Non c'ho più la favella necessaria

a gestire un italiano. Uno de souche.
Porca boia. 
In questi giorni sono sparisciuta perché è venuto un amico italiano a trovarmi. Compagno di uni, amico da dieci anni, E. fa parte di quel gruppo ristretto di persone che ogni volta che vado in Italia lo sanno, generalmente perché decido io stessa di dirglielo. Considerato che sono più celebre del già citato papa Wojtyla, sono costretta a far così. O così, o girare per Milano come una trottola e tornare a Vienna più stanca di quando sono partita, altro che vacanza. Che poi succede comunque.

Ma comunque. Veniamo a noi, bando alle cacate, con la c, come dice il mio studente che lavora per gli italiani. 
E. è venuto qui venerdì ed è ripartito oggi. Abbiamo passato un adorabile uichènd di cazzeggio da ex ggiovani alternativi quali siamo. Venerdì pomeriggio passeggiata in centro e intervista agli studenti e non solo, molti relativamente toffa, che volevano bloccare il ballo WKR. Il ballo WKR è un ballo organizzato dall'equivalente delle nostre goliardie mi sembra di aver capito, le quali qui sono alquanto destrorse, anzi pesantemente tali, e hanno la delicatezza di fare il loro ballo nel giorno della Memoria. Bravi. Quindi ho ammorbato un paio di loro, e poi siamo andati in un caffè letterario. Sabato sveglia alle 11 passate e pranzo alle quattro in una heurige, una delle osterie qua in collina, dopo una passeggiata nei vigneti. Il nostro vicino di tavolo era un pazzo locale che si presentava come entertainer, accompagnato dall'adorabile madre ottantenne. Messi insieme erano folcloristici da morire, e si capiva poco quando parlavano - geniali, e meno male che io non sono turca. Domenica giornata architettonica. 

Ma il fatto è: io non sono più abituata ad aver intorno italiani che non siano italiani all'estero, o meglio, ce li ho intorno solo quando vado in Italia, ma altrove, no, e quindi sono impreparata. E., (se stai leggendo sappi che tevojobbène,) parla. Favella. Gli fai una domanda, e te risponde con una conferenza. Gli chiedi un parere, e lui ti fa una tesi-antitesi-sintesi supportata da note a pié di pagina. 

A parte che il mio lunedì è stato oréndo per altri motivi, dopo tre giorni con E. oltre che arricchita nel cuoricino per essere stata con un caro amico, mi sento così:

Beehive Head - Josie Fraser
Mi sembra di esser uscita ora da un'alveare. Ma quanto diavolo parliamo, noi italiani? Inizio a capire la perplessità di M che si chiede di che cazzo parlo su skype con la mia genitrice per un'ora e mezza. O quello, o mi sto austriacizzando troppo, o insegno e quindi nella mia vita privata se sento più di venti parole al secondo me ne vado a male.
Aiuto. 

5 comments:

  1. quasi quasi mò ti posto un commento di sessantadue pagine... :-P

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  2. ...;-) ho pubblicato il tuo commento, scusa!!!! Ma tranquilla io col Nepal ho fatto la pace!
    Ho ancora nepalesi a cui voglio un mondo di bene che stanno là, davvero, non preoccuparti!!!!! In fondo, ma proprio in fondo, al Nepal io gli voglio ancora bene.

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  3. Manoel: fallo, perbacco! ti sfido. quanto riesci a essere logorroico parlando del nulla?
    Niki: anche io voglio bene al Nepal, come ora sai. peccato che è, come direbbe un milanese moderno, molto fucked up :(

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  4. Fantastica! Stessa sensazione che provo io quando vengono i miei amici o la mia famiglia a trovarmi qui in suolo viennese... :-D

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  5. eh immagino. è che di amici italici finora ne son venuti pochini - solo quelli che sono in coppia e un pochino più grandi di me. i miei compagnetti di uni quasi mai. sarà perché sono tutti o a) precari e squattrinati o b) disoccupati e ancor più squattrinati???

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