Nella noia dell'altra domenica, mentre decidevo se aprire o no un blog, spulciando tra i template in rete, mi chiedevo anche: ma se apro sto blog, poi, lo scrivo in italiano o in inglese? Per me questo è un problema costante. Su Tuita. Sul faccialibro. Sempre. Che palle. Questo è perché gli italiani, porcocane, non parlano inglese. E datevi una mossa, perdinci.

Comunque. La risposta è davanti ai vostri occhi, la motivazione è che, beh, ho aperto questo blog per parlare della mia esperienza qui, ma anche per dare consigli a eventuali altri ggiovani italiani che pensino di venire da queste parti e che vogliono insegnare. Quindi l'italiano è una scelta ovvia.

L'italiano lo parla meno gente. Meno lettori, ma anche meno gente che strepita nella blogosfera che in inglese, che vista la serietà di questo blog è un punto importante.

L'italiano è anche una lingua che mi fa sentire a casa. Se devo essere cojona, preferisco farlo in italiano - mi  viene molto meglio che in inglese. C'ho molta più classe in italiano.
Insomma, a sedici, diciotto anni voi dicevate: io non starò mica sempre qua.
Io esplorerò il mondo, almeno un po'.
Io non voglio avere un capo. Come faccio?
Mi piacciono le lingue, i libri e le persone.
Non mi piacciono gli uffici.
Ci ho l'ansia, a stare con le chiappe sulla sedia per otto ore al giorno.

Poi un giorno, al secondo anno di uni, arriva sulla tua strada una persona a cui dovrai essere sempre grata, che ti dice: al centro di formazione dove insegno sono in crisi perché non hanno l'insegnante d'inglese. Ci vai tu?
E tu: oddionononcelapossofare. Macomehosolo23anni. Nonmiprenderannomaisulseriomai.
E quindi, giustamente, il giorno dopo ti svegli e vai al centro di formazione, e ti prendono. E cominci a insegnare a un gruppo di persone in cerca di lavoro dall'aria scettica, tutte naturalmente di almeno cinque anni più grandi di te, per sentirti tranquilla e a tuo agio.

Così sono diventata insegnante di lingue come lavoretto durante l'università. E dopo che ho finito, ho deciso di continuare perché è un lavoro bellissimo.

Solo, ragazzi, se state prendendo in considerazione di farlo, sappiate una cosa - è instabile. Non hai contratti, ore fisse, tante volte lavori quando gli altri si divertono e non hai mai tempo per seguire corsi tu stesso.

Io, personalmente, ho sempre voluto lavorare con le lingue e ho sempre pensato che sarebbe stato fantastico riuscire a lavorare come frilèns. Di solito la situazione del frilèns (freelance, per chi è moderno e parla inglese) non è il massimo della vita: se ti ammali, fatti tuoi. Se non hai studenti, arrangiati. Mòri. Affamate. Non c'è nessuno che ti aiuta, se sei italiano forse la mamma o la nonna, mosse a pietà, ti allungano una banconota blu. Non hai la tredicesima o la quattordicesima, ma chi sotto i 30 anni ce l'ha, in Italia??


Io lavoro bene qui, solo i primi mesi sono stati duri, e sono sempre in giro. Prendo la metro millemila volte al giorno, e qualche volta mi trovo seduta in un caffè pieno di camerieri tatuati a fare traduzioni. Di sicuro l'ultimo dei miei problemi è la noia.


Un'ultima considerazione, perché se no siam troppo seri. Per le giovani donne che come me si guardavano Sex and the City sulla 7, nottetempo: ogni tanto, almeno, potrete sentirvi come lei. Cojone come lei. Solo che io non spendo soldi in puttanate. O meglio, dipende dai punti di vista: il mio equivalente delle sue Manolo Blahnik sono i biglietti aerei.
Dopo due anni in questa città, per la prima volta oggi ho avvistato un tamarro - motociclista, vestito di pelle - sgommare e andarsene tomo tomo cacchio cacchio giù per una stradina a senso unico, in contromano. Anche qui ogni tanto trasgrediscono. Yeah.

Perché sapete, cari numerosissimi lettori, qui non è mica la Tedeschia. No. Noi italiani, almeno molti di noi, pensiamo che austriaci, tedeschi, svizzeri, tutto uguale. No, invece, sto scoprendo da che vivo qua che non è uguale per niente. Analizzerò in una puntata futura, dai.
Puoi andare da Kuchenloch, e ingurgitare torta alle pere e papavero.


Kuchenloch è un casotto in un parcheggio, che fino alla fine dell'estate sarà popolato da gente che fa torte buonissime. Qui c'è il link alla loro pagina FB, se state per venire a Vienna in vacanza e volete mangiare fette di torta a 1€. (Ah, se state per venire a Vienna in vacanza, per favore, portatevi una giacchetta da mezza stagione. Voi italiani c'avete sempre frèddo. Io mi sono tristemente climatizzata.)

Il posto è trasandato, toffissimo, rappresenta insomma quel lato toffa* della città che mi piace molto e mi rassicura, e che fa da contrasto a quel lato dell'Austria fatto di dirndl, lederhosen e simili che proprio, eccosiamodiplomatici, non fa per me. D'altra parte Vienna non è proprio la tipica Austria delle montagne verdi. E meno male.

La popolazione presente nel locale però mi ha fatto pensare molto a questo video meraviglioso di Lev Yilmaz, un artista che ho scoperto da poco:


Lo trovo divertente, in modo piuttosto deprimente. Guardatelo, e pensate a tutti i ggiovaniskater/ggiovanipunk/ggiovanidark e ggiovani in generale che vi hanno guardato dall'alto in basso perché non eravate abbastanza addentro alla subcultura. E adesso ridete voi.

*toffa: vocabolo gergale milanese che significa sporco, trasandato, spettinato.
Cosa fa una giovane donna, in una domenica pomeriggio di luglio che sembra ottobre, malata da una settimana? Rantolante scazzatella vagamente annoiata? Si ricorda che esistono i blog, che reputa una cosa un po' passé. Come dire, una cosa molto noughties, come dicono i milanesi moderni che parlano inglese, o anni zero, come diciamo noi antichi. E dice, oh beh, tutti hanno un blog, oggigiorno. Uniformiamoci un po', perdinci.

Io ci avevo già tentato, tipo sei anni fa, quando era una cosa moderna, e sono durata pochissimo, perché la costanza è una delle mie doti. Ora però faccio yoga da più di qualche mese (di fila, bambini, di fila) e non regalo proprio tutti i soldi alla palestra a cui sono iscritta, quindi magari riuscirò a tenere anche un blog. Tuita ce l'ho già, ma quello è facile, va bene per il mio raggio di attenzione di dieci secondi.

Sono Natalia, per gli amici, questo è il mio animale totemico.

Abito a Vienna, dove da una settimana circa, l'estate ha preso un congedo temporaneo - e io mi apro un blog.

Ecco. Almeno ho qualcosa da fare al chiuso.