Sono tornata nelle steppe dell'Asburgica. Le steppe dell'Asburgica mi hanno accolto con: 5C, che per qua è caldo. Cielo azzurro e sole, che per qua è inusuale. Tutto molto bene, quindi. Ma anche con M che mi dice una cosa inaudita: che i suoi livelli di wanderlust sono bassissimi. Pessima notizia. Se i suoi livelli di wanderlust si abbassano e i miei no, prevedo dieta di pane e cazzi amari per l'estate. Sono entrata nell'ottica che la permanenza asburgica durerà ma non indeterminatamente - se mi levate il concetto di limite temporale, io vado in sbattimento. Stasera devo pure andare a fare la socievole perché è il 31 dicembre. Non ne ho affatto voglia dopo la socialità spinta dell'ovile. Mica sono più abituata a queste cose di stare con le persone a chiacchierare così spesso, eh. 
viaggi.guidone.it
Tutta colpa di Pino Cacucci. Se non avete letto La Polvere del Messico, edito da Feltrinelli, cosa state aspettando? Se siete messi come me e non sapete nulla di Messico, a fine lettura avrete voglia di andarci.
In questi giorni sono a Milano, se mi senta a casa chi può dirlo, comunque, qua sono. La wanderlust di questi giorni si è chetata, ma relativamente, quindi continuo a riportare le immagini che mi affollano la testa, mentre mi godo la luminosità milanda e la luce fino alle 17. Che se arrivi da dove arrivo io - buio pesto alle ore 16 - è un lusso. Tra qualche giorno torno a Vienna - mi sembra di tornare nelle steppe uraliche, per come mi sento all'idea. Poi quando sono là mi passa, però uffa. Che buio. 
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In questi giorni sono tornata all'ovile. Notoriamente, all'ovile, quando non ci sei mai, ti riempiono come un otre di cibo e Nebbiolo. Io mica mi lamento, eh. Mangio tutto quello che mi danno e mi procuro quello che non mi danno - gli arancini al burro, ad esempio - e intanto contemplo pigramente la mia wanderlust in giro per l'internette. Le vacanze sono o non sono fatte per questo? Ecco, nella mia eventuale gita, se voglio che sia lunga, Kyoto e compagnia bella, me li sogno. Non c'ho le finanze - o meglio, polverizzerebbe troppe finanze, e io sono sempre per lo stare in giro tanto spendendo poco, invece che per i uichènd a quattro stelle. Dei link a foto belle dal mondo sono il top che il mio cervello sovranutrito riesce a produrre, scusate eh :)
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La wanderlust non accenna a diminuire. Poi vedo foto come questa e mi dico: anche io! Anche io! Ah, una volta o l'altra... Prendo e vado. Serena. Che tanto c'è la crisi e lavorerei poco comunque. Ma finché il lavoro c'è, pazientiamo e accumuliamo. Scaltre come faine.
E' solo che l'autunno mi butta giù. O meglio, inverno, chiamiamolo inverno che tra tre giorni ci siamo - anche se, ragazzi, meraviglia, a Vienna ancora niente neve e siamo ancora quasi costantemente sopra 0 gradi. Splendido. 

Sì ecco in questo lungo periodo, durante il quale i miei ferventi lettori sicuramente si saranno dannati l'anima chiedendosi dove diavolo sono, beh, ho lavorato come una poraccia - che in autunno è normale, e per un frilèns cosa benvenuta, dopo la povertà estiva e la privazione natalizia. Che quando gli altri sperperano a comprare minchiate, noi insegnanti si lavora di meno e per fortuna che sono una specie di senzadio che non fa regali di Natale a nessuno e non ne vuole ricevere. Se no sto mese il mio guadagno era a tipo -qualche€. Ecco sì, lavorato bene e anche troppo, dormito, pochissimo, tossito, moltissimo, cancellato lezioni perché non mi reggevo in piedi, qualche volta, ma non tanto quanto l'anno scorso. Il potere suo, è quel che devo ringraziare per questo. 

E poi sì, insomma, sono annoiata. Un pochino. Il mio spirito di osservazione è abbioccato, ma mi sono successe un paio di cose interessanti che prevedo di raccontare qui, una delle quali riguarda un enorme giovane africano che mi ha inseguito correndo sulla circonvallazione di Vienna dandomi della troia razzista perché l'ho guardato male quando ha provato ad approcciarmi per strada, invece che lasciarmi raggiungere casa mia e il mio cibo che aspettava di esser divorato in due secondi netti prima della prossima lezione. Io di solito parlo ai pazzi e agli svalvolati e ascolto tutti, ma non quando ho fame e fretta e freddino. Lui, un elegantone, eh. Elaborerò meglio. Testadicazzo. Ha beccato la tipa sbagliata per fare la vittimadegliaustriacipocoamichevoli.
Però ora taglio qua. Perché sto leggendo un articolo fighissimo e lo voglio finire, e sono pigra. 

C'ho il prurito ai piedi. Leggo di tutti 'sti barboni che viaggiano lavorando, preferiscono chiamarsi digital nomads che fa più figo, e io qua, in Asburgica, da molto, mooolto più tempo del previsto. Noto il prurito ai piedi da quanto spesso visito Lonely Planet e Kayak, e dalla frequenza di lettura di libri di Tiziano Terzani o Pino Cacucci. Stupido cervello! 

'sti giorni sto così. E' calato l'inverno. Le massime sono a tre vertiginosi gradi. Alle quattro e mezza fa buio, e la mattina quando mi sveglio non ci ho voglia di andare in ufficio. Questa è la stagione in cui mi rendo conto che io adoro insegnare, e che stare al computer mi fa sminchiare da morire, che non ci ho voglia di avere giornate lunghe 12 ore perché non dormo e i miei ritmi sono sballatissimi. Ugh. Scazzo cosmico. 
E poi sono andata a Londra a passare il uichènd con uno dei miei migliori amici e c'ho le stesse malinconie che mi vengono dopo che saluto mia nonna - ora che ci penso, glielo dovrei dire, sono certa che lui si rallegrerebbe di essere importante per me quanto mia nonna. Comunque. A Londra c'erano a) 10C più che qui, b) persone che mi parlavano a caso nella metro e in aereo c) meno gente col grugno. Mi sa che è l'inverno viennese che ti cala addosso come un coperchio di ghisa. Altro che Milano. Però sempre meglio di Novosibirsk, o anche solo di Berlino. Consoliamoci così, che altro fare?
per molti. Per me no. Quando per settimane ogni notte vai a dormire non prima di mezzanotte, fiducioso che puoi dormire fino alle 7.30, e poi ti svegli alle 3.30 o alle 4 per non dormire più e stare lì in compagnia del tuo cervello che non fa altro che pensare invece checazzodormire, dopo un po' cominci a non aver voglia di fare molto. Ti trascini al lavoro, che sei frilèns e se non lo fai sono cazzi per il tuo portafoglio, e poi non pensi ad altro che al momento dolcissimo in cui tu dormirai. Momento che dura sempre meno di quanto dovrebbe, diocaro. Hai una faccia di merda al lavoro, fatichi a concentrarti e i colleghi si dividono tra quelli empatici, carini, che ti dicono oh ma dai ma non riesci a trovare una relazione tra i cicli di insonnia e la tua vita per lavorarci sopra? e cercano di confortarti, e quelli che no. Che ti guardano come se fossi un cojone, quando ti aggiri mezzo rincoglionito senza neanche essere stato a un festone la notte prima. Ecco, quelli lì mi fanno incazzare, perché ti guardano sempre come se dicessi una cazzata, quando gli spieghi che sei un po' out of sorts perché non hai dormito. Che venga a loro questo problema, poi vediamo che faccia fanno. Ma in un paese di mattinieri incalliti mi sento generalmente poco capita.

Sono a casa alle ore 10.30 del mattino. Ho tentato di lavorare e siccome sono una persona onesta, non ho voglia di farmi pagare mentre lavoro a mezzo ritmo e non capisco una bega di quel che faccio. Quindi ho detto alla "capa", che di capi veri non ne ho, che me ne andavo. Lei fa parte della cat.2, mi sa. Che epidermico fastidio. Se dormo mi passa, forse, però chemminchia. Quindi lavoro perso, pranzo con amica annullato, la lezione di oggi pomeriggio però la faccio, giurin giurella. E se dormo vado anche a yoga invece di tornare a casa sperando in una pennica prima della cenadifamigghiasburgica che oggi eviterei volentieri. Che sono ardue pure quando sono sveglia.

Vi lascio con una diapositiva della sottoscritta con l'aspetto odierno. 
Ugh.
Buonanotte. 

Hai perso di nuovo tutti i blog che seguo. Ma che diavolo di reading list è se me la scancelli un giorno sì e l'altro pure, eh? EH?


Fine di questo post ad alto livello intellettuale. Della mia intellettualissima visita guidata con uno storico al museo ebraico di Währing scriverò un altro giorno. Pennica.

Made in Iceland è un video di Klara Harden, giovane donna di cui non so nulla, a parte che è autoctona di dove abito io. Cioè austriaca. E che è tosta. Con M abbiamo visto questo video qualche giorno fa e mi è piaciuto un sacco. 
Mi sono piaciuti moltissimo i paesaggi islandesi, naturalmente, il montaggio, le musiche. Ma soprattutto, mi è piaciuta lei. Mi piace un sacco la Klara, che con la sua giacca rossa, lo zaino e ventisette telecamere, prende e va in giro a piedi per l'Islanda completamente da sola per 25 giorni. Brava, perbacco. Io non reggerei per più di un giorno, credo. Uno, per la fatica fisica. Due, se passassi tutto quel tempo da sola darei fuori di matto, garantito. Però lei si è fatta questa mega passeggiata, e ne ha fatto un video bellerrimo. Brava donnola intraprendente. Guardatevelo, non ve ne pentirete. 

Oggi il mio ipino ha messo questa, e mi sono ricordata di quella volta che in porta Genova ho incontrato Bunna degli Africa Unite, nasone e cannadotato. Bei momenti d'adolescenza.
La maggior parte degli italiani che mi vengono in mente in questo momento, quando gli nomini il concetto di "francesi", storcono il naso e iniziano a snocciolare commenti su quanto essi siano fastidiosi, spocchiosi, antipatici, arroganti, sciovinisti, nazionalisti e poco gentili. Mezza Europa, che dire, le parti del globo dove sanno dov'è la Francia e dove hanno avuto a che fare coi francesi, a dire il vero, pare sia d'accordo. Ah, e la loro cucina è sopravvalutata - punto su cui, sinceramente, mi trovo piuttosto d'accordo, ma de gustibus

Però, anche no. Non per la cucina: per il resto. Sarà perché i periodi passati all'estero li ho passati sempre in posti di cui sapevo relativamente poco, il mondo turco prima, e ora quello germanofono, dove c'entro come i cavoli a merenda. (Parentesi: io nasco come italica quasi da subito anglofona, con una sbandata francofila a partire dai quindici anni circa. Germanofila, forse per cinque minuti undici anni fa, poi la fonetica ha vinto e mi è passata.) 

Insomma, il concetto è: quando ci hai intorno cose e culture dove davvero non c'entri una cippa, finisce che cominci a notare le cose che ai francesi, agli spagnoli, e in genere agli altri latini, ti accomunano, invece che quelle che ti separano. Il vino contro la birra, l'olio contro il burro, la favella debordante e a volume piuttosto elevato, queste robe qua. Ti rendi conto che in realtà il mondo delle lingue romanze è tutto una grande cousinade, e dopo decenni di disinteresse completo, sfinita dal tentativo di imparare il tedesco comediocomanda, decidi di imparare lo spagnolo almeno un pochino, e ti esalti perché dopo pochi mesi già te leggi un romanzino di Eduardo Mendoza, se ti impegni. 

Per quanto riguarda i francesi, forse io la vedo così perché le conoscenze francesi che ho sono tutte di francesi all'estero, molti di loro sono del sud, e sono anche francesi piuttosto atipici perché non si rinchiudono nel loro mondo di consolati e istituti di cultura, ma si mischiano con noi terroni di più giù, divertendosi un mondo. I francesi che conosco io, di solito, ti raccontano della fauna da liceo francese con l'aria poco convinta, e spesso te lo raccontano pure in italiano. Boh. A me l'idea della cuginitudine tra latini diverte molto. Parlo dei francesi, qui, semplicemente perché di spagnoli ne conosco pochini, anche se quelli che ho incontrato mi ricordano gli italiani molto più di quelli d'oltralpe. Mi fan pensare a degli italiani all'ennesima potenza, quanto a decibel, per esempio. 

Vabbè. Smetto di dire cacate e vado a stendermi che non dormo decentemente da giorni. Vi lascio con una diapositiva della cuginitudine, suggellata da due esponenti delle due nazioni prevalentemente citate qui, esponenti che si distinguono per affabilità e simpatia. Carlà, Nicolà e Giulià, grazie di aver suggellato la cuginitudine e aver fatto incazzare Marine Le Pen dando un nome italiano alla figlia del presidente francese. Per questo, mi state un filino meno sulle palle di prima. 
Questo è quel che succede, quando in meno di una settimana vengono a trovarti a casa prima un francese e poi un'italiana. Si cucina. Si beve. Si dà sfogo alla logorrea e alla sociosoap di analisi sociale di noi ggiovani all'estero, si dice aah ma gli italiani che fastidio con ste menate del saper vivere quando vengono qui e aaaah i francesi che noia con questa loro spocchia della grandeur e che stan sempre tra francesi e anche aaaah però quanto siamo cugini noi delle alpi su ad ovest, molto più di questi su di qua; e aaaah però poi tra Milano e Puglia sono due mondi diversi per tante cose e però per tante siamo tanto simili. E ammore ammore ammore, insomma. E vinello. 

Poi il giorno dopo si va in giro pallidi con la collega che ti rimpinza di mandarini perché hai l'aria di doverti riprendere, e gli studenti che ti chiedono se vuoi far la lezione di mezz'ora più breve... 

Eh, vabbè. Però mentre magni e ciacoli, è geniale. Mi servono più bevitori di rosso tra i miei amici. Hanno rotto la birra e il bianchino che mi dà il mal di pancia. 
Ciao, Papi? (e Forza Panino, anche.)
Hai visto mai che Silvio va a casa? E hai visto mai che stavolta ci resta pure? Ragazzi, per me trattasi di cambiamento epocale. Mi cambia il paradigma di riferimento alla politica. Quest'uomo - astuto come una volpe, pericolosamente intelligente e per niente cojone come la gente ama ritrarlo, secondo me - è entrato in Parlamento la prima volta che c'avevo dodici anni. Dodici. Tipo che ancora mi stavano crescendo le tette e andavo alle medie e facevo i primi tentativi di avere un mio proprio stile assillando la mia povera genitrice perché mi comprasse le gazzelle adidàs, quando da brava dodicenne babbdiminghia ho dato il mio primo bacio giocando al gioco della bottiglia, come tradizione da Elio e le Storie Tese detta.

Vabbè. 
Insomma, se questo se ne va a casa e ci resta, sarà la prima volta che rifletterò di politica italiota senza lui tra le balle praticamente da sempre, almeno da quando presto attenzione a cosa succede in Parlamento. 
La mia vita politica, anche solo passivamente ascoltando il notiziario annoiatissima mentre in casa mia si discuteva a dir poco animatamente, è sempre stata dominata da Silvio, eh. E prima ancora, quando ero proprio una mocciosa col moccolo al naso alle elementari, la scena era dominata da quell'altro, da Giulio. Mi sono resa conto adesso che Silvio è stato al potere più di Giulio, tra l'altro. Sarà perché stando via da un cicinin non ci avevo pensato. Comunque, dai, Silvio, vai a fare il pensionato che da privato cittadino, per quanto mi riguarda, puoi essere uno zozzo bavoso quanto ti pare. Se poi dopo non parli di patriaefamiglia, chi sono io per impedirtelo? Vai. Pensionati, perdìo, Papi, suvvia! Che posso pure votare da qua senza prendere aerei, stavolta, che ci ho le carte AIRE in regola! 
E lo so che non esiste, 'sta parola. Ma descrive bene come mi sento oggi. Dopo essere stata svegliata da fattori esterni altri alle 5.20 venerdì, dai vicini techno-hop sabato mattina e aver dormito decisamente troppo poco ieri, stamattina è scattato uno dei miei momenti di insonnia mattutina. Mi sveglio alle 5 e non dormo più. Il problema è che prima di mezzanotte e mezzo io non dormo. Quindi ormai sono sveglia e dinamica come nella diapositiva che vedete qui di fianco. Moro. Ed è solo lunedì. Bramo già venerdì pomeriggio. Che dopo l'ultima lezione, verrò a casa, e andrò a dormire ad un'ora decadente tipo le 16.30. E mi sveglierò decadente alle 19 per godermi il resto della serata. Aridateme l'insonnia di prima, quella dove non mi addormentavo! Questa versione 2.0 fa proprio schifo. 
A Vienna c'è una roba chiamata Offener Bücherschrank, che significa scaffale aperto. Ce ne sono tre, per esser precisi. Una sta nel bobostan* nei pressi dei quale abito io, cioè nel settimo distretto, in Westbahnstrasse, all'angolo con Zieglergasse. Dei tre scaffali, è il più fornito e quello coi libri di qualità migliore, nonché in più lingue. Perché appunto, intorno a questa libreria libera, come la chiamo io, abita tutta gentaglia come me, pieno di stranieri che il tedesco lo capiscono con enorme sforzo intellettuale, e giustamente nel tempo libero leggono in altre lingue. Quindi troverete spessissimo libri in inglese e francese, meno spesso in spagnolo, ma anche in italiano, che qua lo studiano in tanti. Gli abitanti del settimo, detto anche Neubau, sono anche di tendenza piuttosto barbona e si trasferiscono in continuazione. Ergo, la nostra libreria libera è sempre in movimento - anche se meno, negli ultimi mesi. Ci sono molte anticaglie, purtroppo. Lettori che volete fare una gita a Vienna, venite qua e datevi al bookcrossing, che non è più trèndi ora che non è nuovo ma è idea phiga ugualmente. 
Le altre due librerie le trovate nel quartiere turco, al centro del Brunnenmarkt, e in una piazza nel nono, non lontano dalla stazione Währingerstrasse, per chi vuole farci un giro. Ma non sono mica phighe come la mia. 
La cosa bella è che nessuno ha mai vandalizzato o tentato di rovinare queste librerie libere, sono proprio carini qui, certe volte. Come quando la mia amica V ha dimenticato trecento euro in un libro della biblioteca - sìsì, lo so, che gente frequenti, Natalia, gente stordita come me, dico io. Beh insomma, accortasi del fattaccio, una settimana dopo si è recata in biblioteca senza alcuna speranza, e i bibliotecari avevano una bustina coi suoi soldi nel cassetto della direttrice, e le hanno anche detto, era ora, Frau V., pensavamo si fosse dimenticata. Glieli han tenuti, i soldini. Lei, che è francese, mi ha detto, in Francia, li avrebbero usati per uscire a cena. In Italia, le ho detto io, pure secondo me, sai. 
Comunque.
Parlando di libri, sono in fase di blocco da lettrice. Il mio giallo islandese si impegna a chiamarmi, ma proprio non gliela faccio, non ho voglia di leggere. Leggo blog altrui e gioco sempre a Glitch. Sarà che nelle ultime settimane ho già letto tanto, e anche che negli ultimi due uichènd ho avuto ospiti italici e franco-ungheresi da oltre confine, e se sono sempre in giro non leggo. Uffa. Sta settimana leggerò di più il mio amico Arnalduro Indriðasono
Vai a lavorare, Natalia. Vai a lavorare, a tradurre il tuo avvincente manuale sul progiect manadgment, invece che sistemarti i blog che leggi dentro google reader e stare in panciolle. 

Ora lo faccio, mangiando al computer mentre aspetto la mia studentessa che arriva alle ore 14. Lo giuro. Poi quando lei se ne andrà, andrò in biblioteca e lavorerò lì, stimolata dall'esser circondata da gente che studia e impara roba e fa cose produttive. Ieri di fianco a me c'era un tizio barbuto che leggeva An Introduction to German Philosophy e aveva appunti interessantissimi in tedesco e in inglese, quindi leggibili, ahimè. Quindi, oggi devo tentare di sedermi di fianco a uno dei tanti nutriti gruppetti di arabi o turchi che studiano lì. Così non butto l'occhio.

Questi giorni a casa noncelapossofare! Mi cala l'abbiocco, è troppo buio! C'hossonno :( 

Però prima scrivo una mail a M., che non l'ho ancora sentito, oggi. 
Carina la nuova veste grafica. Però mi hai appena cancellato tutti i blog che avevo nella reading list.

FUUUUUUUUUUUUU.

E ho pure lavorato 9,5h. E ora non posso leggere senza dover cliccare di qua e di là e pensare! Quindi non leggo. Vado a guardar roba. Hmph.

Vienna, 11 settembre. 29C. Se ci fossero un'estate o una primavera perenni, sulla città, io sarei più felice. Giuro che mi abituerò presto al cambio d'ora e al buio alle cinque, sìsì.  (foto © Elisa Barrotta)
Stasera, uno dei piatti preferiti. Ormai siamo arrivati, siamo arrivati all'orrido momento dell'anno dove alle ore 17 è buio pesto. Almeno non fa freddo. Dunque, tanto vale consolarsi con le cibarie. 

Questa ricetta, la zuppa di lenticchie rosse - detta anche kirmizi mercimek çorbasi - è stata una delle mie illuminazioni alimentari istanbuliote. L'epifania, in questo caso, includeva i seguenti concetti:

a) il cibo in stato liquido ti riempie un sacco.
b) il cibo in stato liquido non si mangia solo se si è malati.
c) il cibo in stato liquido può essere una roba libidinosamente buona.
d) le lenticchie sono diventate uno dei miei cibi preferiti, in tutti i loro colori e declinazioni e tipi. 

In Turchia, soprattutto all'inizio, quando Istanbul era buia e gelida, nevicava e conoscevo giusto due o tre persone, coinquilino e collega simpatica inclusa, le zuppe sono state un conforto emotivo. Lo sono tuttora. 
Nello specifico, oggi ho da consolarmi perché a causa della visita del presidente cinese Hu Jintao, non mi hanno fatto entrare alla Hofburg a vedere la mostra Kultur der Kulturrevolution. E' meraviglioso, in un certo senso, che non abbia visto la mostra sulla Rivoluzione Culturale perché c'era il presidente cinese. Però ho perso un sacco di tempo, perché ci sono andata a piedi, madonna. 

Grazie, Hu. 
...nei giorni intorno alle suddette feste nazionali, se lavori come me, lavori come un cane. La media delle ore di lavoro giornaliere questa settimana è stata di 9,5. Madre mia. Sono morta e ho cancellato l'ultima lezione della settimana perché c'era il serio pericolo che attaccassi la mia studentessa in caso di coniugazione errata di verbi regolari in -are.

Comunque. Insomma, questo mercoledì, il 26 ottobre, era il Nationalfeiertag, cioè la festa nazionale austriaca, il loro 2 giugno. Chiaramente è molto più sfigato come giorno, dato che il 26 ottobre è raro che si possa usarlo per andare al mare, come invece ho sempre fatto, quando possibile, per il 2 giugno. Perché c'è un tempo di merda. E infatti, la notte prima del 26 ha nevischiato, e quando mi sono svegliata ho visto un po' di neve sul dondolo dei (maledetti) vicini di fronte nel cortile, che sono dotati di terrazzo enorme con piante e dondolo. Tra l'altro, quei vicini, chissà che lavoro fanno. Nelle notti di insonnia li vedo svegli con la luce accesa. I pomeriggi di estate, li passano a leggere roba sul loro enorme terrazzo, peraltro senza mai invitarmi, che è cosa piuttosto sconsiderata. Lui ha una criniera leonina alla Riccardo Muti, mi sono quindi fatta l'idea che lavorino nel teatro o come musicisti, di cui questa città pullula come Milano di modelle anoressiche.

Comunque. Lunedì sera, ho attraversato Heldenplatz piena di carri armati, elicotteri, e poveri sventurati militari (qui tra l'altro hanno ancora la leva obbligatoria, che mi sembra un'idea alquanto primitiva) che sorvegliavano il tutto. Considerato che il baffetto di queste parti ha dichiarato l'Anschluss proprio lì, io cambierei posto, però loro no, hanno deciso che si continua a far là - contenti loro... Io ho passato la festa nazionale a riprendermi dal giorno prima, a prepararmi per quello dopo, e sono andata in palestra. Ho vogato per due chilometri e sono riuscita a usare quegli affari dove sembra che fai sci di fondo senza schiantarmi a terra. Mica male. 
Aloo Ghobi Tart
La base per le cibarie di stasera: Aloo Ghobi. Che però poi piazzo in una pasta sfoglia, e in forno. Cioè faccio una torta salata di Aloo Ghobi. Minghia quanto sono glocal

Il fatto è che M è vegetariano con tendenze vegane, e io onnivora con tendenze vegetariane. Cioè, non mangio quasi mai carne, ogni tanto sacrifico dei pesci quando ho voglia di sushi, però per il resto la carne a casa l'ho sempre mangiata quando la cucinavano la mamma o la nonna - entrambe fissate con la fettina almeno una volta alla settimana.

Quindi nel momento in cui sono uscita di casa e sono andata a vivere in Turchia, il mio consumo di carne è crollato. Lì ci sono talmente tante zuppe di legumi e piatti a base di melanzane, zucchine, spinaci e formaggi e verdure varie, che se la carne non ti fa impazzire hai innumerevoli alternative. 

Insomma quindi a livello alimentare ho avuto un'era quasi totalmente vegetariana, senza neanche pensarci molto, dalla Turchia all'arrivo in Austria. Da quando vivo qui, chiaramente evitare le piogge di salsicce è piuttosto difficile: io ci sono riuscita bene, M invece per niente. In Austria la saggezza popolare sostiene che senza carne non è un pasto.

Ciononostante, meno male che c'è internet, con siti come questo, altrimenti sarei una donna finita, proprio. Non sono una di quelle persone che improvvisano bene, mi servono un obiettivo preciso e degli ingredienti. Invidio tantissimo quelli che buttano l'occhio in frigo e in dispensa e se ne escono con robe buonissime, come M. Beati loro!

Un'altra cosa da dire è: non è che a diventare vegetariani si dimagrisce automaticamente, come suggerisce la vignetta qui sopra. Anzi, in tanti si ingozzano di formaggi per compensare, e di aspetto somigliano di più a quelli a destra nella vignetta. Giusto per precisare, eh. Non tutti, ma alcuni anche sì - anche se io quando ero vegetariana pura, ero più magra di adesso. Secca, mai. Figuriamoci. L'ultima volta che sono stata magra magra è stato a dieci anni. Poi mi sono cresciute le tette e il naso, e poi tutto il resto. Ma questa è un'altra storia. 
A me Gheddafi è sempre stato sulle palle. Come amnistiana, so quello che ha fatto, in Libia, e non solo ai libici. So anche come trattava i migranti provenienti da altri paesi africani, quelli che doveva fermare dal lasciare la Libia, grazie agli accordi stretti con uno dei suoi amici del cuore, Silvio. Mi ricordo di aspre discussioni con mio padre, dove io sostenevo che scendere a compromessi con un losco individuo del genere non è degno di una democrazia, e lui replicava, boh, cazzo si ricorda di con cosa se ne usciva per giustificare una posizione di sostegno per un figuro come Gheddafi, solo perché il figuro ci aiutava a tenere lontane le Marate Di Clandestini Che Se No Venivano a Rubarci Il Lavoro/Le Donne/O A Far Chissà Cos'Altro, non importa se con metodi umani o meno, tanto quelli sono forse non tanto umani quanto noi, presumo. Il fatto che mio padre sia morto e mi manchi non significa che talvolta non mi facesse incazzare con atteggiamenti a mio avviso indifendibili. 

Comunque.
A me, Gheddafi non è mai piaciuto. Non mi piaceva neanche Saddam Hussein. Però... Però. Io c'ho sempre un però, che credete. Il fatto è che quando fanno vedere queste immagini, amatoriali o meno, appena precedenti la morte del tiranno, io non è che mi senta tanto bene. Ho appena visto le foto tratte da questi video dove il losco figuro viene assalito dalla folla e linciato, e nonostante lui sia un dittatore che ne ha fatte di cotte, crude e anche di surgelate, a me mi sale l'ansia. Perché è comunque uno contro millemila e mi fa pensare a come chiunque, straconvinto di essere nel giusto, possa cadere nel torto in qualsiasi momento, in preda alla rabbia, alla voglia di vendetta, alla voglia di sfogare la frustrazione e la furia, dopo anni e anni di vessazioni, magari anche di torture, e di difficoltà. Tutti possiamo diventare mostri, assassini, tutti potremmo finire a linciare il tiranno, presi dall'entusiasmo, me inclusa. Io però poi mi chiederei cosa cazzo sono diventata. 

Non mi è piaciuto, quando hanno mostrato al mondo le immagini del controllo dentistico di Saddam Hussein dopo averlo catturato. A cosa serve? Non riesco a non sentirmi non del tutto occhei guardando un tizio che sta per essere fatto a pezzi dalla folla. Non ho mai trovato particolarmente geniale l'idea di appendere Mussolini&co. per poter più comodamente sputare sul cadavere. Non ho esultato quando hanno ucciso Bin Laden, perché resta un'esecuzione extragiudiziale da parte di un paese sul territorio di un altro paese. Lì è un altro capitolo, quello su cosa cazzo pensano gli americani del diritto internazionale - probabilmente che sia una confezione di cartadaculo - da aprire in un altro momento. 

Forse è perché non ho mai provato abbastanza odio, che non posso capire. Probabilmente è perché sono fortunata e sono cresciuta in una vita piena di amore e in un periodo di pace, che non posso capire come si sentono o si sono sentite le persone che procedono ai vari sventramenti, impiccagioni e devastazioni del corpo del tiranno. Però so che, per come sono e con la mia storia, penso che non fare queste cose sarebbe quello che ci eleva davvero, rispetto al tiranno. Quello che eleva davvero è assicurarsi che il tiranno non abbia vie d'uscita, e poi processarlo, e lasciarlo marcire in prigione a vita, assicurandosi che non se ne vada mai. Oppure fare come hanno fatto in Sudafrica, dove però mancava una figura che catalizzasse i sentimenti di odio popolare come in Iraq o in Libia. 

Se sono contro la pena di morte, mi riesce difficile fare un'eccezione, addirittura in questi casi. E se proprio lo volete ammazzare, che abbia diritto a un giusto processo, che si dimostri che adesso si vive in un paese davvero democratico, come dire. Prendetelo vivo, e poi processatelo. 
Non lo so. Ho un grosso problema coi linciaggi, soprattutto. Magari questo fa di me una debole o un'imbecille, o entrambi perché no, però io nell'articolo 5 della Dichiarazione sui Diritti Umani del 1948,  "Nessun individuo potrà essere sottoposto a trattamento o punizioni crudeli, inumani o degradanti", includo pure i tiranni. Per ragioni che non riesco a spiegare, badate. Perché forse è tendere verso questo ideale, che ci rende migliori di un tiranno. Non lo so. Sono perplessa. 
No, perché in effetti finisce invariabilmente nel cestino, credo, qualche ora dopo che lo dai al destinatario. Ciononostante, è importante, sembra che avere un biglietto da visita dia una buona impressione. Questo post è per coloro che vogliono avere un'aria professionale, anche se sono dei cazzari, dentro, e non vogliono mica spender troppo.
I miei biglietti da visita, nelle parole del mio amico P., sont magnifiques. Sono di forma diversa dal solito, perché sono delle mini cards, e sono grandi circa la metà di un biglietto da visita normale. Quelle che ho scelto io le vedete qui a fianco. Sono eleganti, carine e costano pochissimo. Vengono dal fantastico sito Moo Cards, e danno un'aria professionale, nonché avanti, anche alla gente cojona come me. Perché tu a un incontro di lavoro, o a una fiera, arrivi, sfoderi la tua mini card, e ascolti i commenti. Quanto sono colorate. Quanto sono carine. Quanto sono particolari. Ma dove le hai fatte? E intanto ti senti un po' meno come se stessi fingendo di essere un libero professionista, e più veramente come tale. Ecco. O anche no.
Come mi chiedevo qui, ogni tanto qui a Vienna mi assale la domanda: ma io tornerò mai dall'estero? 
Dopo il racconto di miocuggino dell'altro giorno, mi sa che anche no. 

La sua adorabile coniuge - trentenne, che quindi potrebbe osare anche rimanere incinta, nonsiamai - con 10 mesi di anticipo sulla scadenza del suo contratto a progetto, è stata assunta a tempo indeterminato in una delle tante PMI italiane. Bene. Subito dopo, hanno cominciato ad affibbiarle un sacco di lavoro in più, che quindi implicherebbe anche ulteriori spostamenti in giro per l'Italia. Lei, dato che queste cose in più in teoria non le competono, ha chiesto un chiarimento al riguardo. Non è che ha detto non voglio farlo, ha chiesto di avere maggiori informazioni sul tema. 
La risposta dell'adorabile, stronzo capo sessista è stata, testuali parole: "Se vuole può tornare a fare la casalinga." Ah, e anche che deve vivere solo per il lavoro e ringraziare di averlo per sua gentile concessione, mica perché è brava e capace. 
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Vaffanculo. Ma come si permette? 

L'Italia non è un paese per giovani, e lo è ancora meno per le giovani donne, perché gira gente del genere, miope, imbecille e sessista, che ovviamente viene ricompensata da lavoratori scazzati. E' un paese dove ti licenziano se rimani incinta - sono al corrente di due casi certi - e dove ti fanno firmare le lettere di dimissioni in bianco, se hai la mia età. In caso tu abbia la pazza idea, per dirla con la Patty, di fare un figlio e pretendere cose antiquate come la maternità pagata, che su, è proprio antica. 

Più sento questo genere di cose, più vedo come vengono trattati il tema del lavoro e quello della mammitudine altrove, e più mi convinco che in questo momento e nei prossimi anni, tornare a casa è fuori questione. Non esiste. E mi dispiace, perché è casa mia, ma allo stesso tempo, lo è sempre meno, perché in tutto sono tre anni che sono via, e sto diventando adulta qui, e ho iniziato a diventarlo a Istanbul. Mi sto allontanando sempre di più dal mio paese per certi versi, la cosa rende la lontananza più facile. Però la rabbia in pancia aumenta, anche perché non ho molte persone con cui discuterne, qui. Quindi elaboro qua, che devo fare. 

Mia cognata - sì lo so che non è cognata, ma miocuggino è come un fratello e dunque è come se - sta già cercando un altro lavoro. Spero che lo trovi presto. Però checcazzo

Mi sono ricordata di questa canzone qualche giorno fa. Il modo di cantare di Vasco Brondi mi lascia perplessa, però questa mi piace. Tra l'altro mi chiedo anche se e quando tornerò mai dall'estero. Al momento la vedo grigia, ad essere sincera. Mi dispiace sentirmi la strada sbarrata. Facciamo che rielaboro poi. 
Tornata da un uichénd nella ridente cittadina di Brno, Vienna oggi si è presentata col sole. Però è anche buio tipo già alle sette di sera. E andrà a peggiorare. Detesto questo mio essere meteoropatica, perché impedisce ogni mio spostamento troppo a nord, a me non dispiacerebbe un giorno tentare la Scandinavia. Sono cresciuta a Milano, dopotutto, non a Dakar, quindi dovrei essere un po' più abituata di quanto non sono.  

Il fatto è che sto buio mi fa venire voglia di stare in casa, di mangiare biscotti, di guardare Dr. Who mentre mangio biscotti, e se sono proprio rock anche bevendo uno dei meravigliosi tè del signor Willi Dungl, simpatico medico erborista che se n'è uscito con svariate ricette di tè che mi piacciono un sacco. Una delle cose che mi mancheranno (se? quando?) andando via. Insomma sì, tè, biscotti al farro e cioccolato amaro, Doctor Who e Dexter (e M., per fortuna) a tenermi compagnia. Mancherebbe solo un gatto, ma sono allergica. 

Il fatto che il mio compleanno sia proprio in questo periodo dell'anno (che culo, eh??) fa sì che mi ricordi sempre come mi sono sentita negli anni precedenti, e mi fa riflettere su quello. 
Nel 2006, vabbè, lasciamo stare, c'era mio padre in un letto d'ospedale, è finita male e potete immaginare come stessi io un mese prima del malo final. Non proprio benissimo. 
Nel 2007, stavo scrivendo la tesi, avevo lasciato un tizio, ed ero in una sorta di trance accademica, meditando la mia fuga, avvenuta puntualmente due mesi dopo, direzione Istanbul. Stavo stranamente bene, per quanto possibile. 
Nel 2008, ero appena tornata da Kathmandu, e mi aggiravo per Milano sconvolta dalla quantità di gente ricca e macchinoni. Che se hai appena passato mesi in una città come Istanbul dove ci sono ancora i raccoglitori di stracci in certe zone, e poi sei atterrata a Delhi alle tre di notte da sola, e ti sei bloccata sul posto perché i marciapiedi dell'aeroporto erano tutti coperti di gente che dormiva, ecco, se finisci in via Manzoni al tuo secondo giorno a Milano ti senti che c'entri un po' come i cavoli a merenda, e ti senti come Bruce Chatwin a chiederti: che ci faccio qui? 
Nel 2009, ero appena sbarcata a Vienna. Faceva un freddo porco, non conoscevo nessuno, non avevo i soldi per fare molto perché vivere a Milano mi aveva impoverito e non avevo ancora lavoro, M era fuori tutto il giorno a lavorare e faceva troppo freddo per andare al parco. Perplessità, di natura diversa da quella del ritorno a Milano, ma perplessità, mista a depressione, e non per dire. 
2010: stavo meglio. Ancora in fase di adattamento - che volete, qua ci ho messo una vita - però avevo lavoro, studenti, una cara amica e una manciata di conoscenti. 
2011: sto bene. Posso dirlo, sto bene. Non mi sento lo spettro di mio padre pesare addosso costantemente. M sta bene. Ho lavoro a bizzeffe, studenti, abbastanza soldi per andare a yoga e al cinema quando mi va, e soprattutto, ho amici. Sto lentamente tornando ad essere me stessa, cioè colei che ha troppi amici per riuscire a vederli tutti abbastanza spesso, come vorrebbe. Il che di per sé è un problema, ma in pratica, è un problema splendido da avere.  Infatti, per la prima volta dopo anni, l'autunno non mi pesa. Non mi pesa perché ci sto abbastanza dentro da non farlo pesare, anche se fa freddo, anche se è buio, anche se non passerò tutto il mio tempo libero all'aperto sento che forse questa volta non sarò sommersa dai pensieri, finalmente. Con ovvi cedimenti strutturali intorno al 15 novembre, ma chi non ce li ha. 

Brno, a sorpresa, è molto carina. Noi abbiamo dormito in una specie di ghetto di zingari, che è definizione poco gentile, ma rende davvero l'idea di dov'era la nostra pensione. Ma magari di quello ne scrivo un'altra volta. Diciamo che non capitava da tempo che sia io che lui avessimo paura al momento di andare dal tram alla porta di casa. Madò. 
Tutta colpa sua, se mi è venuto il prurito ai piedi, il ballo di San Vito, chiamatelo come vi pare. 
Colpa di Tiziano Terzani, dei suoi libri, e del mio professore di geografia al liceo, il mitico, puntiglioso e irritante professor Silvera, dell'istituto tecnico Artemisia Gentileschi. Puntiglioso, fastidioso professore che abitavi a Milano porta Genova prima che fosse di moda, ti ringrazierò sempre. Perché nell'estate dei miei 17 anni mi hai dato da leggere, per le vacanze estive, Un Indovino Mi Disse e Vado Verso il Capo, che non è di T.T. ma di Sergio Ramazzotti, giornalista milanese, e un ottimo libro di letteratura di viaggio. Colpa tua, prof Clara Stocco, che mi hai fatto innamorare della lingua inglese a 10 anni, con le tue gonnelle tartan e i tuoi capelli corti grigio acciaio da donna del nord. Colpa anche tua, G. F., ex sciroccato del mio passato, che in una torrida estate siciliana mi hai raccontato del passato della tua anziana zia mezza cieca, che fino a un paio di decenni prima girava per il mondo insegnando l'italiano agli stranieri. Questa zia eccentrica che ha vissuto, tra gli altri, in Etiopia e in Libia, ma anche altrove in Africa, mi sembra, non ricordo. Colpa pure di Ilaria, che mentre ero nella fase monastica di scrittura tesi mi ha parlato dei famigerati stage MAE-CRUI, che mi hanno fatto finire in Turchia. Tutta colpa tua, pa', che quando avevo 12 anni hai cominciato a includermi nei progetti di viaggio tuoi e della Genitrice. Magari se non mi aveste portato con voi in Asia a quell'età e poi a zonzo per l'Europa, dormendo pure in macchina come tre pirla, non mi sarebbe venuta questa cosa che più mi muovo e meglio sto. 

In realtà, grazie. A tutte le persone menzionate qui. Molte di loro non possono leggere, perché come disse Vauro quando è mancato Terzani, sono saliti più in alto. Il mitico Silvera figurati se finisce qua. Ilaria è in Malesia, e chissà quando/se leggerà questo post, ma quando lo leggerai, grazie gigia. Grazie mille. Gli altri li volevo ringraziare, così, perché no. 

Devo fare leggere questo post alla Genitrice. Non che lei si lamenti che io sia lontana da casa - non si lamenta mai, è ammirevole, moderna, è avanti, davvero. Sono io che certe volte mi sento una specie di Figlia Ingrata. Fatemi andare a cucinare, vah, che dopo vado al cinema. 

Ah, oggi è il mio compleanno, il numero 29. Sarà quello che mi rende meditabonda. 
Con un po' di ritardo, dato che non è proprio breve - quasi due ore - mi sono guardata una puntata di questo programma di Rai Tre chiamato Presa Diretta, nello specifico la puntata chiamata Generazione Sfruttata. Mi sono sentita chiamata in causa, dato che ho 28 anni, non ho mai avuto un contratto se non a progetto e ho fatto stage assortiti per i miei studi e anche dopo. 

Ragazzi, che depressione.

Un paese sull'orlo del disastro, mi sembra, visto da fuori, e me lo chiedo da tanto. Cioè: com'è che da noi non si sono visti disordini e bailamme come in Grecia? Dove sono gli indignati in stile madrileno? Dove cacchio sono i giovani italiani, perché non si arrabbiano? Mi si dirà, sono troppo presi a sopravvivere. Beh, mica tutti. In tanti sono troppo presi a farsi l'ape, con la generosa Mancetta Maledetta che li tiene nel sonno e nella bambagia. Non sono mai stata una spaccatrice di vetrine, né una manifestante appassionata, il massimo della mia azione politica è stato fare tavolini informativi per Amnesty Italia su cose come la Birmania o le esecuzioni in Cina e negli USA, sulla violenza sulle donne, cose del genere. Però ogni tanto mi chiedo: ma come mai da noi non c'è un'incazzatura su larga scala? Sono tornata in Italia poco tempo fa, e ho sentito un sacco di cose sconfortanti e incontrato tante persone preoccupate. 

Quelli della mia fascia d'età si preoccupano perché non gli rinnovano i contratti, perché li pagano una miseria o non li pagano, perché sono troppo giovani (a 30, 32 anni??? macheccazz'), perché.
Quelli dell'età dei miei genitori si preoccupano perché hanno paura di perdere il lavoro a tre anni dalla pensione e a 54 anni chi ti prende. 
Quelli più giovani di me in tanti casi vanno a farsi i corsi di lingua perché pare che il megatrend di prendere e andare fuori dai confini della terra dei cachi continui, e si moltiplichi. Tipo mio cugino futuro ing, che guarda caso ha pensato bene di mettersi a studiare il tedesco, che non si sa mai. 

Quindi io ogni volta che torno in Italia mi sento emotivamente a casa, ma per tante cose guardo la realtà con gli occhi stralunati di una che dice: "EH?!?" E il fatto è, come dice il ristoratore italiano a Barcellona intorno alla ora e zero-sette del video che ho linkato, è che più tempo passi via da casa, più sei fuori dal nètuòrk di conoscenze che ti garantisce la sopravvivenza, e più è difficile tornare. 
Io a volte me lo chiedo: ma se non ci fosse M, io dove sarei? E se ci penso molto, molto onestamente, cercando anche di non mentire a me stessa, mi dico che forse la risposta è: non in Italia. Comunque. Perché per quanto ami la mia cultura e la mia lingua, che infatti insegno, non ho la pazienza di vivere in un paradosso, perché ho vissuto altrove, dove magari è più sonnolento e meno vibrante, ma non riesco a pensare di tornare in un ginepraio.

Io sono
a) una donna
b) ho meno di 30 anni
c) sono bionda e piuttosto procace
d) sono anche piuttosto intelligente. Modestamente.  
A parte alcuni rari campi, come quello dove già ho lavorato (da precaria) dell'insegnamento ad adulti, cioè l'unico che mi abbia mai pagato qualcosa in Italia, penso che se finissi in una delle tante piccole medie industrie che animano la nostra italica economia, verrei trattata come una porastronza. Perché sono giovane - quindi imbecille a prescindere, che in Italia s'è ragazzi fino a 40 anni - sono femmina, e quindi cazzo ci faccio al lavoro senza sculettare e che non mi azzardi a fare un figlio, e sono pure una rompicojoni, quindi non penso che avrei vita semplice. 
E se mi lamentassi di tutto ciò sarei pure una puritana, che è peggio che dire zoccola nell'italia di oggi. Minuscola volontaria. Sarei considerata una specie di femminista frigida che non si depila la patata, perché mi lamenterei della costante presenza di tetteculi per strada e in TV, per vendere tutto, e pure sul posto di lavoro, per allietare i colleghi. Ahò. Non fa per me. 

Sì. Più ci penso, più sento le notizie da casa, più vedo documentari come questo, e più capisco che anche no. L'Italia non è un paese per giòvini, a mio avviso. Per molti versi neanche l'Austria lo è, ma almeno qui tra uno smadonno e l'altro perché è freddo e buio e c'è il ghiaccio e loro sono psicorigidi e servono i diplomi pure per pulire i cessi, metto da parte un po' di soldini a fine mese, diobòno, e mi mantengo senza chiedere niente alla mamma. 

Fatemi andate a leggere la Dominque Manotti, che è meglio. E voi smettetela di votare sto cazzo di PdL, che ha rotto i coglioni. Che io sono tornata dalla Turchia tre anni fa per fermarli a spese mie e voi li avete votati lo stesso. 

GGGGHH. Io detesto Nanni Moretti, che è un bravo regista ma un tipo saccente, ma da qualche anno, miei cari compatrioti, mi fate sentire così: 




Mi sono appena accorta che, delle inspiegabilmente scarsissime visite al mio interessantissimo blog, molte provengono dalla Germania. E non dall'Italia, dove abitano gli amichetti che assillo su google plàs perché leggano le mie cazzate. Vorrà dire che diventerò come Toto Cutugno. Ci ha un fan clèb, in Germania, lui.  E pare anche in Russia, come si vede dall'immagine qui sotto. 

Pareva troppo bello che durasse l'estate fino al mio compleanno. Quindi, giusto una settimana prima di esso, sono calati buio, vento, gelo e tempesta. Vabbè. Io non mi lamento, perché arrivare al 5 ottobre in maglietta è già di per sé un lusso.

Giovedì, cosciente della tempesta imminente, ho salutato l'ultima studentessa della giornata e sono andata all'altes AKH, di cui ho già parlato. Ho curiosato nella biblioteca di romanistica - troppe cose da leggere in questo mondo, sono sotto stress - e poi sono andata a leggere su una panchina nel parco. La stessa panchina dove avevo incontrato un 96enne qualche giorno prima, una specie di enciclopedia vivente che è nato in questa città quando era ancora la capitale di un impero, signore distinto che mi ha raccontato un po' di cose sue, e che mi ha detto in inglese: "first class German! very good." Chissà se troverei un vecchietto 96enne a Milano, che parla in inglese con gli stranieri. Spero di sì.

Comunque insomma, questa settimana sono (stranamente) culturalmente attiva. Sto leggendo tre libri in contemporanea:

La Polvere del Messico, di Pino Cacucci;
Bien Connu des Services de Police di Dominique Manotti e
Die Arbeit der Nacht di Thomas Glavinic, appena iniziato, e che ovviamente essendo in tedesco e leggendolo a latere prenderà i prossimi 3-4 mesi della mia vita.

Il libro di Cacucci mi piace molto, amo in genere la letteratura di viaggio e l'uomo conosce il paese di cui parla. Scrive in modo vivido dei luoghi che visita, e mi ha fatto venire voglia di andare in Messico, paese di cui non mi fregava una beata fino all'altro giorno, probabilmente perché non ne sapevo abbastanza. Nello specifico, la Baja California sembra un posto che potrebbe piacermi. Chi lo sa. Anche questa storia della mexicanidad impregnata di malinconia mi ispira. Mi piacciono i posti che sono allo stesso caldi e solari ma anche meditabondi. Mica per niente amo la Turchia.

Il libro di Madame Manotti è fantastico. L'ho iniziato venerdì, in pratica, e mi sa che oggi lo finirò. Fantastico, scritto un paio d'anni dopo le sommosse delle banlieue parigine, scava molto nel degrado sociale, negli atteggiamenti della polizia, nonché quello del ministero della difesa, nei confronti dei beur, che hanno poi portato secondo molti all'esplosione della situazione nel 2005. Scritto da dio, storia coinvolgente, molto bello. Al momento è anche attuale, dopo le sommosse di Londra del mese scorso. Probabilmente le dinamiche sono piuttosto simili, c'è sempre di mezzo la questione dell'appartenenza identitaria, di questi disgraziati in tute adidas che si sentono dire dagli "autoctoni" Non Siete Davvero Inglesi/Francesi/CheSoIo e quelli del paese dei genitori che quando vanno in gita gli dicono Sei Proprio Diventato Un Inglese/Francese/CheSoIo. E questi vanno in sbattimento e s'incazzano. Specie se non trovano lavoro, come adesso.


gli sbarellati di Sommer In Orange
E poi ho visto Sommer in Orange, una commedia tedesca - sì, esistono, non fate quelle facce lì - molto carina, su un gruppo di arancioni che da una comune berlinese decidono di spostarsi in Baviera, nelle campagne, per aprire un centro di terapie alternative. Potete immaginarvi come funziona bene nella Baviera cattolica di inizio anni '80, crisi di identità della figlia undicenne che decide di vestirsi come i mocciosi fasciocapitalisti e di mangiare carne; varie gag carinissime e adorabili prese in giro di tutto quel mondo un po' naif del periodo. Fan tenerezza. A me gli hippie sono sempre stati simpatici.

Ora vi saluto, perché vado al MUMOK con M, e poi a farmi un caffècontorta da qualche parte. Si comincia con l'intrattenimento da scheisswetter, come lo chiamano qua. Tempodemmerda, per voi profani. Almeno c'è qualcosa di bello da fare!
Eccomi di nuovo. Non è che ho scritto un blog dai minuti contati per essere spiritosa. L'ho scritto perché sapevo che la mia motivazione è costante e stabile quanto un governo democristiano. Ecco.

Comunque. Parliamo di cose più amene. 

Uno dei miei posti preferiti in questa città è l'Altes AKH, cioè il vecchio AKH. Questo acronimo significa ospedale generale (Alllgemeines Krankenhaus). 
Ospita le facoltà umanistiche: tutte le lingue - che includono tutto dalla germanistica al tibetano; l'istituto di Studi Culturali; alcuni istituti di Sociologia. 
Pullula di futuri disoccupati dall'aria toffa (vedi post "Oppure..." se non sai cos'è un toffa), con i dread, i vestiti indiani, le bisacce o i dread o tutte le cose suddette. Naturalmente, quando ci vado, mi sento a casa. Come non potrei, in mezzo a gente che studia cose ormai reputate inutili quali la letteratura e la società di posti lontani e poco produttivi come il Tibet, la Colombia o l'Africa occidentale? Io ho fatto la stessa cosa. 

Ci vado spesso quando ho finito di lavorare, e mi si rilassa finalmente la testa, è a una sana ventina di minuti a piedi da casa mia e mi mette addosso la pace dei sensi. Ci abbiamo portato anche degli amici quando sono venuti a trovarci, e ha fatto lo stesso effetto anche a loro - specie il cortile con le fontane e il giardino zen davanti all'istituto giapponese. 

E' anche il posto dove per la prima volta invece che sproloquiare, smadonnare, digrignare i denti e incazzarmi, in una gelida notte di febbraio mi sono ritrovata a pensare che la neve, anche se fa freddo, anche se fa arrivare il tram un pochino in ritardo, non è così male, se è gestita con criterio come fanno qua. Continuo a detestare la neve di base, ma qui sto imparando ad apprezzarne anche la bellezza. Cosa che riesco a fare solo da quando ho comprato le scarpe adatte. 



Comunque. Se venite a farvi una gita qui, andateci. L'altes AKH è un posto carinissimo, vicino al centro - circa 20 minuti a piedi dal ring (Schottentor.) Se venite d'estate, ci sono ristoranti, pub, e un sacco di altri posti carini dove passare un po' di tempo. Anche un sacco di panchine per osservare il viavai di gente - quel che mi piace lì è proprio che è aperto a tutti, e i passanti sono di età tra gli 0 e i 90 anni. Naturalmente, quando vedo questi ultimi, io mi sento a casa. 

Nella noia dell'altra domenica, mentre decidevo se aprire o no un blog, spulciando tra i template in rete, mi chiedevo anche: ma se apro sto blog, poi, lo scrivo in italiano o in inglese? Per me questo è un problema costante. Su Tuita. Sul faccialibro. Sempre. Che palle. Questo è perché gli italiani, porcocane, non parlano inglese. E datevi una mossa, perdinci.

Comunque. La risposta è davanti ai vostri occhi, la motivazione è che, beh, ho aperto questo blog per parlare della mia esperienza qui, ma anche per dare consigli a eventuali altri ggiovani italiani che pensino di venire da queste parti e che vogliono insegnare. Quindi l'italiano è una scelta ovvia.

L'italiano lo parla meno gente. Meno lettori, ma anche meno gente che strepita nella blogosfera che in inglese, che vista la serietà di questo blog è un punto importante.

L'italiano è anche una lingua che mi fa sentire a casa. Se devo essere cojona, preferisco farlo in italiano - mi  viene molto meglio che in inglese. C'ho molta più classe in italiano.
Insomma, a sedici, diciotto anni voi dicevate: io non starò mica sempre qua.
Io esplorerò il mondo, almeno un po'.
Io non voglio avere un capo. Come faccio?
Mi piacciono le lingue, i libri e le persone.
Non mi piacciono gli uffici.
Ci ho l'ansia, a stare con le chiappe sulla sedia per otto ore al giorno.

Poi un giorno, al secondo anno di uni, arriva sulla tua strada una persona a cui dovrai essere sempre grata, che ti dice: al centro di formazione dove insegno sono in crisi perché non hanno l'insegnante d'inglese. Ci vai tu?
E tu: oddionononcelapossofare. Macomehosolo23anni. Nonmiprenderannomaisulseriomai.
E quindi, giustamente, il giorno dopo ti svegli e vai al centro di formazione, e ti prendono. E cominci a insegnare a un gruppo di persone in cerca di lavoro dall'aria scettica, tutte naturalmente di almeno cinque anni più grandi di te, per sentirti tranquilla e a tuo agio.

Così sono diventata insegnante di lingue come lavoretto durante l'università. E dopo che ho finito, ho deciso di continuare perché è un lavoro bellissimo.

Solo, ragazzi, se state prendendo in considerazione di farlo, sappiate una cosa - è instabile. Non hai contratti, ore fisse, tante volte lavori quando gli altri si divertono e non hai mai tempo per seguire corsi tu stesso.

Io, personalmente, ho sempre voluto lavorare con le lingue e ho sempre pensato che sarebbe stato fantastico riuscire a lavorare come frilèns. Di solito la situazione del frilèns (freelance, per chi è moderno e parla inglese) non è il massimo della vita: se ti ammali, fatti tuoi. Se non hai studenti, arrangiati. Mòri. Affamate. Non c'è nessuno che ti aiuta, se sei italiano forse la mamma o la nonna, mosse a pietà, ti allungano una banconota blu. Non hai la tredicesima o la quattordicesima, ma chi sotto i 30 anni ce l'ha, in Italia??


Io lavoro bene qui, solo i primi mesi sono stati duri, e sono sempre in giro. Prendo la metro millemila volte al giorno, e qualche volta mi trovo seduta in un caffè pieno di camerieri tatuati a fare traduzioni. Di sicuro l'ultimo dei miei problemi è la noia.


Un'ultima considerazione, perché se no siam troppo seri. Per le giovani donne che come me si guardavano Sex and the City sulla 7, nottetempo: ogni tanto, almeno, potrete sentirvi come lei. Cojone come lei. Solo che io non spendo soldi in puttanate. O meglio, dipende dai punti di vista: il mio equivalente delle sue Manolo Blahnik sono i biglietti aerei.
Dopo due anni in questa città, per la prima volta oggi ho avvistato un tamarro - motociclista, vestito di pelle - sgommare e andarsene tomo tomo cacchio cacchio giù per una stradina a senso unico, in contromano. Anche qui ogni tanto trasgrediscono. Yeah.

Perché sapete, cari numerosissimi lettori, qui non è mica la Tedeschia. No. Noi italiani, almeno molti di noi, pensiamo che austriaci, tedeschi, svizzeri, tutto uguale. No, invece, sto scoprendo da che vivo qua che non è uguale per niente. Analizzerò in una puntata futura, dai.
Puoi andare da Kuchenloch, e ingurgitare torta alle pere e papavero.


Kuchenloch è un casotto in un parcheggio, che fino alla fine dell'estate sarà popolato da gente che fa torte buonissime. Qui c'è il link alla loro pagina FB, se state per venire a Vienna in vacanza e volete mangiare fette di torta a 1€. (Ah, se state per venire a Vienna in vacanza, per favore, portatevi una giacchetta da mezza stagione. Voi italiani c'avete sempre frèddo. Io mi sono tristemente climatizzata.)

Il posto è trasandato, toffissimo, rappresenta insomma quel lato toffa* della città che mi piace molto e mi rassicura, e che fa da contrasto a quel lato dell'Austria fatto di dirndl, lederhosen e simili che proprio, eccosiamodiplomatici, non fa per me. D'altra parte Vienna non è proprio la tipica Austria delle montagne verdi. E meno male.

La popolazione presente nel locale però mi ha fatto pensare molto a questo video meraviglioso di Lev Yilmaz, un artista che ho scoperto da poco:


Lo trovo divertente, in modo piuttosto deprimente. Guardatelo, e pensate a tutti i ggiovaniskater/ggiovanipunk/ggiovanidark e ggiovani in generale che vi hanno guardato dall'alto in basso perché non eravate abbastanza addentro alla subcultura. E adesso ridete voi.

*toffa: vocabolo gergale milanese che significa sporco, trasandato, spettinato.
Cosa fa una giovane donna, in una domenica pomeriggio di luglio che sembra ottobre, malata da una settimana? Rantolante scazzatella vagamente annoiata? Si ricorda che esistono i blog, che reputa una cosa un po' passé. Come dire, una cosa molto noughties, come dicono i milanesi moderni che parlano inglese, o anni zero, come diciamo noi antichi. E dice, oh beh, tutti hanno un blog, oggigiorno. Uniformiamoci un po', perdinci.

Io ci avevo già tentato, tipo sei anni fa, quando era una cosa moderna, e sono durata pochissimo, perché la costanza è una delle mie doti. Ora però faccio yoga da più di qualche mese (di fila, bambini, di fila) e non regalo proprio tutti i soldi alla palestra a cui sono iscritta, quindi magari riuscirò a tenere anche un blog. Tuita ce l'ho già, ma quello è facile, va bene per il mio raggio di attenzione di dieci secondi.

Sono Natalia, per gli amici, questo è il mio animale totemico.

Abito a Vienna, dove da una settimana circa, l'estate ha preso un congedo temporaneo - e io mi apro un blog.

Ecco. Almeno ho qualcosa da fare al chiuso.