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Come saprete, io non sono né giovane - neanche una vegliarda, ma certo non una sbarbata - né meridionale.
Ho appena letto un post su questo blog del Corriere che leggo ogni tanto, il blog dei ggiovani insomma, dove una giovane ragazza calabrese descrive la sua vita da fuori sede a Roma. Riassumo in poche parole quel che mi sono trovata a pensare:
E soprattutto, non si capisce una minchia, o meglio, si capisce, ma con un certo impegno.
Mi fa pensare alla conversazione che ho avuto un annetto fa con l'amico P., il francese di Budapest laureato in italiano, che sostiene che la letteratura francese batte quella italiana dieci a zero per leggibilità. Diciamo che se la scrittura di questa ragazza è stata considerata degna di pubblicazione perché pregna di significato, ragazzi, siamo fritti - è prolissa, ampollosa, ma soprattutto c'è questo patetismo che sembra di leggere Verga. Insopportabile. Il genere di cosa che mi fa scattare fastidio epidermico immediato. Ancor più che la scrittura, mi stronca questo atteggiamento di rassegnazione, come se questa si sentisse addosso il peso di secoli di miseria... Ora, tesò, tanto misera non sei, stai studiando, goditi il fatto che stai studiando, nutri la tua mente, insomma, un po' di positività, kadzo!
Il suo comportamento a Roma (questo cercare le feste calabresi e questo suo stare coi conterranei soprattutto) mi ha fatto pensare a come si comportano i GGiovani Italici che vengono a Vienna. Io, qui, di amica italiana ne ho una (1), che ho incontrato alla scuola di tedesco e viene dalla Puglia. Insieme, siamo la Cotoletta Salentina. Tramite lei ho talvolta incontrato alcuni G. I., provenienti da varie regioni italiane. Spesso arrivano qui, senza parlare un minimo di tedesco (e ci sta, a scuola si studia poco, specie nel sud, nel nord-est sono le ex-colonie invece); con un inglese scarso (e questo ci sta meno); senza la più pallida idea di cosa fare di sé, trovano un lavoretto (e questo ci sta tutto, ci mancherebbe) però poi invece che vivere la città, o tentarci, si isolano tra italiani, e finita lì.
Ora.
Anche a me manca, parlare l'italiano, quando non vedo Fro. Però mi romperei le palle, a stare solo con gli italiani, perché allora, umm, perché andare via dall'Italia, se poi stai sempre con gli italiani? Già quando ero mocciosa, mi sfuggiva questo ragionamento, quando sentivo i compagni miei che andavano a studiare in Britannia e dicevano "ooooh ho trovato un sacco di italiani, che phigo!"
Per me uno dei lati stimolanti dello stare all'estero è che ho amici austriaci (meno di quanti avrei pensato, ahimè), inglesi, romeni, francesi, croati, americani, insomma, un po' di tutto. Quindi, nello stesso modo, non capisco questa ragazza che a Roma va alle feste dei calabresi: ma non sarebbe molto più interessante fare feste pan-meridionali - se proprio devi organizzarti geograficamente - dove scofanarti felice la 'nduja e anche i taralli e anche le scacce ragusane? Io sono cresciuta a Milano con un padre romano e amici di tutta Italia - in classe mia contavo solo due milanesi "reali" - più eritrei, peruviani e filippini. Penso che mi abbia arricchito, nonché abbia anche provveduto a farmi conoscere un sacco di culture e cibi e cose del genere. Quindi l'atteggiamento di questa ragazza qui, proprio non lo colgo.
Illuminatemi, vi prego!
E poi: Roma sinistra? Libera di pensare ciò che vuole, ma se Roma è sinistra allora Katowice* che cos'è??? Sono molto, molto perplessa.
*Katowice è una città polacca. E' anche uno dei luoghi più deprimenti dove abbia mai messo piede, insieme a Sofia in Bulgaria. La stazione di Katowice fa sembrare la stazione di Milano San Cristoforo un luogo ameno e ridente, dove manca solo un sambodromo.