Vienna come Vladivostok

Stamattina mi sono svegliata a uno di quegli orridi orari antelucani che devo tenere qui. Che se ci hai un appuntamento alle 8:30, devi arrivare alle 8:15, se no gli studenti ti guardano storto come se fossi, tipo, in ritardo (che poi sono studenti disoccupati, quindi, che fretta hanno di fare i test rapidamente? Dove c*** dovranno mai andare?) Puntuale qui è già in ritardo, per certa gente.

Comunque.

Stamane sono strisciata fuori dal letto alle 6:45. Passo davanti alle finestre della sala, e mi sembra di vedere troppa luce. Con quell'unico occhio che mi si apre a quell'ora, vado a vedere di che si tratta. Il nostro cortile è tutto bianco. C'è la tormenta di neve, diobòno. 

Ho cantato vittoria troppo presto, speravo di cavarmela attraverso l'inverno 2011-12 senza nevicate e rotture di palle assortite. E invece no! Adesso esco per le lezioni del pomeriggio, agile come una gazzella ubriaca nella neve della steppa.
gazzelle tibetane nella neve su http://en.tibetmagazine.net/
Il bello è che sono attorniata da austriaci felici come pasque perché nevica. Non vedono che diventa gelatina grigiastra e zozza dopo due minuti. No, no. Loro sono contenti perché così possono rallentare il ritmo. Ma il problema, miei cari, è che vi serve la neve per farlo. A me no, perché io nasco lenta. Insomma quindi gli austriaci con sorriso (raro) sulle labbra e i tacchi alti nella neve, e la vostra beneamata, la vostra prode Natalia, invece, in giro col passo leggero come quello di un granatiere e la bocca pulita come quella di un camallo genovese. 

Son belle immagini, dico io. 

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