Girl power e diarios de bicicleta a Nusa Lembongan, Bali

Ora, molti di voi che non mi conoscono probabilmente pensano che io sia una tipa intrepida e coraggiosa, che va e viene senza paura. In realtà: no. Per niente. Me la faccio sotto.
Avrei sempre voluto viaggiare da sola, ma tra amici vicini che venivano con me, amici lontani da andare a trovare, e fidanzati zingari come o più di me, alla fine, da sola, ho viaggiato pochissimo. Giusto un poco quando vivevo in Turchia, e neanche tanto, perché non avevo molti soldi da spendere, all'epoca.

Quindi.
La mia settimana da sola a Bali è stata una delle prime volte che sono stata a spasso da sola molto lontano da casa, senza l'Asburgico. Ho passato il primo giorno a riprendermi da questo concetto, perché nonostante siamo insieme da sei anni e nonostante mi tiri fuori dagli stracci, talvolta, io l'Asburgico lo amo, e mi mancava, e mi sentivo perduta come la prima volta che i miei mi hanno abbandonata nella perfida, piovosa Albione, dicendomi: impara l'inglese, ciao. 
Almeno ho compiuto le mie elucubrazioni con questa vista dal mio ostello a 10 euri a notte:

La vista dall'ostello dei Fratelli Grugno, gli uomini meno sorridenti di tutta Lembongan.
Poi ho conosciuto le ragazzette brasiliane che dicevo qualche giorno fa, che mi hanno tenuto compagnia e che, avendo dieci anni in meno di me, e venendo da lontanissimo, mi hanno tempestato di domande sul viaggiare e sull'Asia e sulla vita, facendomi sentire a) vecchia ma b) anche una donna molto saggia e piena di esperienza delle cose. Una donna di mondo, ecco. 

Che cazzo, in effetti dopotutto sono stata in quasi trentacinque paesi diversi, però poi mi concentro sul fatto che faccio male le divisioni per calcolare le valute, e mi sento come una sbarbata che verrà fregata ad ogni passo, anche se poi non succede (ma questa insicurezza è il motivo per cui non sono ancora andata in India, sapevatelo.)

Insomma, dopo il primo giorno in cui le brasileñe ed io prendiamo un barchino per fare snorkelling, finiamo in un canale burrascoso che decoriamo del nostro vomito, per poi non vedere neanche quelle cazzo di mante giganti, decido che ora basta. Mi prendo una bicicletta, e vado almeno alla spiaggia vicina, senza benzina e senza finanziare il nemico (gli autisti balinesi.)

Inizio a pedalare, e prima finisco in un villaggio di simpatici pescatori e coltivatori di alghe, e poi in un bosco di mangrovie.

La gente del villaggio di pescatori e coltivatori d'alghe è la più carina dell'isola.
Esco da quello e finisco in una strada che attraversa le discariche dell'isola, per poi arrivare a una spiaggia bellissimissima ma senza ombra, praticamente dall'altro lato dell'isola, sentendomi Natalia Cipollini perché che cazzo, mi ci sono volute tre ore di bici con salite, per arrivare lì. La condizione delle strade, per darvi un'idea della situazione:

Discarica intorno e strade curatissime. L'interno di Lembongan.
Sulla scogliera, ho incontrato un americano che sosteneva che dovrei essere rinchiusa, perché mi rifiutavo di avere un motore sotto il culo. Mi sono sentita come una delle Spice Girls, cioè molto girl power. Tanto che quando l'americano mi ha detto, ti faccio una foto, ho preso subito la posa da girl power delle ragazze thai: sorriso siemo, e segno della vittoria. Segue una diapositiva, strappo alla regola che di foto mie qua non ce ne sono mai.

Impolverata, conciata, ma felice. Se ce la faccio io, ce la fate pure voi. 
Continuo e continuo, scendo dalla bici per salire a piedi sull'unica montagna di tutta l'isola, in cima alla quale incontro un signore indonesiano che ha aperto un baretto con del caffè divino per tutti quelli come me, e un graphic designer tedesco che ogni giorno lavora nel bar dell'indonesiano col suo computer. Dico al tedesco di andare in Birmania, la prossima volta che deve lasciare l'isola per il visto, e scendo. La sera, esausta, guardo il tramonto e mangio nel tendone di una signora che fa un sambal così piccante da farmi tossire abbastanza da intrattenere tutto il tendone, finché un signore di lì non si preoccupa, e inizia a percuotermi sulla schiena, per salvarmi la vita, dice.

Ecco a voi Azzurra. Il bolide senza freni. 
Il giorno dopo, giro all'inverso. Colazione con spremutona gigante di bacche e muesli al baretto del francese, e parto su per la montagna. La prima spiaggia a cui scendo, orrenda, rovinata. Arranco su per il crinale per tornare alla strada smadonnando, e incontro due danesi che, mossi a pietà dai loro motorini, mi regalano una salviettina umida, e mi dicono di una spiaggia un po' più in là che hanno trovato, di difficile accesso, ma bellissima. Seguo le loro indicazioni, e trovo la spiaggia giù da un crinale verticale. Scendo praticamente di culo, e mi ritrovo davanti a una spiaggia bianca, bellissima, con solo due (2) altre persone sopra, una coppia franco-inglese con cui chiacchiero per ore, condividendo disperazioni apocalittiche sul destino del pianeta invaso dal pattume, e consigli su come imbucarsi negli alberghi di lusso fingendosi ospiti (lui è un professionista di quest'arte.) La spiaggia, però, valeva la pena di quasi fracassarsi rovinosamente giù per il crinale: 



Lascio la spiaggia, e decido di tornare. Risalgo l'ormai famosa montagna per andare dal mio amico del baretto, dove divoro due toast, un brownie e un caffè, perché la spremutona col muesli non era molto grande, e incontro un graphic designer neozelandese, che pure lui lavora lì (il caffè Two Towers ha anche ottimo internet, per quello vanno tutti lì, questi che fanno il telelavoro.)

Inizio a scendere, e mi accorgo che non mi funzionano i freni. Molto bene. La discesa è ripidissima, quindi inizio a camminare. Sulla strada, incontro un gruppo misto italo-franco-austro-tedesco, che mosso a pietà, mi ripara almeno uno dei due freni, e mi dice, vieni a cena con noi, stasera? Ci sono andata e il giorno dopo ho girato tutto il giorno con loro in motorino, impolverata ma non sfiancata, ma quella è un'altra storia. 

Insomma, in due giorni e mezzo, io che sono francamente una persona fuori forma o comunque molto normale, ho fatto circa 9h in bicicletta, su sterrati, salite, e strade di qualità come quella che avete visto. Sono arrivata alla spiaggia dove non pensavo sarei arrivata, da sola, incontrando due serpenti, vari granchi giganti che vivono nel fango e attraversando discariche, tutto da sola. Quindi...


8 comments:

  1. https://www.youtube.com/watch?v=ADLKFjLpnDg

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  2. Grande!
    Ho solo una domanda: come mai non hai scelto subito il motorino?

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    1. Perché... L'hai guardata bene la foto della strada? E poi, anni fa da un motorino sono caduta. Di testa. La cosa mi ha reso molto più cauta del turista medio a Bali.
      E poi perché: i motori non li amo granché (non ho la patente mica per caso) e mi piacciono le biciclette, assai. Le mangiate senza colpa che mi sono fatta in quei giorni lì sono una cosa speciale. Il tuo corpo è distrutto, ma stai da dio, dopo tante ore in bici.

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  3. E' in queste situazioni che ci si rende conto delle proprie infinite risorse!
    Ti faccio i miei complimenti per la tua audacia e per lo splendido sorriso! :)

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  4. La foto è bellissima e il posto stupendo, però sappi che nel mio viaggio in India ho incontrato le persone più oneste del mondo (tipo ragazzino che mi insegue mentre mi allontano in macchina per restituirmi la macchina fotografica dimenticata sul tavolo del ristorante). Quindi puoi andare anche lì!

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  5. @Selena: grazie!
    @Silvia: non lo metto in dubbio, ma riguardo all'India le perplessità non sono tanto sull'onestà della gente ma sulle storie che ho già sentito da altre donne. Se viaggi come viaggio io, con lo zainetto, devi stare attenta adesso più che dieci o venti anni fa. Cioè: per le donne, indiane e non, l'India sta diventando più pericolosa, non meno, e questo mi blocca, anche se sarei iper interessata ad andarci. Però per dire, mi sentire più a mio agio ad andare in Cina, da sola, se proprio volessi vedere uno dei due giganti demografici della nostra epoca.

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