Anniversario di gita e riflessioni sulla nostalgia

É un anno che sono partita.
Ce ne siamo accorti, l'Asburgico ed io, giusto qualche giorno fa, appunto perché quando sei in gita le date te le ricordi solo se c'è di mezzo un aereo, o un volo. 

Che dire: è volato, quest'anno.
Che dire: non è che abbia una voglia cocente di tornare ad avere una casa. Pensavo che l'avrei avuta, invece mi sono abituata a vivere con uno zaino di 50L come casa.
Che dire: pensavo che mi mancasse l'Europa, ma da quando sono in Asia mi manca meno, perché anche qui c'è varietà culturale e lingue che cambiano spesso, cosa che in Latinoamerica è monotona.

Pensavo che sarei morta di nostalgia degli amici, di alcuni, di una in particolare. Ma non è successo, perché gli italiani che ci tengono si fanno vivi, e gli stranieri so che si fanno vivi meno, ma che saranno pronti lì per me quando arrivo, e ogni tanto scrivono per rassicurarmi.
Perché sono meno chiacchiera e più distintivo, gli austriaci, e anche loro, che mi fanno sentire sempre come una specie di Pulcinella, sarò felice di rivederli. 
La mia unica amica italiana a Vienna, quella che è come una sorellina, quella la sento sempre. Per fortuna. Non come vorrebbe lei, su Skype, ma cerco di scrivere più che posso, e lei mi scrive, e chattiamo, e grazie internet che mi lasci essere vicina alla mia amica del cuore, che ha condiviso con me gioie e dolori e doloracci degli ultimi tre anni. Che io non lo so, com'è, avere una sorella, ma immagino che sia una cosa simile a quello che abbiamo Effe ed io. 
E gli italiani in Italia sono abituati a che vado e vengo: quelli che ci sono ancora, ci sono ancora perché ci tengono. 
Immagino che gli stimoli molteplici dell'essere in un nuovo posto ogni pochi giorni o ogni settimana aiutino a combattere la malinconia.

Il cibo italiano non mi manca. Mi piace, certo. Ho già l'acquolina in bocca, se penso al pranzo di Natale che mi aspetta, se penso all'amatriciana di mammà, o la pasta vellutata della nonna, con panna, funghi e vino rosso; ai panzerotti pugliesi di Luini in centro a Milano; ai salamini mignon che trova mio zio nelle sue scorribande in bici per le gastronomie di Milano; se penso al gorgonzola, al quartirolo ed al taleggio, al pecorino romano e a quello sardo, alla burrata che il lattaio fa arrivare fresca dalla Puglia solo una volta alla settimana; ai cioccolatini fondenti di Venci che mi compra zio per farmi piacere; alle lenticchie ed ai risotti di zia; alla pizza della Magolfa, che sono palestinesi e non italiani ma è bona e quindi a me piace assai; a una bruschetta fatta come dio comanda; al pane pugliese; al caffè macchiato piccolo e che costa poco (le brioche non mi mancano, perché i francesi le hanno lasciate in eredità a cambogiani e vietnamiti. E le fanno bbone.) Il gusto del vero cibo italiano, buoni ingredienti, pochi e di qualità, ovvio che mi piace.
Ma da che sono in Asia, sono così occupata a provare quello che i vari paesi mi piazzano sotto il naso, che non mi manca, davvero. Datemi un curry al giorno, che sia thai, khmer, o indiano, e io sono una donna felice. 

Sono abituata ad essere via da casa, dalla nonna, dalla mamma. Pensavo che non vederle ogni tre o quattro mesi mi avrebbe fatto stare molto male, ma per fortuna ci scriviamo tanto, e quindi sto bene. Mi piace, scrivere alla mamma e alla zia, magari continuerò a farlo in Europa, se avrò tempo ed energie. 

La nonna mi manca tanto, lei sì. Perché lei le mail non le legge, e fa fatica a parlare al telefono, con le linee del kadzo che ho qua, non mi sente bene neanche se strillo, e non ci viene bene la conversazione.
La nonna non vedo l'ora di rivederla e di spupazzarla, e lei sarà timida perché è una donna del nord, e quando la mia metà deRoma prende il sopravvento lei ride un po', timida, perché le sembra che esagero, e mi dice: sei tutta tuo padre. O tua nonna, l'altra, la nonna matta romana, se rompo troppo le scatole. È una donna quadrata, lei, quasi germanica, e il mio sbrodolare da mezza romana, a lei fa ridere. Anche perché negli ultimi cinque anni, con il vivere lontana, sono diventata una sbrodolona, quando infine la vedo. 
Se la me stessa di diciotto anni mi avesse visto ora, con la nonna, non ci avrebbe creduto (ma ci avrebbe sperato.)

Quindi, insomma: non torno, non ancora. Però torno presto. Ho comprato un biglietto, così non finisco senza soldi (idea dell'Asburgico, ovviamente, perché io non volevo avere una data e lui, che è un uomo concreto, mi ha detto, se vuoi essere a casa per Natale, compra presto. Perché se non troviamo un volo, o diventa caro, e ti lagni, io ti odierò molto. Quindi, ho un biglietto.)

Sono già affaticata e terrorizzata, all'idea di un ritorno in pieno inverno, da Colombo a Milano, e soprattutto all'idea quello che verrà dopo Milano, cioè la ricostruzione di una vita "normale" dopo il passaggio di Godzilla di un anno fa, dove ho detto a tutti: bella questa vita viennese! Ora la distruggo tutta per bene, e me ne vado. Ecco.

Ora mi godo il tempo che rimane, e al dopo Milano non ci penso. 
Però se mi fermo e ci penso un attimo, all'arrivare a Malpensa in un giorno probabilmente freddo di Dicembre, armata solo di una felpa perché i vestiti andini li ho spediti a casa, immagino la scena.

Immagino: atterrare. E aspettare che quei cialtroni degli omini dei bagagli di MXP si fumino una, due, venti sigarette, seduta per terra, finché non arriva lo zaino. Gli schermi nella sala dei bagagli con il volume alto, che in Italia gli schermi non sono mai silenziosi, o almeno a basso volume. Accendere il cellulare, e dire alla SG (Sacra Genitrice): siamo qui, aspettiamo i bagagli. Prendere lo zaino, uscire, sentire la botta di freddo, camminare fino all'uscita dove mi aspetta la SG che non parcheggia mai che è caro ed è lontano. Uscire, sentire ancora più freddo, vedere la macchina grigia che era del mio babbo, e come sempre, bussare al finestrino facendo le boccacce e dicendo: eccomi! E lei che mi abbraccia, e mi allunga un sacchetto con dentro la focaccia fatta dal fornaio egiziano del mio quartiere, che sa come mi piace.

Oh, lo so che sembra idiota, ma io in tutta la mia vita non sono mai stata lontana da casa per 12 mesi e passa senza mai tornare. Secondo me, avrò un freddo porco, ma nella macchina di mio padre, con la SG di fianco, l'Asburgico dietro, e un pezzo di focaccia gigante in mano, starò bene nonostante tutto. Nonostante la paura di quello che viene dopo.

Uff. Fatemi andare a leggere, vah, che altrimenti mi emoziono.

7 comments:

  1. io non sono mai stata senza rientrare a casa piu di 4 mesi e mezzo....e penso che si, scriverei tantissimo, a chi mi manca, stando lontano per cosi' tanto...pero' penso anche che quando cambi di continuo luogo come hai fatto tu in questo anno, in un certo senso, il tempo che sei lontano dalle persone care diventa a bolle, a volte lo vivi, a volte no
    Insomma, qualunque cosa venga dopo Milano spero di avere il piacere di incontrarti di persona davanti a un cappuccinodimmerda (2 litri di latte gonfiato che ti rimane sullo stomaco per tre giorni finche' non lo affondi con i pierogi) fatto nel nordest europeo :-D

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  2. :-D Gita!
    Comunque sì, il ritorno in Italia sarà necessariamente traumatico, ma passa presto :-)

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  3. Mi commuovi sempre!

    Con questi presupposti, il rientro sarà bellissimo (freddo a parte). Te la invidio sai, quella nonna timida da spupacchiare.

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  4. sono in asia anche io! :-) in jappone. tokyo. ma riparto domani :-(

    baci! e buon rientro! o ritorno! o come lo vuoi chiamare.

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  5. Colombo Sri Lanka? Adoro lo Sri Lanka! Ci abbiamo passato tanti periodi felici e io, nel fondo del mio cuore, spero di morirci, in uno dei loro centri di ritiri... Noi siamo appena rientrati da un giro che ha compreso anche l'Italia. Gli amici, quelli cari. I cibi, quelli dei ricordi, come il Clinto, un vino fuorilegge dall'orribile Impero UE, ma vivo nella mia infanzia... :-) ...più viaggi e più incontri il tuo passato. Magari quello di vite precedenti. Sono rientrata in Empordà da, vediamo, 2 ore circa, ho guidato per 900 km, Dario molto più di me. Sono stanca, ma felice. Si parte (forse) ancora. Sorridi, sorellina!

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  6. Grazie a tutti... E scusate l'assenza e la cialtroneria nel rispondere!

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  7. Grazie a tutti... E scusate l'assenza e la cialtroneria nel rispondere!

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Dimmi, dimmi tutto!