Dunque, da che sono a Milano, l'ambrosia mi sta uccidendo lentamente. Sono arrivata impreparata perché di solito fiorisce più tardi, ma vista la caldazza e la siccità di quest'anno, è fiorita prima del previsto. 

Quindi, sono andata in farmacia a comprarmi il Ribes Nigrum, che aiuta in genere con tutte le allergie. Ma non bastava. Allora ho comprato uno spray, ma non serviva a niente. Allora ho seguito il consiglio dell'Asburgico (e di mio zio) e ho iniziato a sniffare acqua e sale dalla mano. Ho visto che serviva. Quindi sono andata all'erboristeria ayurvedica vicino all'università e mi sono comprata una neti lota da viaggio, che è questo aggeggio qui: 


La mia mica è così bellina. E' di plastica, ma a me serviva così, che così me la porto via. Tu la riempi, ci metti  un pochino di sale, ti pieghi a 90 sul lavandino, pieghi la testa da un lato, e pian piano versi acqua e sale nella narice superiore. Pian piano, l'acqua si fa una gita dentro la tua zona sinusale, e poi esce dall'altro lato, portando con sé scorie assortite (nel mio caso, smettete di leggere se vi disgustate facilmente, melma bianca di cui ero piena fino al cervello. Grazie, ambrosia. Grazie di cuore.) 

Ecco, sta cosa è geniale. Io la faccio due volte al giorno, starnutisco meno e respiro meglio, abbastanza bene quasi da fare yoga quasi senza problemi! E poi il signore dell'erboristeria mi ha anche dato pastiglie contenenti una piantina chiamata guduchi, che a quanto pare nell'ayurveda è una robetta che disintossica e rinvigorisce (tutte e due cose che mi servono, dato che sembra sempre che mi sia fatta una canna e non capisco una sega, e invece è solo ambrosia, mannaggia.) 

Ecco, considerato quanto mi sono sentita meglio e quanto rapidamente, rispetto a che con gli antistaminici che con l'ambrosia proprio non servono, direi 

omeopatia e ayurveda 1 : chimica farmaceutica 0, 

almeno in questo caso. Grazie, grazie acqua e sale, guduchi e ribes nero! Vi amo tanto.
Chocolat, zona Cadorna. Ha cambiato nome. Mi piaceva di più quello di prima, cioè questo. Andateci. Il gelato è ancora buono.
Sono in Italia. Per questo non scrivo. Essere in Italia per me è anche essere generalmente piuttosto sconnessa, e me la sto godendo.

Anche perché mica mi devo preoccupare delle mail di lavoro e degli studenti.

Quando tornerò, avrò tipo ancora... Tre o quattro studenti? Gli ultimi, gli irriducibili.

Pensieri sparsi degli ultimi giorni:


  1. Anche se tutti sparano a zero su Margaret Mazzantini, io sto leggendo Venuto al Mondo, e mi sta prendendo tantissimo. E se questo fa di me una zotica, me ne frego. E' un bel libro. 
  2. A Milano non piove da due mesi. Sono allergica all'ambrosia. Ho l'asma. Sembra sempre che mia sia fatta una canna da quanto ho gli occhi lucidi, ogni respiro è una fatica e che palle. Quando vado in centro, e mi trovo circondata dal cemento, sono felice. I miei polmoni e il mio naso ringraziano. 
  3. L'altro giorno parlando di Vienna ho detto "a casa." Questa è la prova ultima della mia schizofrenia emotiva. Lo dirò a Effe la pugliese, quando tornerò, e lei non mi crederà.
  4. Quando sono qui, attorniata da gente che si spupazza e abbraccia e parla a voce alta e ride per le minchiate, mi sento di nuovo me stessa. Libera di essere cojona fino in fondo.
  5. La situazione in Italia continua ad essere sconfortante e continuo a pensare che non tornerò mai qui. O che se ci tornerò, ci smenerò, e siccome sono una donna pragmatica, non tornerò.
  6. Adoro il mio balcone. Leggere sul balcone è un'attività che fa bene al cuore.
  7. La pizza e il gelato non sono mai abbastanza. 
  8. Col sole, Milano è bella. Ovviamente non a S. Cristoforo, ma il centro, nonché altre zone come chessò, Brera, o Ticinese, o i Navigli, sono belli. Firenze e Roma sono più belle? Lo so. So anche che non sono state rase al suolo a suon di bombe, quindi smettetela di rompermi le palle. Grazie. Ne sarei grata. Le periferie sono brutte, ma lo sono anche in tutte le altre città italiane, perché gli architetti negli anni '60 e '70 si drogavano.
  9. Milano è anche veramente piena di gente ben vestita. Mi sento una barbona. 
  10. Che bello l'Anteo. E' un cinema. E' una delle mie case qui a Milano.
  11. Che bella la Feltrinelli di Duomo. Labirintica.
  12. Che bella la sede di Amnesty a Brera. E' un posto sempre popolato di gente che mi riscalda il cuore.
  13. Gli immigrati di Milano sono più caciaroni di quelli di Vienna.
  14. Si sente per strada tantissimo spagnolo. 
  15. Gli amici migliori sono quelli con i quali puoi sbracarti ed essere te stessa anche se li vedi solo pochi giorni l'anno, e ci si sente a proprio agio nella propria cojonaggine collettiva. 
  16. Gli italiani parlano sempre di cibo. Rasentano la bulimia collettiva. Sono ossessivi. Però buono, il cibo.
Ora, appunto perché pizza e gelato non sono mai abbastanza, vado a fare la pizza con la genitrice.

Ci risentiamo tra qualche giorno. Che nel frattempo vado nella mia altra città, quella di papà.. Sicuramente passerò in una delle vie dai nomi migliori del mondo, cioè questa. Ciao!
www.associazionemessinese.ca
Cominciamo così, che almeno salgo su gugòl, vah. Tette e culi non sono, però, il tema di questo post, o meglio, lo sono solo di seconda mano.

Il tema di questo coltissimo post è l'informazione italiana.

Che rapporto ho io con l'informazione italiana: minimale, direi. Piccolo. Miserrimo. Leggo poco i giornali italiani, l'ultima volta che ho acquistato un quotidiano italico all'estero è stato in tempi di Turchia.

Non leggo la stampa italiana non perché sono snob, eh. E' che non mi piace, perché, beh, come dire, non è buona, non è di qualità. Ho scritto un'intera tesi, dove confrontavo due testate, una britannica e una italiana, e anche usando strumenti quantitativi, il quotidiano italiano ne usciva maluccio. 

Le testate in italiano che leggo qualche volta sono il Corriere e Repubblica, e qui il primo più del secondo sta evolvendosi sempre di più in un tabloid. Quindi le leggo poco. Leggo di più i blog ad essi collegati, ma non spesso. 

Talvolta leggo anche lavoce.info, che è scritto da economisti e accademici, e per questo fa cose "pallose" tipo citare numeri, inserire tabelle, insomma, parlare di fatti. Mica male, a me piace. E poi come dice il buon vecchio Noam Chomsky: bisogna ascoltare gli economisti. Non hanno tanta agenda politica, quelli si occupano dei danè, quindi se volete capire cosa succede veramente, ascoltate loro. Loro dicono ai ricconi dove investire i loro soldi: se mentono, e i ricconi perdono soldi, loro perdono il posto. Quindi a volte mi trovo a leggere il Wall Street Journal, io, che sono una cojona incredibile ma mi impegno, e se non capisco chiedo all'Asburgico, che è un uomo che sa il fatto suo.

Qualche volta leggo l'edizione per kindle del Fatto Quotidiano, ma il tono è rissoso, riottoso, e strillante e sarcastico, mi fa venire un po' di mal di pancia e mi fa ricordare cosa non mi piaceva dell'Italia. Cioè la gente rissosa che strilla un po' ovunque, ad esempio. 

Tette e culi, come ben sapete tutti, è la linea editoriale di molta stampa italiana, forse perché tette e culi sono anche uno dei principali interessi dei miei connazionali, dato che le notizie più cliccate sul Corriere o Repubblica sono sempre relative a 

*sesso, escort, chi fa merenda con chi (e phiga in generale)

*scandali politici (ma mai la politica vera, quella che poi ti incula con le sue conseguenze, solo il gossip politico, ovviamente)

*donne famose e uomini famosi e le loro vicissitudini (un tempo per quello c'era Novella 2000, o Gente, se eri più raffinato)

*calcio (calciomercato una volta all'anno, calcio giocato qualche volta, calciatori che si insultano o si picchiano o tifosi cafoni o violenti spessissimo.)

*solo in estate: le foto in spiaggia di persone che spaziano da Fabrizio Frizzi a Franco Frattini. Che io direi: ma perché? Ma chemmefrega???

Sui giornali italiani si parla poco del resto del mondo. Se si parla dell'Italia, non lo si fa in modo chiaro: spesso manca il contesto, io che la tele non ce l'ho, dall'estero, non capisco di cosa stanno parlando. Per niente. Sono scritti male, trovo errori continuamente, di grammatica e di contenuto. Gli articoli sono corti, e se un articolo dev'essere corto è chiaro che non potrà mai approfondire il tema che tratta. Sintesi: bene. Brevità perché il lettore si rompe i cojoni: male.

Ora, perché parlo di tutto ciò? Perché alla fine finisco sempre a leggere roba in inglese. Il Guardiano, Foreign Policy, L'Economista, il New York Times quando non ti chiede i soldi, New Statesman, the Atlantic, the New Yorker, Rolling Stone, che non scrive solo di musica: queste testate le leggo non perché sono una stronza snob, ma perché mi piace leggere per informarmi. Su questi siti ci sono articoli lunghi, con tanto testo, con articoli collegati, più vecchi, dai quali puoi trovare un contesto se quel che ti viene dato nell'articolo non ti basta, e questo a me piace molto. Si può dire lo stesso di molte testate che conosco in tedesco, anche se non sono abbastanza brava e motivata per leggere in questa lingua, e si può dire (relativamente) anche per alcune testate francesi. 
Di certo non vado dalle testate in italiano, per sapere cosa succede nel pianeta: ci vado solo per sapere cosa succede nel paese di cui ho il passaporto, e spesso non si capisce una sega.

Cari lettori del blogghe, la mia domanda finale è la seguente, dato che siete tutti personcine colte e intelligenti: conoscete un sito in italiano, che secondo voi fa giornalismo serio, possibilmente non urlato, e approfondito, con articoli lunghi, che si occupi non sempre e solo di "politica" e cronaca (oltre che tette e culi) ma anche, chessò, di cultura? Con una bella sezione culturale che si può anche leggere su internet, così mi mando gli articoli sul kindle, dato che sono così lunghi che a leggerli sullo schermo si affaticano gli occhi? (Questo vale per molti articoli delle testate che ho citato.) A me piace, leggere Carmillaonline, però a volte è un filino di nicchia. Che mi dite?

Per un anno, ora, parlerò pochissimo italiano. Già mi faccio forse il capello scuro, se non ho un po' d'italiano nella testa ogni giorno mi viene veramente, la crisi d'identità. Suggerimenti? (Lettori francofoni, se avete idee geniali sul francese ditemelo perché parlerò anche pochissimo francese, senza Violette al mio fianco!)
Oh, finalmente. Finalmente ho avuto il mio primo visitatore africano! Più precisamente, sudafricano.

Yuhuuuu!

Benvenuto! Welcome! Welkom! 


E, viva la vuvuzela! Nel mio cortile di Vienna c'è un tedesco che la suona ogni volta che ci sono le partite della Germania. Mitico. 

Nota a latere: qualcuno è arrivato qui scrivendo "voglia di morire". Come sempre, mi auguro che vada meglio. E mi domando anche: ma si drogano, quelli di gugòl? Io non scrivo mai che ho voglia di morire, scrivo solo vojo morì o moro, ma come fa gugòl a sapere che sono variazioni di morire? E comunque gugòl non ha per un cazzo senso dell'ironia. 
No. Non parlo del film di propaganda tognino. No, non parlo di Leni Riefenstahl. Vi sembro un tipo del genere? E' il titolo, che è adatto.

Parlo di me. Natalia. Natalia è andata dal dentista. Il trionfo della volontà di Natalia: mica cazzi. 

Ora che c'è andata, Natalia può anche confessare da quanto non ci andava: da così tanto che non se lo ricorda, ma cinque anni almeno, pre-Turchia, perché più aspettava e più se la faceva sotto. 

Insomma, ora mi sono fatta coraggio, complici due fattori:

l'Asburgico che mi diceva se non vai finisci in mano a un dentista di strada boliviano

tra i miei studenti non ho uno ma due dentisti, uno specializzato in chirurgia e l'altro in ortodonzia

entrambi questi studenti mi cazziano da circa due anni dicendomi Vieni in studio, cazzo, come quel tizio della guardia costiera al capitano della nave affondata in Toscana.

Oggi, allora, sono andata. Il mio dentista è: giovane, perché ha solo otto giorni più di me. E' ungherese e mi impara l'ungherese a fine lezione. E' anche belloccio, oltre che il mese di nascita abbiamo in comune degli splendidi occhi azzurri.

Ecco. Al contrario di tutti i dentisti venuti prima di lui, oggi mi ha fatto tenere uno specchio e mi ha detto guarda Nat, devo fare questo, questo e questo, e questo è il motivo, vedi? Ecco, a me sta cosa piace un sacco. E' la mia bocca, mi spieghi dove come e perché? E poi mi ha fatto un'otturazione istantanea.

Io: mi fai l'anestesia vero F.? Locale?

Lui: ma no, dai, Natalia, come l'anestesia?

Io con gli occhi da coniglio nei fari: sìsììl'anestesiatipregoooohohohooooooo :( :(

Lui: maddài, su, ci metto dieci minuti, scommetto che ci riesci!

Io: ... (Sempre con gli occhi da coniglio nei fari)

Ha cominciato e durante guardandomi in faccia mi fa: mi sa che ti fa male eh, vuoi una siringata?

Io: aicdodddddiiiih! Mi leva gli strumenti e ripeto con la bocca impastata e i pollici in alto: I can do this!!!

Ohibò, ce l'ho fatta. A settembre un'altra otturazione e ho finito. Comunque F è bravissimo. Mani d'oro. Dopo il viaggio lui sarà il mio dentista forèva. E dopo il viaggio mi leva i denti del giudizio, porcaboia. Ma per quello c'è tempo... 
Uno degli effetti della futura gita sarà che non avrò né il tempo, né la voglia, e probabilmente neanche la materia prima, per mantenere la mia chioma con quella splendida, chicchissima sfumatura biondo tiziano che mi è venuta, da sola, al secondo tentativo, e che mantengo felice da qualche mese. 

Scusate se è poco, ma: la chioma è una delle poche cose di cui mi occupo amorevolmente, io, che da quando vivo qui ho la femminilità abbastanza in vacanza (perché le donne di qui si curano meno e si truccano meno, e si fa in fretta a sembrare truccate come auto rubate. Escludo da ciò le donne della ex-Jugoslavia, che si truccano spesso esattamente come le auto rubate e sono contente così.)

Comunque, tra poco vado in Italia, ancora bionda come lo sono stata tutta la mia vita, con una parentesi gotica a sedici anni col capello nero. Poi, quando torno qua, vado dalla mia parrucchiera punk con piercing ovunque e le dico: fammi un colore il più simile possibile al mio biondo smorto, color topolino di campo, magari con una sfumatura un po' più bellina. Così non finisco a farmi fare tinte bionde chessò, a Cuzco, dove poi ne esco coi capelli verdi. 

Lo so che vi sembrerà una vaccata allucinante: ma mi creerà una lieve crisi di identità, questa cosa. Ne sono certa. Le donne che leggono capiranno di sicuro.

Speriamo solo di riuscire a uscire fuori così.

cosmopolitan.co.uk
Questa qui è quella topola della Sienna Miller. Mica sono gnocca come lei, io. Ma siamo simili a livello cromatico. Ecco, io spero di restare me anche brunetta.

Urgh. Vi farò rapporto appena farò il grande passo. E scusate il post cretino, ma a me sta cosa mette una lieve ansia, eh. Davvero!
Bene, allora, chi di voi mi legge da più tempo sa già che ho già qualche esperienza di gita in posti lontani, che ho vissuto in Turchia, che ho conosciuto quest'uomo a Istanbul e me ne sono innamorata in Nepal, che ho passato, se metti insieme i pezzi, qualche mese nel sud-est asiatico. Che l'Asburgico ha abitato in Cina, studiato cinese, cucina cose asiatiche, legge di Cina e fa qi gong, alla stessa ora nella quale la vostra prode, dopo ore ed ore passate a blaterare con gli studenti, bisognosa di silenzio e calma, per calmare la sua mente meneghino-esaurita, va a yoga. Cuciniamo tofu, io preparo piatti turchi. L'Asburgico è pure vegetariano, io no, ma in effetti mangio la carne piuttosto raramente – come dice lui, sono i frutti di mare e i pesci, che devono temermi.   

Se ci penso bene, in effetti, non so bene come la mia vita sia arrivata ad essere così permeata di cose che vengono dall'Asia. Anche più vicino a noi, quando viaggiavo in Europa, che ero più sbarbata e stavo più vicino a casa, andavo sempre a oriente: in Grecia, nei Balcani, a Istanbul, in Turchia, nell'Europa dell'Est. In Spagna non ci ho messo piede fino a molto tardi, la Britannia è stata al centro della mia vita quando ero più piccina, e poi ho smesso di andarci assiduamente. 

Ecco, quindi, alla luce di ciò, quando i miei amici mi dicono ohhh Natalia! Ma allora parti davvero finalmente, ma che fico! E dicci, dicci dove cominci? La cosa va così, più o meno:

Io: Da Curaçao!

Loro: Dove?

Io: eh, sta nei Caraibi. Una caccola di isoletta minuscola che era Olanda fino a un paio d'anni fa. Al largo della costa venezuelana.

Loro: al largo della costa... Ma, Natalia, ma come la costa venezuelana? Ma non dovevi andare in Cina?

Io: sì. Però poi con l'Asburgico ci siamo detti che se cominciamo prima con l'Asia finisce di nuovo che non vediamo nient'altro. O meglio, questo è quel che è successo a lui, la prima volta, quindi abbiamo detto beh ma pensiamo un po' da bravi Querdenker (pensatori laterali) e facciamo qualcosa di inatteso!

Loro: capisco. (e se sono stati in America Latina:) ah, beh, poi mi dirai. Comunque, secondo me vi troverete bene, ma non ha il fascino dell'Asia, per gente come voi. (Come noi???) Oppure: morirete di fame. Oppure: state attenti a non farvi rapinare.

Ora, la mia curiosità nei confronti del mondo latino è piuttosto recente, dato che negli ultimi mesi sono circondata per qualche strano motivo da gente che va in, viene dalla o si trasferisce in Colombia, un amico abita in Ecuador da tre anni e un altro in Perù da due. Quindi ti vien voglia di andare a vedere cosa gli piace, cosa li tiene lì. E poi, ho anche letto dei bei libri scritti da gente di quelle parti, che lo so che magari suona cretina come cosa, ma se leggo tanti libri su un posto, poi finisce che ci voglio andare, lì. Che è il motivo per cui mi secca che non riesco mai ad andare in India, anche se senti una marata di cose ipernegative e iperstressanti. Magari a sto giro riesco a fare lobbying per lo Sri Lanka, anche se è un po' fuori mano e costa un sacco arrivarci. 

Ma pare che la teoria sia che spesso ti piaccia o l'Asia, o l'America Latina. Secondo alcuni, almeno. Vedremo. 

Quel che posso dire è che prima di andare in Asia non sapevo mica che mi piacesse, l'Asia. E' solo che piaceva ai miei genitori, e quindi mi ci hanno portato quando ero piccola, una sola volta, per farmi vedere ciò di cui parlavano sempre, quando ci andavano da soli. E io già da mocciosa mi ero innamorata della gentilezza delle persone, dei sorrisi, e anche del senso estetico: i crisantemi nelle bacinelle di fiori, le ghirlande di fiori profumati per le offerte, i colori dei tessuti. Ho avuto la fortuna di vedere queste cose con gli occhi di una bambina, e me ne sono innamorata. 

Ora invece sto per partire per un continente di cui so poco, e sto cercando di non fare la nerd come al solito dove leggo e straleggo prima di partire: l'obiettivo è cercare di arrivare con gli stessi occhi sbarbati coi quali arrivai in Asia con i miei genitori per la prima volta (quasi vent'anni fa! madre mia.), senza aspettative da deludere, e vedere come va. Se decido che non mi piace, vabbè, è per questo che ci sono gli aerei, no?
E' il nome di queste bestiole bellerrime, ma pericolose. Sono velenosi, e per venderli come animali domestici gli tagliano i denti, o glieli levano con le tenaglie, poveretti. Quindi spero che questo video sia di un centro dove se ne occupano con amore, e non di qualcuno che se l'è comprato sdentato per piacere suo. Non lo so, perché è in giapponese, il tutto. In ogni caso, date un'occhiata. Io pensavo fossero lemuri, e invece ho scoperto che no. Questi animaletti vanno dritti nel mio olimpo personale di bestie che amo: bradipi, lemuri, elefanti e orangutan. 




randomchickblog.com
Insomma, ci siamo quasi. Stiamo per partire, e sono un po' in sbattimento. Ultime due settimane di lavoro, poi Italia, poi ritorno, poco lavoro e molto impacchettaggio. 

In tutto ciò, nelle varie discussioni con le amiche che mi dicono non ti lamentare, idiota, e mantieni la calma santoddìo, è venuto fuori che una delle cose principali che mi preoccupano, dato il gene ambrosiano-stakanovista che è stato brutalmente messo a tacere dall'altra metà di cervello epicurea che dice figlia mia sei giovane, vai a farti un giro finché puoi, dicevo, è venuto fuori che ciò che mi angustia è che la mia mente, brava idiota, si preoccupa già del post.
Della ricostruzione.
Dello sbattimento dell'essere di ritorno a Vienna in autunno l'anno prossimo, col tempo orrendo e zero progetti in ballo, o quasi. Urgh. Lo so, lo so che è idiota pensare sul lungo periodo così perché non sai mai cosa succede nella vita e magari qui neanche ci torno. Però un po' me ne preoccupo. Dell'essere di ritorno a Vienna con l'inverno, il freddo e le temperature sottozero alle porte e ommioddìo, insomma.

Quindi, come ho detto alle amiche ora vi dico queste cose perché voi me le ricordiate quando tornerò e sarò piagnucolosa, relativamente povera e possibilmente insopportabile, voi mi ricorderete che avevo già una strategia per reagire al tutto.

Questa si sviluppa nei seguenti punti:

  1. Mantenere la calma. Tassativamente mantenere il sangue freddo e non abbattersi se le scuole non hanno subitoimmediatamente progetti per me.
  2. Iscriversi a yoga. Sì, anche se ti sembrano tanti soldi. Perché da disoccupata avrai diritto almeno alla tariffa ridotta, e ti fa bene all'umore.
  3. Iscriversi in palestra. Sì, che sono anche solo una ventina di euri al mese. E ti dà un posto dove andare a muoverti anche quando fuori ci sono -10C e il buio pesto, tu vai là, remi, ascolti podcast e sei contenta.
  4. Farsi una tessera della biblioteca. Hanno tanti libri gratis e internet (e ottime sale con le poltrone comode, dove puoi andare quando fa un freddo becco, è buio, non hai voglia di stare a casa, nessuno ha tempo per te, e non vuoi spendere soldi nei caffè.)
  5. Se possibile, iscriversi anche a The Hub perché a) ti dà uno spazio dove lavorare che non sia casa tua e b) ti mette in contatto con persone positive. Sì, anche se costa 25€ al mese e stai già pagando yoga e palestra. 
  6. Se noti che il tuo tedesco in un anno di pratica quasi a zero – a meno che non cambi la situazione e inizi a parlarlo con l'Asburgico, cosa che sarebbe opportuna ma non ce la fate perché perché non usare l'inglese che è così pratico e ci piace assai – iscriviti anche a un corso di tedesco e fai un ripassino. Se è troppo caro, motiva la tua scelta al cospetto della Genitrice e della Nonna: loro due ti aiuteranno. Che sanno che l'istruzione è importante (e magari col loro aiuto potrai andare all'università e non a quella scuola sfigata dove sei andata la prima volta, che faceva schifo.)
Ecco. Ho scritto tutto anche qui, ricordatemelo quando tornerò, il blog diventerà una palla mostruosa da leggere, e io mi lagnerò... Ditemi, Natalia, attivati, perdinci!
quando tu esci dall'aula un minuto, torni, e scopri che i tuoi studenti si sono messi a parlare degli swinger clubs. 

Quando te ne rendi conto, ridi, e gli chiedi, ma come diavolo ci siete arrivati, nessuno risponde e tutti ridacchiano col sorrisone a trentasette denti.

Siamo a circa due settimane dalla fine del corso, e si vede. Stanno tutti regredendo alla fase scuola elementare: problemi di concentrazione e battute cretine con sorrisi siémi in faccia. 

Vabbè dai, meglio delle guerre civili che scoppiavano all'inizio!
Dunque, la vostra prode, più di un mese fa, si dice: ho voglia di mettermi un vestito. Uno vero, da femmina, bello, dove si vedono le tette, le forme, le cose. 

Vado sul sito di Promod, che non ho cazzi di andare nelle strade affollate e i vestiti sono più facili dei pantaloni, e ordino.

Commetto un errore madornale: metto come indirizzo di consegna casa mia, e non una delle scuole.

Errore. Erroraccio. Perché io sono spesso fuori. Ma mi dico: mi lasciano il foglietto, e io lo vado in posta a prendere il pacco, come sempre. Che vuoi che sia. 

Aspetto per settimane, che sono italiana e penso: e vabbè, ci mette un po', che vuoi che sia. 

Poi però mi preoccupo e dico, che minchia, dovrebbero già essere qua. Se aspetto ancora un po' finisce, l'estate, e io sti abiti neanche li ho ancora messi. Scrivo quindi al servizio clienti, che mi dice:

Natalia, sei crétina. La Ups li ha consegnati al signor Kepler, che li ha presi per te nel tuo micro-condominio.

Io dico: ma non c'è nessun cazzo di Kepler, qui. Loro mi dicono: controlla.

Io controllo.

Stampo la mail e la evidenzio e la metto carina con gli smiley che dice: signor Keplero, se per caso si è inculato i miei due abiti, me li potrebbe ridare, grazie?

Niente.

Ieri riscrivo al servizio clienti, che mi dice: eh, Natalia, sono venuti da te alle 17.10 e tu hai rifiutato la spedizione, come la mettiamo?

Io dico: ma io ero sul divano di casa mia, alle 17.10, a parlare con l'Asburgico, e non ha bussato nessuno, proprio. Come la mettete, voi?

Oggi ricevo una mail che dice: Natalia, la tua spedizione sta tornando al magazzino in Francia. Non possiamo più fare niente per te. Attaccati al kadzo.

Io comincio a scrivere una mail furiosa e poi dico: ma che scrivere, ora chiamo il servizio clienti perché non è possibile sta cosa.

Insomma, chiamo, mantengo la calma zen ma mi mostro comunque semi-indignata – che ve la dovete beccare, Natalia furiosa in tedesco è ridicola, veramente, ho pure guardato come si dice in tedesco ridicolo prima di chiamare per descrivere questa situazione – e dopo 15 minuti di chiamata viene fuori che:

  • non avrò mai quei due abiti, perché finiranno al cimitero degli abiti in promozione o che so io.
  • lei però signorina guardi se c'è qualcosa che le piace e glielo spediamo gratis (sì, certo, così non mi arriva, porcodyo)
  • le ridiamo i soldi.
Vabbè. Insomma, s'è capito che il destino di Natalia è andare in giro sempre vestita con gli straccetti come una fricchettona e con i pantaloni. Le gonne le ho in Italia perché mai ha fatto così caldo così a lungo, qui. Io voglio una gonna o un abito. Ma non ho tempo di andare a fare shopping, per questo spesso compro online (e senza problema alcuno, finora.)

Devo mandare un sms alla mia femminilità di resistere ancora un paio di settimane, che poi vado in Italia e posso tornare a vestirmi da femmina: ci saranno clima e abiti adatti allo stesso tempo.

Incredibile.

In tutto ciò: UPS, fate cagare. Non lavorate mai con UPS. Pessima esperienza con UPS. UPS incompetente. (Scusate, mi serve per i motori di ricerca.)

Ora esco, e speriamo almeno che non faccia un temporale monsonico, che devo andare a mangiare le cozze dagli spagnoli con l'amica salentina mia. Che siamo la faccia phiga dell'unità d'Italia, lei ed io. 
Sono appena tornata a casa per la pausa pranzo e il solito pit-stop di cambio libri.

C'era una coppia di italiani abbronzatissimi, in metro, più o meno miei coetanei, con gli occhiali da sole. Io ormai mi diverto a indovinare di dove sono i turisti, dato che Vienna al momento ne è piena. Con gli italiani di solito ci azzecco bene, gli unici che talvolta mi confondono un pochino sono gli spagnoli, e neanche tutti. 

Comunque, domanda: 

ma per quale motivo gli italiani, di ogni latitudine, tengono addosso gli occhiali da sole in metrò?

e la domanda che le fa da corollario nella mia mente, ogni estate, ad ogni Pasqua o a Natale:

per quale motivo, gli italiani, anche quando viaggiano per pochi giorni, portano sempre un trolley che potrebbe contenere un cadavere?  E per quale motivo anche i ggiovani viaggiano in trolley quando il resto del mondo ha lo zaino?

Illuminatemi, vi prego. Vado a mangiare qualcosa, e vi lascio con una diapositiva della persona che mi hanno ricordato i due abbronzatissimi di prima:


Giusto per farmi passare la malinconia di casa che avevo qualche giorno fa. 

Eh beh. Come antidoto penserò alla vetrina di Princi in via Moscova a Milano, che è una delle cose buone e belle della mia città. Sì, è caro, ma io ci vado tre volte all'anno, quindi chissene. Mi mette in pace col mondo. Ah, e l'individuo della foto pare abiti in zona. 
Non è solo il titolo del bel libro di Younis Tawfik pubblicato qualche anno fa. E' anche quello che sono io, qui. Ne parlavo con l'amica V., che è straniera pure lei, francese, quindi più sfigata di me: qua gli italiani hanno un bonus. Sono i vicini caciaroni col vino e il cibo buono, quelli che vai a trovare con tante ore di macchina ma che vale tanto la pena. I francesi, invece, sembra che agli asburgici qui stiano abbastanza sui cojones. V dice, forse per ragioni storiche, che ne so, forse perché per qualche motivo i francesi stanno sui maroni a tanti, dico io, ma a me non interessa questo, perché tanto come sapete credo nel concetto di cuginitudine, da quando abito nel mondo germanico, come un pesce fuor d'acqua. 
Insomma, V ed io qualche tempo fa discutevamo di come, anche se lavoriamo entrambe nel mondo delle scuole di lingue, prima che come Natalia o come, che so, Violette (non il suo nome), siamo quelle lì che vengono dalla Francia/dall'Italia. Quindi, se io per esempio faccio casino in pausa, non è perché sono caciarona di carattere, ma è perché sono italiana. Se lei ha una bella gonna, non è perché ha buon gusto, ma perché è francese. E allo stesso modo, se io arrivo a scuola vestita come una fricchettona con gli straccetti, come direbbe la Niki, mi dicono eh, ma come, un'italiana come te che si veste così? Che sei di Milano, pure?? E io che gli dico eh cosa vuoi, chissà come mai a Milano non ci abito più. Mi sto adeguando ai vostri canoni di sciatteria, così mi mimetizzo meglio, sgrunt. Violette sente la cosa molto più forte di me, perché è qui da più tempo, perché ha due bambini e si sente intrappolata qui, forse. Dice che quando torna in Francia è contenta perché torna ad essere solo Violette, e non la francese.

Talvolta è fastidioso, essere definiti prima dalla propria nazionalità che dall'essere Natalia o Violette. D'altra parte, ormai, quando vado in Italia, molte delle cose che dico o faccio sono viste dai miei amici di là come il prodotto di troppo tempo all'estero (perché oltre a questi quattro ultimi anni austro-istanbulioti ci sono da aggiungere i tempi della perfida Albione, di cui non parlo mai.)

Boh. Il fatto è che alla gente piace incasellare le persone, non c'è niente da fare. Se vado avanti di questo passo, comunque, un giorno mi verrà una crisi di identità. Vediamo cosa succede quando comincio a viaggiare di nuovo. 
Ho questa conoscente, B. Quando io sono arrivata qui, lei e l'uomo suo sono partiti per un viaggio come il mio, ma con l'obiettivo piuttosto ambizioso di stare in giro due anni e mezzo (sì, avete capito bene.) Ovviamente sono tornati con le tasche vuote, ma loro mica se ne preoccupano, dato che avendo fatto la comoda vita dell'impiegato prima di partire, hanno i vari benefit che si hanno qui, e che ti parano il culo quando torni. Io non li avrò, quindi col cazzo che finisco tutti i miei soldi, mica mi aiuta a me, l'ufficio di collocamento.

Premessa: M e il suo amico irlandese, quando ero in Nepal con loro e questi due non erano ancora partiti, la sfottevano bonariamente, perché a quanto pare poteva essere molto fastidiosa. Io, da brava cojona ottimista che sono, dicevo: ma no dai, siete voi che siete perfidi. Ecco. 

Bene. Quando sono tornati, i due si erano modificati da persone tutto sommato piuttosto normali nel seguente modo:

*sono diventati due specie di hippie post-moderni che vogliono andare a vivere in campagna (niente di male in questo di per sé, ma un momento.)
*hanno intenzione di comprare casa in campagna (con quali soldi? prendendoli dalle banche che dicono di detestare?)
*lavorando entrambi nei settori dei servizi (finanziario lui, pièrre lei), dovranno anche comprare una macchina, se vogliono vivere in campagna. Dovranno pendolare, e non avranno tempo di farsi il latte di soia da soli come prima. A meno che non aprano una fattoria.
*lui no, ma lei di brutto, non facevano altro che scrivere e parlare di sostenibilità e attivismo e questo e quello, un pochino fastidiosi ma alla fine è per una buona causa.
*lei, per non andare fuori di cranio mentre cercava lavoro, è giustamente diventata volontaria de Greenpeace, e di questo, e di quello. 

Io sentivo di come in quei due anni avevano preso più di 40 aerei, di cui uno totalmente superfluo perché eravamo in Sudamerica ma sai a noi piace tanto l'Asia, e volevamo stare un po' in Thailandia prima di tornare.

Alla faccia della sostenibilità, sia ambientale che ecologica O_O

Poi un mese fa, finalmente, entrambi trovano lavoro.

Come reagisce lui: oh, ho trovato lavoro nel settore che volevo. Che fico.

Come reagisce lei: HA! Ho trovato lavoro finalmente! E pagato meglio di quel cesso di cooperativa che voleva pagarmi così poco!

Io: vabbè, ma almeno sarebbe stato un lavoro con un risvolto sociale, no?

Lei: sì, ma pagavano poco.

Io: ...

Lei: e poi ho anche incontrato quella che va in maternità, che sostituisco. Lavora di merda! Sono sicura che io sarò più brava e non la rivorranno indietro.

Io: allibita, non dico niente. 

Lei: e allora, quando partite?

Io: eh, tra poco, sono un po' preoccupata che sai, io non avrò i sussidi vostri, quando torno...

Lei: eh, poi magari pure i tuoi studenti si gustano il tempo libero e non tornano da te, ha ha, o trovano altri insegnanti... haha

Io: sempre più sconcertata, riesco a liberarmene. Mi chiedo: ma non dovresti essere una persona buona, positiva e incoraggiante anche con chi ti è vicino? O solo con le tartarughe? Checcazzo?

Qualche giorno dopo, racconto l'accaduto a I., la colombiana onoraria, che da tempo mi diceva no a me quella donna non va giù. Mi ha solo detto: te l'avevo detto io, hai scoperto il suo lato oscuro! Che è più o meno anche ciò che ha detto l'Asburgico quando gli ho riportato questa conversazione. 

Poi, ciliegina sulla torta, qualche giorno fa viene pagata e su FB sboroneggia: haaaaa! ho ricevuto lo stipendio, 700€ più di quel che prendevo 3 anni fa!!

Magari sbaglio io, ma mi sembra a dir poco inelegante, scrivere una cosa del genere, per una che vuole vendersi come una ggiovane fricchettona 2.0. Molto inelegante. E' bello avere di nuovo uno stipendio, ma spandere così è da tamarri di prima categoria. 

In ogni caso, da un mese io non la chiamo proprio. Preferisco stare a casa a scrivere mail alla colombiana onoraria.

Che orrore. 
[inf.]

Espressione francese che si può tradurre con

ne ho le palle piene
non ne posso più

o anche

che due coglioni.

Ottima descrizione del uichènd di Natalia a base di raffreddori, insonnia, noia, vicini molesti e sole che spacca le pietre fuori, proprio quando lei non può farne uso.

Tipo che ti fa venir voglia che torni la settimana lavorativa, quasi.

Intanto la mia mente lo ripete come un mantra. Ma diciamo che lo ripete da qualche settimana. E io so perché.

Sgrunt.
"We could go in the morning."
"No."
"Perhaps it would be a good thing."
"No." he said. "My ghosts are there."
(You have ghosts?)
(Of course I have ghosts.)
(What are your ghosts like?)
(They are on the insides of the lids of my eyes.)
(This is also where my ghosts reside.)
(You have ghosts?)
(Of course I have ghosts.)
(But you are a child.)
(I am not a child.)
(But you have not known love.)
(These are my ghosts, the spaces amid love.)

– Jonathan Safran Foer
Everything Is Illuminated.

L'ho finito qualche ora fa. E' bellissimo. Se non l'avete letto, fatelo. Dà la pelle d'oca visibile e fa piangere, e io sono una tosta, non mi succede mai. Magnifico. 

Oggi è il 3 agosto. Sono a letto invece che a Londra, e ho molto tempo per pensare. Ho un sacco di fantasmi tra le palpebre. Pessima combinazione.
...avevi organizzato un regalo phigo per te e il tuo uomo, tipo un weekend a Londra, non dando ascolto alle previsioni catastrofiche sulle Olimpiadi – il tuo amico e inviato ti diceva sono tutte cacate mediatiche? Che avevi organizzato tutto, fino ai biglietti dei treni, perché per una volta nella vita c'avevi da parte i soldi per farlo e due buone ragioni?

E ti ricordi come sei arrivata all'aeroporto dopo rotture di palle varie, e di come ti eri sentita addosso tutto il giorno anzi tutta la settimana una stanchezza estrema, e sull'autobus per l'aeroporto ti sei resa conto che non era stanchezza ma probabilmente un cazzo di virus che ti segava le gambe? E come all'aeroporto hai deciso di fare dietrofront, e hai passato il venerdì che dovevi essere a spasso per la South Bank a letto come una deficiente, con un'atmosfera cazzutissima di spogliatoio depresso in casa?

Io sì.

tripadvisor.com
Ciao, Londra. Sarebbe stato bello rivederti e mostrarti a colui che ha visitato posti oscuri in tutto il mondo ma non ha mai visto te.

Inviato londinese, sarebbe stato bello vedere pure te.

Invece niente. A letto con le gambe di gelatina, a Vienna, col temporale monsonico del weekend che ovviamente è tornato, le finestre aperte che fa caldo, e un imbecille con la televisione alta che non ti lascia dormire e ostacola la riparazione della tua sfigatissima carcassa. 

Il lavoro che faccio è bello – ma ti espone a troppa gente coi bacilli. Non sono mai stata malata così spesso come negli ultimi due anni, da quando insegno tante tante ore a settimana. Anche se quest'anno è molto meglio dell'anno scorso. Giusto per essere positivi, eh. 

Che dire: uffa. Arcibleah.