche io ai tre anni a fine lezione, e a volte le mamme aprono la porta trovandomi ricoperta di bambini, strillando forza Ryu, su con le gambe, così sembri Superman! Yuhuuuuu!

Quindi: ho un lavoro, a partire da agosto. Un lavoro che mi dà un visto, un permesso di lavoro, probabilmente anche un esaurimento a fine anno e tre polmoniti, ma anche delle vacanze di Natale per andare a trovare la mamma e udite udite due mesi di ferie pagate. Lo so che per gli insegnanti normali è così che funziona, ma io quando me l'hanno detto stavo svenendo.

Cioè: io posso andare in Italia, posso andare a fare il giro della Turchia, un corso di yoga intensivo in Sri Lanka, e voi mi pagate? dico io.
E il signore dell'ufficio personale: sì.
Io: ...capisco. 
Lui: Ah, e naturalmente anche malattia e assicurazione medica. 
Io: ...capisco.

Riassunto: mi vendo, ragazzi. Per la prima volta, mi vendo ad un lavoro che non è quello che mi piace, ma che intorno a sé ha condizioni che per me hanno del fantascientifico. Ho anche un capo. Ma è la versione thai-cinese di Mary Poppins ed è dalla mia parte. Ho anche un capo malesiano, che è dalla mia parte. Poi ho anche un sacco di colleghe asiatiche che mi confondono (la loro fissazione per le variazioni di peso della gente che ci circonda è francamente preoccupante), ma sono bravissima ad ignorarle. Tanto, vivo con uno che non è mio marito, ho un buco al naso, tatuaggi, e mi rifiuto di svegliarmi prima del necessario per truccarmi. Quindi praticamente sono una bestia strana a prescindere, e in più non ho neanche una religione, quindi non sanno proprio cosa fare con me. Quindi mi dicono: teacher, sei dimagrita! E io gli dico, beh, capita quando gestisci i più piccoli di tutta la scuola e non hai tempo di mangiare. Meno calorie + corse e sollevamento pesi = dimagrimento garantito. 

Sto lavorando in una scuola di lingue per la pausa estiva, il lavoro è tanto più fico e tanto più quello che amo, ma pagano meno e hanno orari di lavoro del cazzo. Quindi per quest'anno resto dai bambini, e quando ho un po' riparato al cazzeggio finanziario del viaggio, rifletterò su come affrancarmi da sveglie alle sei, capi, e bambini di tre anni, per tornare al mio mondo di: adulti, niente capo, lavoro quando dico io (e naturalmente niente visto,  niente malattia e niente ferie pagate. Ahem.)

Quindi, fine del capitolo lavoro. 

Punto due, più interessante: la vita a Bangkok. 

E' intensa, la vita a Bangkok. Secondo voi, perché non ho scritto un cazzo? Perché ero in giro, signori miei. 

Arte di strada, nella mia strada.
A vedere mostre d'arte, di strada e non. 

Farfalle e neon incastrate in un banyan, alla Jam Factory (Thonburi, Bangkok.)

Thavibu Gallery (Silom, Bangkok)

Thavibu Gallery (Silom, Bangkok)

Thavibu Gallery (Silom, Bangkok)
W District, Phra Kanong, Bangkok

W District, Phra Kanong, Bangkok

W District, Phra Kanong, Bangkok
Ero impegnata a guardare i colori assurdi che prende il cielo di questa città dopo un temporale coi controcoglioni, di cui ce ne sono sempre più dato che sta arrivando il monsone. 

Dal mio balcone, sei e mezza di sera, niente filtro. 
Sono andata in Malesia per rinnovare il mio visto da turista. 

L'unico modo di sopravvivere a 24h di delirio.
 Sono andata a Chiang Mai perché se stai sempre a Bangkok ti dimentichi di essere in Thailandia.

Uno dei templi centrali di Chiang Mai. Non chiedetemi quale, su.
Sono andata per musei, perché anche lì ti ricordi meglio che sei in Thailandia.

The Bangkokian Museum (Silom, Bangkok)
Sto studiando il thailandese, con risultati discreti che sarebbero ottimi se la mia prima lingua veramente asiatica non mi confondesse con il suo ordine di parole, beh, assolutamente terribile per me.

Ho mangiato un sacco di cibo, thai e non. Soprattutto indiano e giapponese, perché qua non costa tanto. E io godo come una riccia, perché sono tra le mie cucine preferite del globo.

Sushi per un pranzo solitario e semi-economico.

Soba e tempura di gamberi, con wasabi e uovo di quaglia a latere.

Cibo giainista di fianco al tempio di Sri Mariamman (Silom, Bangkok.)
E poi ho fatto, e faccio, tanto yoga, perché in una città così grande è meglio avere qualcosa che ti calmi un attimo.

Non ho scritto, perché sto cercando di trovare una dimensione di amicizia che vada oltre le chiacchiere, cosa difficile in un porto di mare come questo, dove tutti passano per qualche mese, e poi se ne vanno. Ho incontrato tante ragazze carine allo yoga, ad esempio, ma due di loro se ne andranno presto. 

Però ho anche incontrato quelle che forse posso definire le mie prime due amiche, qui: Yuka, da Tokyo; Elif, da Izmir. Loro sono qui per restare, resistono alla Bangkok sbrilluccicante vestendosi di cotone e usando poco trucco, leggono tanti libri, amano passeggiare e mangiare, e quando sono con loro riesco ad aprirmi un po' di più che ai soliti livelli di stupido chiacchiericcio frivolo, da espatriati. Ho incontrato altre due o tre ragazze con cui penso che potrei intendermi... Che ne so, per me è importante. Per quello cerco di rivedere chi penso potrebbe essere mia amica, piuttosto che andare ad eventi in cui chiacchieri un sacco, ma non parli mai. 

Questo è quanto, ragazzi. Lavoro a parte -- perché fare l'insegnante qui ti espone a quanto di più retrogrado, tradizionalista e conservatore la Thailandia abbia da offrire, per fortuna compensano pagandoti bene perché se no prenderei a testate il muro -- mi piace, qui. 
E' interessante, è stimolante, ho una piscina in cortile che è il motivo per il quale sono permanentemente color biscotto. A Chiang Mai ho detto "ho freddo" perché c'erano solo 23 gradi. Non c'è l'inverno, e i colori delle cose sono saturi e brillanti.
E' in una delle regioni del mondo che preferisco, perché ogni volta che mi trovo a parlare dei paesi vicini mi esalto... E sto anche per andare in Indonesia, cosa che mi esalta assai.
La signora Mou, la signora delle pulizie, oramai è la mia mamma thai, tanto che a volte cucina per noi e mi mostra come fare i vari piatti, e manda i saluti alla mia, di mamma.
Grazie a lei ho iniziato a dipingere e a giocare con i colori, perché il suo lavoro libera molto del mio tempo - stessa ragione per cui M ha preso in mano una chitarra, e avremo un futuro come i Sonny and Cher dei nostri giorni.

La lontananza mi pesa un po', a volte, ma come dire... Dopo il vagabondaggio oramai sono abituata a questa saudade di fondo. Strano a dirsi, ma la maggior parte del tempo riesco a isolarmi dalla frenesia e dall'ossessione per il sesso di questa città (perché il sesso è tanto visibile, esageratamente) e a sentirmi in relativo equilibrio -- intendo dire, mi sento bene con quello che sono. Sono in una fase piuttosto introversa, non so perché, ma la accetto e mi godo la calma che mi porta. Forse è un modo di non farmi sommergere da questa città gigante dove mi trovo.  
Mi rendo conto. 

img: Giphy
Ma: i nani mi hanno distrutta. Io non ho mai lavorato da dipendente, otto ore al giorno sempre nello stesso posto, con sveglia alle sei, sempre.

Ma: c'è stato un colpo di stato, preceduto da una legge marziale, con conseguente coprifuoco.

Poi: quando pensavo di potermela grattare per due mesi, mi è capitato un altro lavoro tra capo e collo.

Quindi: lo so che non scrivo mai. Sono pessima. E ci sarebbero una marea di cose da raccontare! La vita in Thailandia, Bangkok, le scelte discutibili in fatto di stile delle donne di queste parti, che comunque al maschio occidentale piacciono lo stesso, l'essere femmina in Thailandia, il fatto che il '68 non l'hanno ancora avuto e si vede, il cibo, le cerette disorganizzate, i colpi di stato. 

Mille e mille cose.

Così tante, che Natalia è un attimo sbalestrata. E quindi: 


Spero di riprendermi presto.