In questi giorni sto, naturalmente, chiacchierando molto con i miei amici, oltre che con la mia famiglia.
Una delle cose che si notano subito, è che a seconda dell'età dell'interlocutore, cambiano le cose che ti raccontano. Quelli della generazione dei miei genitori, almeno quelli che conosco io, sono o in pensione, o lì lì per esserlo, hanno lavorato una vita, e per loro fortuna hanno dei risparmi che gli fanno da cuscinetto. Sono amareggiati, stanchi, incazzati, ma direi che non c'è una reale paura per il futuro, perché sono protetti dai loro risparmi (che usano anche per aiutare la generazione di sfigati venuta dopo di loro, generosamente), oltre che da pensioni e contributi e insomma, una vita di lavoro fatta comediocomanda.
Poi ci sono i miei coetanei. Trentenni, o meno. Ecco, ho passato le ultime due serate con miocuggino e la sua adorabile sposa, e con due amiche del liceo, una delle quali incinta, e le loro amiche.
Parlando con loro, quando viene fuori il tema lavoro, viene fuori il solito ginepraio del giovane italiano: contratti del cazzo, stipendi da fame, mutui da pagare che ti fanno abbozzare in situazioni dove normalmente non lo faresti, e un sacco di cose brutali. Le mie amiche sono donne, ieri ero fuori con cinque donne: alla fine della serata, ridacchiando, sembrava di essere in un gruppo di auto-aiuto per vittime di molestie sessuali sul lavoro e non. Tipo che io mi chiedevo: ma gli uomini italiani cos'hanno nella testa? Aspirano tutti al bunga bunga? Le ragazze con cui ero fuori avevano tutte una qualche esperienza che in altri paesi darebbe subito adito a una causa per molestie sessuali. Qui, un cazzo. Ridacchi, smadonni, prendi a male parole il coglione di turno, e via, ma nient'altro. Io parlo con le donne, soprattutto, e questo problema sembra esser presente nella vita di tutte, in misura minore o maggiore, anche in quella della mia amica col panciotto di sei mesi.
Sono qui ancora per qualche giorno e continuerò ad ascoltare e prendere appunti, però mi sento proprio un po' straniera anche qua. Questa è un'altra storia - ma se mi sento straniera qui e pure a Vienna, mi verrà una crisi di identità? Lettrici e lettori espatriati, aiutatemi, che dite?
Comunque, come l'ultima volta che sono venuta a Natale, sono contenta di essere qui, ma sento tanta di quella rabbia e agitazione e paura del futuro, di fondo, che mi viene l'ansia. Tipo che fra un po' sognerò i mostri in forma di un capo tirannico o maiale, o tutte e due. Diciamo che a sto punto, tutta la vita i Diversamente Competenti delle mie mattine viennesi, che almeno non mi molestano, sono solo disorganizzati.
E come sempre nell'ultimo anno, perché prima non mi sentivo così: il mio ritorno a casa si fa sempre più a) improbabile e b) lontano.
Ora per consolarmi vado a fare la pasta fresca con la mia nonnina, che è una specie di sergente di Full Metal Jacket sopravvissuto a una guerra mondiale, una crisi petrolifera, tre infarti, un tumore, la morte di un marito e di un genero, e che barcolla ma non molla. Ottimo modello con cui fare la pasta fresca, di domenica.