Primo post asiatico: fritture, templi e fantasmi quasi gestibili

Or dunque, sono in Asia da meno di una settimana, in una parte di Asia nuova, quella culturalmente cinese, ma alcune cose mi hanno già fatto ricordare perché adoro venire da queste parti, nonostante qui, in particolare, io sia analfabeta e incapace di comunicare come lo ero in Sudamerica.

Il cibo è buonissimo, è scandalosamente gustoso. I cinesi amano la frittura, e ciononostante appesantisce solo relativamente, perché si tende a mangiare in piccole porzioni varie volte al giorno, almeno qui a Taiwan. 

Si può mangiare per strada, per pochi centesimi, e provare tante cose diverse, guardando la gente che passa, i gatti che saltano sui tetti, i motorini che passano rapidissimi , insomma, tutto un universo di cose che accadono per strada. La vita di strada è molto, molto animata. Nessuno ha una pistola, il che è un bel valore aggiunto.

Le persone sono miti, e sorridono. Tanto. A Taipei, se ti perdi, la cosa migliore da fare è fermarsi a un angolo, con l'aria da straniero sperduto e un po' idiota (cosa che a noi riesce benissimo, specie a me che non so neanche leggere): prima o poi, una persona del posto vi soccorrerà. 

Amo i templi. Non mi annoiano, potrei vederne a mille. Non mi stancano, perché al contrario di molte grandi (magnifiche) cattedrali europee, sono pieni di vita, i templi, di persone devote che pregano, e che posso osservare da un angolino. Un'altra cosa che mi piace, dei templi, è come le persone ci vadano in ciabatte o pantaloncini, informali, pregando qualche minuto, per poi continuare la propria giornata. È come se quei cinque minuti fossero i loro minuti di raccoglimento quotidiano, per calmare la mente, e rallentare il battito del cuore.

Un'altra cosa che mi piace, nei templi buddisti in particolare, sono le offerte floreali, combinazioni di boccioli squisite, profumate e colorate, che fanno profumare il tempio intero. Il buddismo che vedo qui, non che io sappia molto di buddismo, mi ricorda quello che ho visto nel sud-est asiatico, più rilassato e aperto, e meno severo del primo buddismo visto "da grande", cioè quello tibetano. In ogni caso, sarebbe bello capirne di più, di quello che vedo. Dovrei comprarmi Buddhism for Dummies, se esiste. 

La prima volta che ho visto un tempio buddista, era il 1994. Avevo dodici anni, non avevo mai visto qualcosa che non fosse una chiesa, e mi ricordo che mi ha sconvolto la psiche, in bene. Con la mia famiglia, avevamo un guida, che all'epoca ci spiegò varie cose sul tema. Da allora, ho un debole per i templi buddisti. Non sono credente, ma mi sento bene appena entro in un tempio. Questione di panza, totalmente irrazionale. Sarà che non c'è un prete e ognuno prega per i fatti suoi, con un'aria di pace addosso che mi piace molto. 

Taiwan ha un'aria tranquilla e rilassata, sto benissimo, qui. Tutto è facile, pulito, organizzato, in metrò si fa la fila per salire, non si spinge e si aspetta che la gente scenda... Una pacchia. In questo momento sono in treno, e devo constatare con commozione che nonostante sia pieno, questo treno è silenzioso. No, dico, silenzioso, con almeno 80 persone in questo vagone! Incredibile. Dopo la Latinoamerica e quei cazzo di telefoni con il reggaeton a manetta, vi commuovereste pure voi. 

E poi, dopo il parziale abbassamento della guardia in Messico, qui mi sono rilassata del tutto. Possiamo camminare a caso, senza nessuno che ci dica state attenti in questa parte della mappa, perché lì vi derubano o vi accoltellano o rapiscono o che so io. Qui, niente. Al massimo, la gente ti fissa con curiosità e ti chiede da dove vieni e come ti chiami, le uniche cose che sanno dire in inglese, e poi vanno avanti coi fatti loro. 

Riassumendo, il post sulla Latinoamerica vale ancora, perché sono contenta di esserci andata e di avere imparato quel milione di cose di cui ho parlato... Ma dopo meno di una settimana qui, mi sono già ricordata di perché M ed io siamo venuti in questo continente così tante volte. 
È lontano dalla mia cultura, e non capisco tante cose, eppure la mia pelle, ogni volta, quando vede una pagoda, un incenso acceso, una risaia verde su una collina, una piantagione di tè, un vecchietto che cucina su un carretto per strada - che sia un samosa in Nepal, un dumpling a Taiwan, o un'insalata di papaya in Laos - la mia  pellaccia sente come una specie di ritorno a casa. Totalmente irrazionale, come ho già detto.

Mio padre mi diceva che gli piaceva andare in Marocco perché aveva la stessa sensazione, quella di tornare in un posto al quale in qualche modo apparteneva, nonostante non fosse un fan dell'Islam, nonostante non parlasse arabo. 
Mi diceva che quando vedeva la medina, o il souk di Marrakech, o quando è andato ad Erfoud e ha visto le dune, come un mare di sabbia infuocato, lui si sentiva a casa, ed era una cosa che lo confondeva un po'. Scherzando, diceva che magari nella sua vita precedente aveva vissuto da quelle parti, e io all'epoca mi chiedevo se mi sarei mai sentita così  e se sì, dove. Per ora potrei dire Asia, anche se dire Asia non significa nulla, ma è la definizione che posso dare per ora. In nove mesi di Caraibi e Sudamerica, non ho mai avuto questa sensazione di "casa". Forse a Buenos Aires, forse sull'oceano, ma diversamente.

Penso tanto, a mio padre, in questa gita. Quest'anno saranno otto anni che è mancato, e anche se la cosa si fa più gestibile con gli anni, mi continua a mancare. Non so se penserebbe che sono una cialtrona a fare quello che sto facendo, invece che stare in Europa e lavorare.
Mi piace pensare che l'avrebbe vista come opera sua, dato che come ho già detto in questo blog, mi ha sempre incoraggiato a fare ciò che volevo, a patto che non fosse distruttivo, e non quello che gli altri si aspettavano da me. Boh. Penso molto a lui, penso che mi piacerebbe averla con lui, una conversazione sulla storia del Marocco per lui e dell'Asia per me. Ma non è possibile, quindi ne prendo nota qui. Meglio che avere il pensiero a fluttuarmi in testa costantemente, no?

Di solito non lo faccio, ma ho una domanda per i miei augusti lettori: avete un posto dove, inspiegabilmente, vi sentite come a casa? Senza alcuna connessione con esso, che sia connessione familiare, culturale o di alcun genere?

6 comments:

  1. L'Oriente fa lo stesso effetto anche a me. Ma il posto che sento come "casa" mia è l'Egitto. Adoro la confusione dei mercati, gli odori, le persone. Mi piace mescolarmi tra di loro, sentirli parlare, provare a capire una cultura lontana da me, un Paese che sento lontano eppure a cui sento in un certo senso di appartenere.

    P.s. chissà che non ci si incontri da qualche parte in Cina, se tra un mesetto sarai lì.

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    1. Interessante, l'Egitto! Ci sono stata mille anni fa, con mio padre, che ormai lo avrete capito, amava il mondo arabo, anche se gli egiziani arabi non si considerano.
      Quel che dici è proprio quel che intendo io, sentirsi a casa in un paese con il quale, in teoria, c'entri come i cavoli a merenda. È una sensazione bizzarra, ma interessante.
      Dove sei stata, in Egitto? Tra un mese sarò ad Hanoi, a proposito... Mi spiace! Sarebbe forte incontrare gente di blog, una volta.

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    2. Sono stata in Egitto sette o otto volte, ogni volta il richiamo era irresistibile. Adesso sono quattro anni che non ci torno, e inizia a mancarmi seriamente. Sono stata al Cairo, Alessandria (bellissima), El Alamein. Il deserto, le oasi, i villaggi sperduti. Il Nilo, Luxor, Aswan. Adoro il mare di Sharm, per quanto sia diventata una bolgia di turisti.
      In questo momento seguo con ansia le notizie che arrivano, spero che riusciranno ad avere un governo democratico come si meritano.

      ...La cosa bella sarebbe incontrarsi dall'altra parte del mondo! Buon viaggio fantastica giramondo!!

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  2. io non l´ho ancora trovato, ma cerco di impegnarmi in questa ricerca. intanto tra 3 settimane pato per Bangkok, sará la prima volta in asia in assoluto e un po´sono preoccupata. mi piacerá?

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    1. Formica, se ti piacciono le città ti piacerà Bangkok. Mi sa che ti denti come mi sentivo io prima di andare a Kathmandu, come dissi a un amico, "curiosa, e un po' preoccupata" del mío primo viaggio extraeuropeo da sola. Bangkok è anche più facile di Kathmandu, non avai problemi! Se ti serve ho il nome di una pensione pulita anche se scarna, in ottima zona, vicino al water taxi, vicino a Khao San Road ma lontana dal casino: si chiama Merry V,a strada mi pare sia Phra Athit Road, stesso nome della fermata del water taxi. Molto basico come ho detto, ma pulito e comodo.

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  3. Asia Asia Asia, mi sento a casa in Asia. Possibilmente buddista. Il sudamerica lo lascio a chi ama la parranda, il trago e la musica notte e giorno (sempre quella, mai che ascoltino musica di altri paesi, dopo quasi due anni ti fa diventare idrofobo).
    Il silenzio dell'Himalaya, i templi che sanno di incenso, la gente che fa prostrazioni, i cestelli di bambù (o di alluminio come la mia momiera) che mandano vapore, i sorrisi gentili, la non violenza, le collane di gelsomini, la gentilezza... Asiaaaa!!!!!!!!!!
    E il cibo? Vorremo mica fare paragoni? Asia for ever!
    ... anche se devo dire, da due giorni sono a Milano (manco dall'Italia da 7 anni) e sto avendo una crisi da "oddio quanto ben di dio c'è al supermercato! I formaggi! La verdura, quanti tipi di verdura! Il RISO!!! Le farine!!!..." ;-)

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Dimmi, dimmi tutto!