Questa è la Istiklal ieri sera. Lo so che magari a voi non frega una sega... Ma a me queste immagini mi sconvolgono.


Questa era ieri, anche lei.


Lui, due giorni prima che andassi io a febbraio, le proteste sulla legge sulla censura internet.

Mi sa che mi è andata di culo per com'è andata, quando ho passato quella breve, stupenda, luminosa giornata di quasi primavera a Istanbul, a febbraio. Prima di andarci ero preoccupata, le mie amiche mi rassicuravano dicendo che la cosa era circoscritta.

Ma adesso che è morto Berkin Elvan, il ragazzino ferito l'estate scorsa, si stanno di nuovo scannando di brutto. Tipo che ieri la polizia ha pure invaso un grande centro commerciale dove vanno pure i turisti... Boh.

Si sono calmati a Bangkok (finalmente, perché i primi giorni che ero qua non c'era un cazzo da ridere) e ora ricominciano a Istanbul. Cioè, alla fine c'è sempre qualcosa che mi fa preoccupare, di qua o di là. O porto scontento io, che dove arrivo iniziano a litigare?? Boiate a parte, boh. Manca solo che inizino a darsele di santa ragione pure a Vienna o Milano, e inizierò a pormi delle domande.

E' strano comunque, l'effetto che mi fa seguire quello che succede a Istanbul. Mi sento male come se stessero succedendo al paese mio. Cioè male. E' che se Istanbul fosse una città-stato, sarebbe la mia città-stato.
Smetto qui il delirio, si vede che ho dormito quattro ore soltanto, stanotte, e gli avvenimenti turchi mi turbano come sempre.
Vado a yoga.
Presto su questi schermi: nius importanti.
Tipo che Nat potrebbe avere un lavoro, ma non dice gatto finché non ce l'ha nel sacco.
Domenica scorsa, l'Asburgico ed io decidiamo di darci all'esplorazione di aree di Bangkok dove non andiamo di solito, e che non fossero lungo la famigerata Sukhumvit Road, lo stradone gigante con il treno sopraelevato (lo Skytrain), lunghissimo stradone che arriva fino in Cambogia.

Siamo andati a fare colazione in un delizioso locale, Crepes and Co., gestito da un distinto signore svizzero francese. Il locale è in una di quelle poche case piccole, monofamiliari, che resistono nella giungla urbana di Bangok. Fuori è in legno bianco, con un bel giardino ombreggiato, lontano dal traffico delle auto... E' molto, molto carino, e conto di tornarci al primo pomeriggio che passerò da sola, senza impegni serali. Il cibo è buono, il servizio ottimo, l'ambiente carino, ed è un'oasi di pace. E ne servono, qua. Guardate che carino (le foto sono di Crepes and Co., non mie.)



Abbiamo camminato lungo la strada di Crepes and Co fino ad arrivare al parco di Lumphini, pieno dei manifestanti che occupano la città da novembre, e che ora si sono raggruppati lì. 

Cammina cammina, lungo la lunghissima Silom Road, ad un certo punto, si viene teletrasportati in India. Al rumore delle auto si aggiunge la musica indiana, appaiono grandi ghirlande rosse e gialle dappertutto, i visi delle persone sono sempre thai, ma tra loro appaiono persone dell'Asia meridionale. Siamo arrivati al tempio di Sri Mariamman. Ce n'è uno anche a Saigon, ed ecco che qui abbiamo trovato quello di Bangkok. 

Thegreatfredini.com
David Leukens, Travelfish
Visitiamo il tempio, e poi cominciamo a camminare lungo la strada del tempio, perché sappiamo che c'è una galleria d'arte, la Kathmandu Gallery, dove un curatore italiano ha organizzato una piccola mostra sugli spazi urbani vuoti di Bangkok, dove vivono molti immigrati dei paesi vicini. La mostra è piccola, ma interessante, come lo è la piccola casetta che ospita la galleria, coloratissima, e antica, per i canoni di qui:





Continuando la nostra esplorazione, giù per il soi, abbiamo trovato vari ristoranti indiani vegani e vegetariani, e poi un ristorantino/caffè vegano, il Bonita Cafe and Social Club, che a livello di décor sembra la casa di una nonna americana radical, trasportato  a Bangkok. Piatti di ceramica, credenze in legno piene di libri, ferro battuto e lampade a stelo, nonché, in vendita, le creazioni di una designer giapponese che vive in zona (l'abito di cotone blu.) C'era anche un bellissimo quilt fatto a mano con una pezza per ogni stato americano... Ma non l'ho potuto fotografare, c'era gente davanti.






E poi, dettagli inattesi, come una bandiera che nel centro di Bangkok ti fa pensare al deserto, all'oceano Pacifico e a Victor Jara:


O la valigia che a me ha fatto pensare ai libri di Graham Greene, con tutti questi adesivi retrò di posti esotici:


Non abbiamo testato il cibo perché era pomeriggio... Ma abbiamo testato le bevande. Quello che vedete sotto è il mio ice cocoa, fatto con cacao amaro e senza zucchero.


Lo smoothie di mango ordinato da M. aveva anche lui un suo perché... Insomma, se vi capita di venire a Bangkok, andate a farci un giro! I proprietari sono una coppia thai-giapponese, si danno anche alla corsa oltre che alla cucina vegana, infatti hanno un sacco di informazioni sul tema, e sugli atleti vegani,  oltre che una collezione di libri molto eclettica, dato che include donazioni da parte dei clienti (ho trovato una storia illustrata delle civiltà mesoamericane, nonché dei libri sul design tessile thailandese... inutile dire che del mio libro ho letto pochissimo.) Tutto ciò condito dai Beatles che cantano sullo sfondo. Bel posticino, ci tornerò.

Spero di continuare le esplorazioni, non ho tanti soldi da spendere per uscire ed andare di qua e di là, quindi limito il budget per queste cose al weekend, quando l'Asburgico può venire con me. In settimana, sto schiscia, come diciamo a Milano, e cerco di spender poco e fare tanto yoga per la sanità mentale.

La ricerca lavoro continua, ma quello ve lo racconto un'altra volta... Prende un sacco di tempo, 'sta ricerca lavoro. Mandatemi tanta fortuna, dài.