Cihangir | il mio quartiere http://birdutmasali.blogspot.com/ |
Occazzo.
E' quello che ho pensato un paio di giorni fa. Di mio, ma anche perché il blog di Bayan Destinazioneestero mi ha ricordato la mia vita istanbuliota nei dettagli. Fa un po' male.
Perché mi sono accorta che sono passati quattro anni da quando io, pivella laureata da due settimane, mi sono trasferita a Istanbul. Dicendo alla mamma, e a me stessa: no, dai, ma vado tre mesi, faccio lo stage del MAE e torno. Sono arrivata il 12 gennaio 2008. Dovevo tornare in Italia a marzo del 2008. Sono tornata stabilmente in Italia a settembre, invece. Oops. Con in mezzo gite nel sud della Turchia, una gita siriana cancellata perché... Non si sa bene perché, e un innamoramento a Kathmandu. Cioè M.
Sì insomma, sono arrivata lì, sprovveduta e senzatetto, con in testa un tizio conosciuto appena prima di partire, conoscendo solo la parola merhaba e Ö., futura amica e couchsurfer, che mi avrebbe ospitato mentre cercavo casa, che abitava a Üsküdar, riva asiatica.
Il primo giorno sono andata al lavoro in traghetto, coi gabbiani e un bicchierino di tè per svegliarmi, e il mare mi ha fatto da balsamo, come in questo romanzo che amo tanto.
Sono arrivata centrifugata, ferita, spezzata, preoccupata per la mia mà sola a Milano, mio padre morto da poco più di un anno di malattia brutta e brutale. Col ragazzo con cui stavo all'epoca che si era dato a una fuga del cazzo a Londra e che non era tornato per il funerale del mio babbo che aveva tentato di tirarlo fuori dalle magagne in cui s'era cacciato, magagne che non mi spiegò mai.
Sono arrivata disorientata, come tutti i neolaureati. Sono arrivata dicendo boh, rifletto durante sto stage e vedo cosa fare di me stessa, perché avevo sempre e solo insegnato, ma mai a tempo pieno. Sono arrivata che avevo già viaggiato tanto, ma non avevo mai abitato all'estero, perché non mi era andato di chiedere soldi ai miei per un Erasmus.
Sono arrivata affascinata da Istanbul e curiosa di conoscerla, curiosa di vivere in una città di mare per la prima volta nella mia vita, una città dove la prima cosa che mi ha stupito, la mia prima mattina dopo aver dormito a casa di Ö., è che lì si sentono i gabbiani la mattina, che cosa bella, mi sono detta. Perché io adoro il suono dei gabbiani, e sono cresciuta, dico, a Milano. Dove i gabbiani, o il mare, anche no.
Istanbul è una città che mi ha dato tantissimo, e che non mi ha tolto niente. O meglio, le cose che mi ha tolto erano cose che andavano tolte, come la paura di non farcela da sola. Istanbul mi ha rimarginato le ferite che avevo, mi ha dato una tabula rasa su cui costruire la versione 2.0 di Natalia.
Istanbul mi ha fatto conoscere persone che amo, e che sono ancora parte della mia vita. La cricca francese, di cui P, il personaggio che ora è a Budapest, fa parte (amò se leggi, non vedo l'ora di Budapestarmi tutta con te.) G&E, italiani sciroccati in trasferta a Galata, che sento come se fossero famiglia. M, anche M l'ho conosciuto lì. P., insalata mista di italianità e inglesitudine, che ora è chissà dove in Asia. S, la mia turbotutor allo stage, donna friulana dalle idee molto chiare, a me le ha chiarite per osmosi, e mi ha dato una direzione. I due O., due amici turchi uno più affascinante e interessante dell'altro, e naturalmente Ö., che ho nominato prima. Tutte queste persone sono persone che amo e che vorrei vedere più spesso, come la città, del resto.
Essere finita lì ha rappresentato per me uno di quei momenti dove la tua vita si biforca. Sarei potuta partire per il Sudafrica o l'India, con quello stesso stage, o magari non partire del tutto - e sono sicura che la mia vita sarebbe totalmente diversa, se non fossi finita a Istanbul, che mi ha presa, e mi ha rimessa in sesto e mi ha fatto crescere.
Per me rimarrà sempre casa.
Il primo giorno sono andata al lavoro in traghetto, coi gabbiani e un bicchierino di tè per svegliarmi, e il mare mi ha fatto da balsamo, come in questo romanzo che amo tanto.
Sono arrivata centrifugata, ferita, spezzata, preoccupata per la mia mà sola a Milano, mio padre morto da poco più di un anno di malattia brutta e brutale. Col ragazzo con cui stavo all'epoca che si era dato a una fuga del cazzo a Londra e che non era tornato per il funerale del mio babbo che aveva tentato di tirarlo fuori dalle magagne in cui s'era cacciato, magagne che non mi spiegò mai.
Sono arrivata disorientata, come tutti i neolaureati. Sono arrivata dicendo boh, rifletto durante sto stage e vedo cosa fare di me stessa, perché avevo sempre e solo insegnato, ma mai a tempo pieno. Sono arrivata che avevo già viaggiato tanto, ma non avevo mai abitato all'estero, perché non mi era andato di chiedere soldi ai miei per un Erasmus.
Istanbul è una città che mi ha dato tantissimo, e che non mi ha tolto niente. O meglio, le cose che mi ha tolto erano cose che andavano tolte, come la paura di non farcela da sola. Istanbul mi ha rimarginato le ferite che avevo, mi ha dato una tabula rasa su cui costruire la versione 2.0 di Natalia.
Istanbul mi ha fatto conoscere persone che amo, e che sono ancora parte della mia vita. La cricca francese, di cui P, il personaggio che ora è a Budapest, fa parte (amò se leggi, non vedo l'ora di Budapestarmi tutta con te.) G&E, italiani sciroccati in trasferta a Galata, che sento come se fossero famiglia. M, anche M l'ho conosciuto lì. P., insalata mista di italianità e inglesitudine, che ora è chissà dove in Asia. S, la mia turbotutor allo stage, donna friulana dalle idee molto chiare, a me le ha chiarite per osmosi, e mi ha dato una direzione. I due O., due amici turchi uno più affascinante e interessante dell'altro, e naturalmente Ö., che ho nominato prima. Tutte queste persone sono persone che amo e che vorrei vedere più spesso, come la città, del resto.
Essere finita lì ha rappresentato per me uno di quei momenti dove la tua vita si biforca. Sarei potuta partire per il Sudafrica o l'India, con quello stesso stage, o magari non partire del tutto - e sono sicura che la mia vita sarebbe totalmente diversa, se non fossi finita a Istanbul, che mi ha presa, e mi ha rimessa in sesto e mi ha fatto crescere.
Per me rimarrà sempre casa.
che storia!
ReplyDeleteIstanbul é una delle città che più mi piacerebbe vedere in europa, poi mi attira un fatto il suo essere sullo stretto,lungo la costa con quel mix di europa e asia.
figata e poi c'è il gelato turco!
per me è atato il mio primo viaggio all estero e ne sono susseguiti altri 6 ,purtroppo devo sempre tornare..ma è cosi anche per me istanbul come la mia casa , e come ci fosse un posto nel mondo fatto a misura per me..me ne sno innamorata e li io sno felice.
ReplyDelete