La donna spezzata

era il titolo di questo libro di Simone De Beauvoir che lessi tanti, tanti anni fa, a scuola, quando ero troppo sbarbata per capire un sacco di cose, ma ero ambiziosa. Ci tentavo comunque, ed è così che mi lessi tutta la bibliografia della Simone, in francese, nonostante avessi avuto così pochi rapporti con il sesso opposto che beh, tante cose per me erano teoria. Come la fotosintesi clorofilliana. Figuriamoci la definizione della propria identità come moglie e madre in una famiglia borghese.

Comunque.
Il titolo mi è tornato in mente prima. Perché la copia che lessi a sedici anni è parcheggiata vicino alla mia testa, dove dormo durante il mio soggiorno milanese. E anche perché stasera - come ieri sera, quando è calata la sera e io sono stata a casa per tenere compagnia alla genitrice, nonché troppo pigra per uscire nel monsone - mi sento un po' spezzata pure io. 

Cioè: la mia mente e il mio cuore sono schizofrenici, da anni, ormai. Il cuore che dice uffacheppalle, domani mi separo dalla genitrice. E poi dice anche: però rivedo l'asburgico, che mi manca, tanto. Il cervello che dice: presto torni a farti il mazzo, uffa, e a vivere come un'adulta, uffa. E allo stesso tempo dice: però è il mazzo che ti sei scelta tu in un paese che non è delirante come il tuo, barbosello talvolta, forse, ma che funziona. Dove parli quattro lingue diverse ogni giorno, hai pochi amici ma buoni, e abiti in una parte della città che tu hai scelto, dove arrivi a piedi ovunque. Dove quasi oramai ti senti più a casa che qua, perché qua tu sei cresciuta e c'è tanta storia. Ma di scelte tue, pochine. Questa casa è legata alla mia infanzia e a tante scelte fatte, ma la più determinante di esse è stata quella di andare in Turchia. Se non fossi andata lì, non sarei a Vienna, e non sarei qui a riflettere su cosa e chi è casa per me. (O forse sì, sosteneva mio padre. Lui diceva che sarei finita a viaggiare, o con un compagno straniero, o entrambi, che lo volessi o no. Mi conosceva bene, lui, meglio di me.)

Ma è il cuore che pesa di più. Se sono con l'asburgico, non sono con la genitrice. Se sono con lei, non sono con lui. Cercare di metterli entrambi nello stesso posto non va, perché la genitrice non si schioda neanche per venire a trovarmi, e comunque mica si sposta lei che è arrivata prima sul pianeta. E io qui al momento proprio non mi ci vedo a tornare. Davvero. Troppe robe brutte, o difficili, o che comunque mi fanno passare la voglia. Troppe esperienze negative sentite che mi avvelenano le gite un pochino, ogni volta. Per quanto mi riguarda, ma quella sono io, anche troppa uniformità culturale. Non ci sono più abituata, e penso che mi annoierei un pochino.

Avrei dovuto uscire a farmi una birra coi miei amici. Il problema è che piove, mia madre abita in una zona periferica dove dopo l'una di notte (secondo me) o le nove di sera (secondo il resto del mondo) non è sano per una giovine girare da sola. E quindi, qua sono. Ho finito il libro di Fred Vargas e invece che leggere altro e tenere la mente occupata sto seduta lì a pensare come una diciassettenne. 

Lo dice sempre il mio amico N, quello di Londra, che è deleterio tornare. Vanno in sbattimento un po' tutti, per qualche motivo. 

3 comments:

  1. Stessa storia, come ti capisco.
    Ieri mia madre mi ha chiesto se di amici a Roma non ce ne ho più. Ce li ho ma non ci esco, rimango a casa a stare con lei, perché neppure lei si schioda per venirmi a trovare. Però io neppure potrei tornare.

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  2. Vedi, ste genitrici che non capiscono. tu torni da dove diavolo sei per stare con loro e loro ti chiedono se sei diventata sfigata :D perdinci!

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  3. Sorellina... la verità è che non c'è ritorno. Una volta che sei partita ci sono sempre nuovi paesi, nuovi orizzonti che ti spettano e quando torni in quella che, una volta, era casa, ti trovi spaesata. E' normale.
    Bisogna riuscire a trovare un equilibrio anche nel cambiamento. In fondo, non è più difficile di trovare un equilibrio nella noia... soltanto, per ci ha scelto di vivere la sua vita pienamente, ognuno di noi deve crearselo da solo l'equilibrio, non ci sono strade già battute da percorrere.

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