Natalia goes to Hollywood (riflessioni americane, con preambolo asiatico)

Pubblico questo post a Taipei, Taiwan. Sono stata sveglia 24 ore di fila per superare il jet-lag, uscita dall'aeroporto a Shanghai, dopo essere stata una delle sole quattro persone a mangiare vegetariano in un aereo gigante, tentativo di detox post-Sudamerica: gli altri tre erano M, e due monaci buddisti, la cui vista al check-in mi ha entusiasmato in modo idiota. Comunque, a Shanghai ho:


*visto un vecchietto camminare all'indietro, e M mi ha spiegato che è un esercizio di qi gong per sconfiggere l'avanzare dell'età
*visto 4 persone camminare in pigiama per strada
*mangiato una zuppa gigante di alghe
*fatto colazione con i cracker alle alghe
*visto cibi preparati nel wok in strada che mi hanno fatto rimpiangere di dover correre all'aeroporto. 

Ma di Asia parlerò un bel po', nei prossimi mesi, quindi ecco un resoconto dei buffi giorni americani. 

Come sapete, nelle ultime settimane sono andata due volte negli USA, prevalentemente per cambiare voli, ma dato che ero già lì, ho deciso di restare qualche giorno. Primo soggiorno a Boca Raton, Florida, secondo nel cuore di Los Angeles, California. 

Al controllo passaporti di Fort Lauderdale, Florida. Arrivo, e finisco al bancone occupato da un agente di colore, bello in carne, con i baffi. Mi saluta dicendomi, 

Buongiorno signorina, come sta oggi?
Io gli rispondo, bene, grazie, e lei?
Risposta dell'agente: bene, grazie. Io sto sempre bene, 
mi dice con faccia sorniona e voce rilassata.

Ovviamente, siccome siamo in viaggio da nove mesi e i nostri zaini sono stati sul fondo di autobus, camion, barche, traghetti e automobili, alle narici di un cane, puzzano. Quindi, appena passiamo oltre il bancone, il simpatico labrador-poliziotto ci annusa subito, e finiamo alla fila in dogana, dove un agente bassetto, latino, ci fa aprire gli zaini, sempre molto gentile, e si esalta quando scopre che capiamo lo spagnolo, per poi lasciarci andare piuttosto rapidamene, augurandoci una buona giornata. 
Fuori dall'aeroporto più rapidamente che a Malpensa, non che ci voglia molto. 

All'aeroporto di Los Angeles, famoso per i suoi controlli di sicurezza piuttoto draconiani, in fila aspettiamo, e guardiamo gli agenti muoversi e fare il loro lavoro. Al bancone a sinistra, un nero piuttosto giovane, rapido e gentile. Al bancone in mezzo, un bianco, grande e grosso, capelli sale e pepe e fare piuttosto intimidatorio, da ex-militare, abbastanza brusco. Al bancone a sinistra, un asiatico, che si scopre che è cinese nel momento in cui arriva un collega, e i due iniziano a chiaccherare in mandarino. 
Noi finiamo da quello che sembra un ex-soldato, e vediamo che ha una targhetta con un nome russo. Quando inizia a parlare, scopriamo anche che ha un forte accento russo, sembra il doppiaggio di Arnold Schwarznegger in Danko, per farvi capire il genere. 
Ci prende le impronte digitali, e intanto discute di strategie di borsa col collega cinese. Riporto la conversazione, e per favore, nella vostra mente leggetela con accento russo, altrimenti non funziona. 

Agente russo: se vuoi diventare ricco, caro mio, devi ascoltare me!
M: anche io voglio diventare ricco. Consigli?
Agente russo: no, ti devi trasferire qua, zio. Devi vivere in America, altrimenti niente. (Anche lui col sorriso sornione. Se non sono gigioni, non li assumono, o forse noi tiriamo fuori il lato gigione della gente?)

Insomma, tra tutto, Florida e California, abbiamo passato una settimana negli USA. Erano anni che non ci venivo, l'ultima volta ero stata a New York, poco tempo prima dell'11/9. 
Prima di quello, prima di Bush, prima delle guerre, prima di Not in My Name, prima di Guantanamo, prima delle torture, delle occupazioni illegali, prima delle leggi paranoiche, prima di tutto questo, negli USA c'ero stata varie volte, con i miei genitori, poi per un amore, e poi da sola, forse nel mio unico viaggio fatto completamente da sola. 

È un paese imperfetto, è un paese pieno di gente ignorante, superficiale, che non esce mai da lì (ma pensateci bene: quelli hanno un continente intero, a disposizione, da esplorare prima di andare a vederne altri), però a me diverte. Mi diverto sempre, quando vengo qui, mi divertono la leggerezza e la gentilezza delle persone, nei contatti umani di tutti i giorni. Mi diverte che tutti queste persone, di colori, religioni e provenienze diverse, si considerino americani.  Ovviamente mi inquieta sapere che molti di loro portano armi in borsa o in tasca, ciononostante riesce ad essere un posto incredibilmente piacevole per un visitatore occasionale, ammesso che si abbia un'auto, o come nel mio caso, si scelga di stare in un posto dove si può camminare e muoversi a piedi, cosa non sempre facile.

A Boca Raton ho visto l'America suburbana, pingue e benestante, durante il Memorial Weekend, ho guardato come passano una festa nazionale gli statunitensi (facendo grigliate, passeggiando nei centri commerciali all'aperto, mangiando un sacco e nella piscina del loro albergo, riassumendo.) 

A L.A. ci ha ospitato un'amica sino-americana di M, ed è stato interessante vivere la città con lei, che è disegnatrice di moda e artista, che vive lì da sedici anni e che nonostante ciò ha ancora l'accento cinese, e vive nel suo mondo, riuscendo a perdersi irrimediabilmente ogni volta che esce in auto, anche se la città è una griglia regolare. Abbiamo scoperto un sacco di punti in comune tra la mamma italiana e quella cinese (e una passione comune per le cose spiraliformi. Ora ho due nuove collane, fatte a mano da Bibi.) Adorabile donna!

La città è migliorata molto rispetto alla mia prima visita, io me la ricordavo come un inferno di smog, lamiere e caluria, e invece ora è un po' più vivibile, piacevole, perché in fin dei conti più che una metropoli, L.A. è un agglomerato di cittadine dal carattere differente, dalle spiagge chic, un poco yuppie, di Santa Monica, al centro, con i suoi palazzi art déco, miracolosamente sopravvissuti alla foga rinnovatrice di urbanisti e palazzinari losangelini, al circo permanente di Hollywood Boulevard, a dieci minuti a piedi da casa della nostra amica.

Il posto più buffo, in assoluto, è Venice Beach: gente mezza matta e seminuda tutt'intorno, negozi che vendono la "marijuana medica" da tutte le parti, ma soprattutto, arte di strada diffusa, che a me piace sempre. Molti artigiani vendevano spazzatura, ma molti di loro facevano cose carine, colorate. Un'artista afroamericana, con una splendida testa di dreadlock e l'ombretto verde, mi ha regalato un anello di rame come protezione per i miei  viaggi senza che io chiedessi nulla, solo per l'entusiasmo mostrato nei confronti delle sue creazioni. A Venice Beach c'è addirittura il parrucchiere senza prezzi fissi, karma-friendly, come dice lui: paghi quanto vuoi, e quanto puoi. Loro si fidano. 

Che dire, quando non sono impegnati in brutture oltre confine, come origliare i cazzi altrui tutto il giorno, e tutte le cose negative che già conosciamo e che non elencherò, perché di polemiche antiamericane su internet ce ne sono già abbastanza, a me questo paese diverte e mi piace, come turista. 
Se M ed io fossimo meno fricchettoni e patentemuniti,  mi piacerebbe passare una vacanza in giro per i deserti dell'ovest, che ho visto da bambina con i miei, ma dove tornerei volentieri; o esplorare quelle distese di nulla, ricoperte di mais (e probabilmente infestate di gente spaventosa, ma dettagli) di cui parla Bill Bryson nel suo libro America Perduta. L'ho letto in Ecuador e mi ha incuriosito moltissimo. È che mi piacciono i paesaggi vuoti, e cogli orizzonti grandi, che siano mare o deserto.
Anzi, se avessero più di dieci giorni di vacanza all'anno, ci penserei pure, a viverci per un annetto o poco più. Ma non è così, quindi niene.

Smetto qui, con le elucubrazioni americane. Sono su un volo China Eastern, circondata da cinesi che dormono, dal primo minuto di volo, come molti asiatici (e come molti sudamericani, ora lo so!) Le assistenti di volo hanno spento tutto, e io ora cercherò di farmi venire sonno, così magari avrò l'energia per uscire dall'aeroporto per quelle 18 ore, e vedere Shanghai. 

5 comments:

  1. Voglia di Cina!!!!!!!!!... e di Asia in generale.
    Divertiti!

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  2. era da un pò che non accedevo al blog ma ho letto tutto, è stato una figata leggere dell'esperienza sudamericana non oso immaginare viverla.

    e ora tocca all'asia!

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  3. " quando non sono impegnati in brutture oltre confine, come origliare i cazzi altrui tutto il giorno" piacerebbe tantisismo anche a bryson come descrizione dei fatti odierni.
    io ho letto the lost cntinent durante il nostro viaggio in auto da chicago a san franscisco, e' stato un momentro di serendipity letteraria aprire la prima pagina una sera in motel six dell iowa dopo aver attraversato per ore campi di mais e nient'altro e leggere le prime due righe :-D
    e' molto interessante il fatto che il libro abbia ormai vent'anni ma per tantisismi versi la realta' rurale di allora coincida ancora perfettamente con le descrizioni di allora

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    1. @Ma perché è quello che hanno fatto, origliare, sti cialtroni, cazzarola, e la gente neanche si arrabbia piú di tanto! Il libro è ancora attuale credo, alcuni dei posti descritti probabilmente sono di quelli che cambiano moolto, molto lentamente. Però la New York descritta da lui non ha nulla a che fare con quella che ho visto io. In ogni caso un bel libro, come ho detto mi ha invogliato a esplorare le parti meno ovvie degli states. Lo farò da vecchia, con un camper, degli short, dei calzini bianchi e i capelli bianchi pure loro, per confondermi nella folla.

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  4. @mg e niki: grazie! Come vedete altrove, sono giá Asiaesaltata. Ma non è una novitá!

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