Ragazzi, io ci ho provato a fare la donna flessibile, coi commenti. Sono stata presto riempita di deficienti anonimi che pubblicizzavano vaccate, cosa di cui non ho intenzione di occuparmi mentre sono in gita.

Quindi, i commenti continuano a richiedere la mia approvazione (quindi non arrabbiatevi se non compaiono subitissimo), non richiedo piu' la registrazione pero' almeno una google id. Il che significa che se avete un indirizzo gmail state tranquilli. Mi spiace, ma gli anonimi mi rompono i cojones da morire!
Una cosa prima di tutte: il tedesco che imparerete qui non c'entra una sega, con quello che imparate dai libri.

Sappiatelo.

Per accento, fonetica, e grammatica, la storia e' un po' diversa da quella che sentirete sui libri di tedesco, il che rendera' l'apprendimento di un bel po' piu' difficile che in Germania, secondo me.

Fatta questa premessa, passiamo alle informazioni sui corsi di lingua, su dove imparare il tedesco a Vienna. Sì, è vero che tutti bene o male parlano inglese un pochino, diciamo fino ai sessantenni circa, però non fate come gli anglofoni che vivono qui parlando inglese e basta e non capiscono una cippa di quel che gli succede intorno.

Voi siate fighi, siate integrati, e preparatevi a imparare una lingua che è

* melodiosa solo in alcune bocche
* difficile
* e vi farà sentire particolarmente idioti. Più del turco, meno del cinese, ma comunque un po' idioti vi fara' sentire.

Sappiate anche che tutti si sentono stupidi, quando imparano il tedesco, i madrelingua sanno di parlare una lingua ostica e che crea crisi anche ai migliori, ai più portati per le lingue: quindi, sono almeno comprensivi, generalmente. Possono anche essere terribilmente fastidiosi: meno dei francesi che si irrigidiscono se pronunci male, più degli anglofoni, che sono abituati ai laghi di sangue e alla loro lingua fatta a pezzi da chi la usa per comunicare. I tedescofoni sono una via di mezzo.

Detto ciò, ovviamente tutto dipende dalle vostre disponibilità economiche. La scuola più economica a Vienna credo sia la Deutschakademie, dove la vostra prode (io) ha imparato il tedesco, o ci ha provato prima di diventare autodidatta, con due miseri corsi, tre anni fa. Lì siate consapevoli che voi pagate poco, e che gli insegnanti sono pagati poco. Questo implica che spesso gli insegnanti sono mediocri: quelli bravi se ne vanno appena possono. La mia insegnante, a esser buoni, faceva schifo al kadzo. Quindi, andateci se avete pochi soldi. Ma pochi pochi.

Ho sentito cose buone del centro linguistico dell'università di Vienna, invece. I corsi sono più costosi, ma dicono che siano di qualità migliore. Sempre all'università, ci sono anche i corsi della OEH, l'associazione studentesca di Vienna (solo la mattina, questi.) I corsi si svolgono tutti nel delizioso campus di lingue Altes AKH, uno dei posti dove è molto probabile che troviate me spalmata su una panchina, se è primavera-estate e non sono in un anno sabbatico.

Ci sono poi i corsi delle scuole civiche di Vienna, tipo i corsi del comune che si fanno a Milano. Hanno costo più contenuto, e qualità fluttuante a seconda dell'insegnante – anche se questo a mio avviso vale praticamente sempre.

Altre scuole di cui ho sentito parlare abbastanza bene sono il WIFI, l'Alpha Institut (che pero' pare sia abbastanza caro) e Actilingua. Queste sono le scuole che si specializzano nel tedesco - dunque non quelle dove lavoro io.

Un'altra cosa che vale la pena di sapere e' che il comune di Vienna organizza, dal 2011, un programma che aiuta nell'accoglienza degli stranieri in citta' e offre una sorta di counselling iniziale per quanto riguarda l'organizzare la propria vita in un nuovo paese e in una nuova citta'. Il programma si chiama Start Wien, qui il link alle informazioni in inglese. La cosa piu' importante, tra quelle offerte da Start Wien, e' il Bildungspass, cioe' un bonus offerto a tutti (inclusi noi migranti "ricchi" dell'UE) per pagare un corso di tedesco con gli enti convenzionati, la lista dei quali vi daranno sempre loro. Non so di quanto sia il bonus, quello che so e' che al mio ritorno qui spero di potermene avvalere io stessa, e andare a farmi un ripassino della lingua ostica di cui sopra. Perche' temo che mi servira' ahime'...
Ho finito, gioia e giubilo! 
Ho finito di impacchettare cose.
Ho finito di portare cose di qua e di la' in giro per la citta'.
Ho finito di importunare la gente dicendo
Che per caso avresti spazio per una scatola?
Ah si', grande! E quando posso venire da te a portarla?
Perche' dato che io qui non ho mamma o similia, ho dovuto distribuire le mie cose a casa di 7, no 8, persone diverse. 'naggioia, trasportare il tutto come un basto sulla metro! Infatti poi mi sono imborghesita, e ho preso il taxi per gli ultimi due giri perche' non ne potevo piu'.
Ho finito di buttare via cose.
Ho finito di pulire parti di casa.
Ho finito di passare l'aspirapolvere.
Ho finito di tossire per le nuvole di polvere.
Ho (abbiamo) venduto tutti i mobili. Abbiamo messo via quei pochi che teniamo.
Ho anche finito di pagare l'affitto.

Domani sera, ci sara' una festa dove saluto gli amici, che i colleghi gia' li ho salutati, poi si andra' nelle campagne per il weekend, e poi si partira'. Non e' che realizzi pienamente la cosa, dato che ho passato due settimane a sbaraccare, non afferro molto che questa cosa dello Stare a Casa di Altri sara' quello che faro' per il prossimo anno intero. Scrivo dal divano di un sant'uomo che ci ospita gia' da due sere. 

Ho anche finito di avere un computer, come avranno notato i piu' svegli tra voi, non ho piu' gli accenti: ho gli apostrofi. Ho un netbook, detto anche  ordi-mini, con la tastiera tedesca, impostato con la tastiera inglese, prestato da un amico di M. Organizzatissimi, siamo. Cio' non toglie che spero anche di fare un po' di disintossicazione da questo mondo internettico, ma non temete: non spariro', scrivero' di sicuro, mi serve anche ad interiorizzare cio' che vedo, da sempre. Semplicemente, scrivero' spesso anche solo per me, sui taccuini di carta che mi hanno regalato i miei amici. 

Comunque: sono tornata!

Ho modificato il robetto per commentare.

Quindi, ora,

*non dovete più essere registrati. Ma se mi capitano anonimi molesti, sappiatelo, mi lamenterò con voi ;)

*non dovrebbe più uscire l'orrido, fastidioso, irritante captcha. Lo odio anch'io. Quello non tornerà di sicuro.

Contenti, Zio FT-Financial Times, e Dottor Nomade?

L'ho fatto per voi. Con il cuore. Seduta in mezzo agli scatoloni.

Questa casa ogni giorno somiglia sempre di più a quella di Ultimo Tango. Meno male che questa non è Parigi. E meno male che non arriva Marlon Brando.
Sono i titoli di due video a tema italiano che ho visto negli ultimi mesi. Quello su Milano l'ho visto un sacco di tempo fa, e vedere il secondo, quello del Dubbio, mi ha fatto pensare al primo. 

Quello su Milano è questo: 


A me piace un sacco, è stato girato da Francesco Paciocco, quindi un italiano, direi. Incredibile, un italiano che fa qualcosa di positivo su Milano e non è milanese...? Comunque. Il video mi è piaciuto molto quando l'ho visto, mostra la città da un punto di vista insolito, molto onirico, è un bel video, devo dire. Mi piacerebbe sapere di più di quest'uomo che l'ha girato, intendo dire da dove viene e che storia ha, per capire meglio il suo sguardo sulla città. 


E invece quello del Dubbio è questo, più nuovo, è girato su blog e account tuìta di espatriati vari. Prima guardatelo, poi leggete il mio parere. Di più sul video qui.


Allora – io l'ho postato perché mi sembra in tema, dato che questo blòg parla di insegnamento e di esperienza di espatrio.
Io personalmente l'ho trovato un po' fastidioso. E' il solito Lamento del Giovane Italiano, che ormai a me ha un pochino scocciato, a dire il vero. Forse sarà perché io vengo da Milano, che è a) nel nord e b) una grande città: il mare sotto casa non l'ho mai avuto, come non ho avuto neanche il vino del contadino, o le campagne sterminate. Dove se arrivi in ritardo eccessivamente, più di 15 minuti, la gente se la sminchia, a ragione, se chiedete a me. Se cresci in una città, una qualsiasi, sai che le persone che condividono poche centinaia di metri quadri sono la norma in una città grande, perché sai che due coglioni dover salutare ogni passeggero di ogni vagone della metro? E questo per quanto riguarda ciò che il giovane dice, nel video.

Poi c'è il testo in sovrimpressione: ora, lo so che in Italia c'è una situazione di merda. Lo so che l'Italia è una gerontocrazia e lo so che i giovani non sono mai incoraggiati/facilitati a fare una sega... Però, su, dai: se davvero avessi avuto tutta questa voglia di restarci, in Italia, non saresti partito. Avresti fatto come i miei moltissimi amici che, invece, hanno deciso di restare e provare comunque a fare qualcosa che reputano buono, e produttivo, e ad uscire di casa, e a crescere, cosa magari più ardua in Italia, ma possibile. Solo che ti devi fare di più il mazzo. Io lo dico sempre: sono anche partita perché non avevo voglia di stare in un posto con condizioni così così, quando potevo fare lo stesso lavoro pagata meglio e spendendo meno per vivere. Sono pigra, io. E quindi pure pragmatica. 

Cioè, giovane italiano del video, non vieni mica da una zona di guerra in Congo, non vieni dalla Cecenia e neanche dalla povertà estrema chessò, delle campagne cinesi. Questo genere di atteggiamento mi dà veramente fastidio, io sono la prima che tra sé e sé pensa cazzarola, ma se un giorno vorrò tornare in Italia ci smenerò di certo! Perché è vero, so che è così: ma è la modalità di questo lamento che mi tira fuori dagli stracci, perché lascia pochissima speranza per il futuro e si lagna non poco pure del passato. Non so spiegarlo del tutto in modo razionale: anche se potrei trovarmi d'accordo con quest'uomo, ho anche una certa voglia di dargli una scrollata e ricordargli che comunque lui è fortunato, e che è vivere in una bolla il lamentarsi e basta: perché almeno, lui, ha potuto crescere con l'olio e i vini buoni, il mare, e questo, e quello, e ha potuto anche andare a scuola e avere computer con i quali imparare a fare lamentosi video da postare su internet, con la sua connessione superveloce. Del tipo: sono comunque problemi da primo mondo, figlio mio. 

Non so perché mi ha dato così fastidio, questo video. Forse perché ho visto altri italiani all'estero che conosco postarlo su FB autodefinendosi cervelli in fuga e piangendo per questa loro condizione. Neanche fossero dissidenti siriani fuoriusciti. Ma mi faccino il piacere. 
Allora, ora che adesso vado via da Vienna per un po', ho deciso di fare una serie di post di servizio per coloro che stessero valutando l'idea di venire a vivere qui, tipo vademecum pratico per l'italiano che non mastica ancora il tedesco ed è troppo timido per fare domande auf Englisch. Natalia è al vostro servizio. 

Dunque, una delle prime cose che dovrete fare sarà trovare casa, presumo.

Ecco qualche consiglio: se cercate una stanza, il sito più comune per la ricerca è Jobwohnen, ma anche WG Gesucht è utile. Piccola nota lessicale: WG significa Wohngemeinschaft, cioè comunità di persone che vivono insieme, cioè, la nostra condivisione. Quindi voi cercate "WG Zimmer", cioè stanza in una condivisione, o "Wohnung", cioè appartamento.

Gli affitti a Vienna sono molto più bassi che in Italia (o almeno che a Milano e Roma), che è il motivo per il quale tutti qui sono in affitto senza problemi. Il nero è fuori questione. Per i prezzi non chiedetemi, perché sono nella stessa casa da 3 anni e non sono aggiornata.

I quartieri: Vienna si divide tra distretti interni (Innere Bezirke) e distretti esterni (äußere Bezirke) che costano un po' meno, e sono un bel po' più verdi. Le case possono essere altbau (vecchie costruzioni con i soffitti alti, più affascinanti, ma anche di qualità più bassa, talvolta) o neubau (nuove costruzioni, meno belle fuori, magari, ma più nuove e confortevoli dentro.)

Io ritengo più importante il vivere in un luogo centrale e ben collegato che in un luogo verde, a causa del lavoro. Mi piace abitare in centro perché, almeno nel mio tempo libero, voglio poter uscire la sera per ristoranti e locali e farlo a piedi, e non dover possedere un'auto.

Se anche a voi piace fare queste cose, allora state nei distretti interni (dal primo al nono, in pratica Vienna è divisa come una chiocciola, come Parigi.) Sono più carini e più vivaci del resto.
Il mio spicchio di città preferito è quello che va dal sesto al nono distretto, quindi include i quartieri di Mariahilf, Neubau, dove vivo, Josefstadt e Alsergrund. In particolare, Neubau e Josefstadt hanno un'alta densità di ristoranti e locali dove uscire a divertirsi, e gli affitti sono infatti più alti.
Il secondo distretto va sempre più di moda al momento e gli affitti sono in aumento, in particolare nella zona intorno al Karmelitermarkt e Taborstraße, che in effetti sono molto carine. Il quarto e il quinto distretto, soprattutto nella zona che va da Karlsplatz e TU (politecnico) fino a circa Margaretenplatz o fino a Johann-Strauss-Gasse, è molto bellino. Li conosco poco, ma quando mi capita di andarci mi piacciono.
Il terzo distretto, Landstraße, è quello che conosco meno, pieno di famiglie e molto residenziale, da quel che ho visto in questi tre anni.

I distretti esterni li conosco molto meno, ma quelli che preferisco sono quelli tra il sedicesimo e il diciottesimo, quindi, di nuovo Vienna ovest. Sono ben collegati, sono carini, costano meno e sono anche più vicini al verde. L'unico motivo per cui non sono mai andata a viverci è che devo stare più vicina al centro per muovermi meglio col lavoro.
Vienna est? Al di là del Danubio? Per quanto mi riguarda, è campagna (i viennesi del centro li chiamano ridacchiando Transdanubia.) A me non piacciono affatto, sì, sono verdi, ma sono collegati male come mezzi, ti serve una macchina, e sono morti – ancor più del resto della città, che non è proprio Rio, comunque, se si viene da posti più vivaci.

Se avete domande, scrivete pure nei commenti! 
http://www.tuttoperlei.it/
è un po' diverso. L'ho fatto! Anche per ragioni di mimetismo.

Dopo 29 anni di vita da bionda (escluso qualche mese da mora, ma proprio mora nera nei miei momenti gotici adolescenziali), ho i capelli scuri, come vedete nell'avatar rinnovato. Tipo color cioccolato fondente. Appena ci batte sopra il sole, si vede che sotto c'è del biondo, nei riflessi, ma non sono più bionda!

Uomini, è una questione di identità, se non capite, smettete di leggere, come sempre per i post tricologici. 

In generale, attiri meno l'attenzione, in pubblico, per qualche strano motivo. Quelli che prima ti osservavano più a lungo, tipo i vari Uomini Mediterranei o Africani che risiedono qui, ti guardano una frazione di secondo in meno, il che alimenta la mia teoria che secondo alcuni uomini Biondo=Bello (e anche un po' = Troia, a dire il vero), e ti mischi di più nella folla. Sì, perché comunque la maggior parte delle persone in un vagone della metro, anche qui, ha capelli che vanno dal biondo scuro al nero. Più chiaro, risalti, anche se molto meno che a Milano o a Istanbul. Ora mi mischio meglio con la folla, che è esattamente quello che volevo per il viaggio: non attirare l'attenzione con una testa da gringa. Mi era già venuto in mente di farlo in Turchia, ma avevo lasciato stare.  

In secondo luogo, volevo vedere come mi stava con la mia faccia da adulta e non la disarmonia da sbarbata quindicenne, ero curiosa. 

In terzo luogo, volevo poter andare anche io dai parrucchieri a 8$ di cui mi parla la mia colombiana onoraria I., in giro per il Sudamerica e l'Asia, senza uscirne coi capelli verdi come la mia vicepreside delle medie. 

Le reazioni del pubblico che mi conosce sono state quasi unanimemente positive. La mia amica I., quella dei parrucchieri a 8$, a cui ho tenuto compagnia su skype mentre lei era in attesa di un volo per la Colombia, quando ho acceso la webcam ha strillato un what!!!! che ha fatto girare un sacco di gente intorno a lei (l'ho visto. Aveva la webcam già accesa, lei.) Però poi ha approvato. La S.G. (Santa Genitrice) ha approvato, ma non prima di dire però a me piaceva anche il biondo che avevi prima. 

L'Asburgico mi guarda con sospetto, ma l'aveva fatto anche quando ero passata a un biondo più scuro. In questo caso il cambiamento è troppo per lui. Si abituerà. E quando si sarà abituato, il colore sarà già sbiadito sotto il sole di Curaçao, quindi poco male. Sono diventata mora! Ora sarò di sicuro anche più intelligente.  

Il mio amico Nic di Postmodern Spray, che si occupa di profumi e puzze, amico del cuore da anni e vulcano creativo, mi ha chiesto di scrivere un ghèst post su libri e profumi come portatori di storie, per il suo blog. In inglese. Io ho fatto i compiti, so che la maggior parte di voi l'inglese lo mastica... Quindi buona lettura!

                                 
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First of all, thanks Nic for hosting me here. It'll be a pleasure to share my thoughts. 

My relationship to books is nothing new for me – it's been a loving one since I was a small kid. I grew up in a home full of books, with parents who would use a colourful, electrically lit globe at night to teach me history as an exciting bedtime story, the story of how and why we are who we are. First proof in n my life of how teaching can be done in a perfectly fun way. 
I love storytelling, and I love travelling, so books were, for me, one of the best possible inventions. They take you somewhere far away for virtually no money, they show you whole new worlds, real and imagined, they tickle and activate your imagination, and they teach you something on the way. Books are like people. You like some of them instinctively, and some you just can't stand from page one. Some of them are better read at certain points in life, which is why I'm a big re-reader, and I discover something new every single time. Like the important people in your life, books can contribute to those lightbulb moments, where you stop and think: that's true. And that never occurred to me before, how could it not??
Novels are a huge push for me to learn new languages. Words are great, and books are full of them. Try reading books out loud once: you'll discover how writers know what they're doing, how they play with sounds, and this does absolutely not only apply to poetry. 
When I say books, I actually mean stories – I am not possessive at all, with actual books. I give my books away all the time, because I know I can usually buy them again. 

Smells and perfumes are something I became conscious of a lot later, because for me, they are strongly linked to memory. As long as my past was 5 years long, I didn't really care much for them. I am not one of those people who can distinguish smells easily: I go by gut feeling, like I do with art. If it awakens my gut feeling, then I like it, and it doesn't really matter to me what it is. 
With time, perfumes and smells became very important for me, and I can think of a distinctive smell that brings back memories or visual images for many of the cities I love (because I lived there, because I visited them several times.) 
Istanbul is always a sensory overload: the perfume of dark çay, the smell in the street, with dust and exhaust and sweat and cats and rubbish lying on the street, waiting to be collected. The salty smell of the sea, down on the Bosphorus.
I've just visited Rome, a very important city in my childhood, a small trip which was also full of smell-related epiphanies. Imagine: I step into Villa Borghese, I crush a few pine needles while walking, and a river of images from my childhood in Rome and Tuscany comes back, when I used to play under pine trees the whole afternoon. I was dumbstruck for a moment, because the memory was so precise and powerful. Rome is the perfume of oleanders in quiet side streets, it's the smell of people on overcrowded transport, it's the cheese on cacio e pepe, it's the smell of exhaust in the streets. Budapest is the green smell of trees up in the hills and the black smell of burnt rubber in the metro station. Vienna is the faint, fresh smell of wood in people's apartments and the smell of elderflowers in the streets in spring. 
Milan is the smell of my apartment, and my mother's perfume when I hug her at the airport. It's the perfume of my grandmother's hair, the same as when I hugged her when she came to save me from kindergarden, when I was 5. 

I suppose I love books and perfumes for the same reason: both of them bring stories with them. Both of them activate my brain and remind me of things past, beautiful and painful. What matters is, these stories are what make me me. So I cherish them. 
Ragazzi. Sono un po' in sbattimento. 

Sarà il clima autunnale che mi ricorda il mio arrivo qui tre anni fa (meno due settimane), sarà che in genere il clima grigio mi rende pensierosa, sarà che sto per compiere 30 anni e anche se ridimensiono alla fine la cosa mi manda un po' in sbattimento: ma, sono in sbattimento.

Del tipo: 

è giusto mollare il frutto di anni di fatica per andare a farsi una gita lunga un anno durante la crisi economica peggiore in corso dalla mia nascita? 
(Tardi per farsi questa domanda. Ho già salutato tutti gli studenti e le scuole e sarò homeless tra meno di due settimane, e poi ai Caraibi.)

sbaglio io a fare la fricchettona irresponsabile a farmi questa gita, invece che stare qui e, che ne so, fare un bambino? Sposarmi? Accendere un mutuo? Comprare un nuovo divano?
(Sarà perché ieri mia madre mi ha detto che miocuggino, il grande, del quale già ho perso il matrimonio perché ero in Laos, proprio ora è incinto, con la sua donna incinta? Proprio ora diokadzo che vado via e non torno per mesi e mesi e mesi E MESI? PROPRIO ORA DOVEVATE FARMI QUESTO? Tornerò quando il pupo/la pupa avrà tipo 6 mesi. Sono tristissima, sarò la vecchia zia pazza che gira il mondo e torna con i manufatti pre-colombiani o chessoìo. Affranta, sono. Queste sono le cose in cui faccio cagare a essere italiota AIRE. Scarsissima. La mia amica M, compagna di liceo, ha avuto una pupa. Io l'ho vista e adesso quando la rivedrò sarà una vitellina ambulante. Queste cose mi fanno sentire il tempo che passa, per quello mi agito)

sbaglio io a spezzare una situazione di relativo equilibrio, che quello totale sappiamo già che non esiste, dopo aver faticato a trovarlo dato che Vienna a me è stata abbastanza sul cazzo per abbastanza a lungo? Ora che hai amici tuoi, una vita tua, che non sei solo un'appendice ridanciana e idiota dell'Asburgico, che fai, te ne vai?
(Sì. Infatti casa tua è mezza vuota e stai vendendo tutto.)

L'anno scorso, mica è andato così male, l'autunno-inverno. La tua studentessa Emme era incinta e le vostre lezioni erano ammantate di pace interiore da gravidanza avanzata. Non ha nevicato troppo. Hai bestemmiato relativamente poco per il buio. Cioè: ti stavi abituando allo stare a nord delle Alpi. Non ti mancherà avere una tana tua dove rifugiarti, e bere tè con una sciarpa addosso e il buio fuori?
(Il fatto che tu ti ponga questa domanda, Natalia, è segnale del tuo malessere. Riprenditi, impacchetta, e vedi di andare. Detesti l'inverno e l'appartamento è sempre sembrato un campeggio. Smettila. Di. Pensare.)

Come sempre, prima di fare una cosa grossa, sono curiosa e preoccupata. Io ogni tot mi devo mettere in una situazione dove sono curiosa e preoccupata. Lo sono stata prima di Istanbul. Lo sono stata prima del Nepal. Lo sono stata prima di Vienna.
Alla fine, ce l'ho sempre fatta.
Quindi ce la farò anche stavolta.
Però.
Sto invecchiando. Gestisco la cosa sempre peggio. 

E non sapere dove P, l'amico francese di Budapest, vivrà al mio ritorno, mi riempie di un'angoscia spropositata. E' il mio unico amico di vecchia data che abita a meno di un'ora d'aereo.
Ti prego P, non decidere che ora devi imparare l'arabo e quindi vivere a Marrakech. Tu non vuoi imparare l'arabo. Capito?
Beh, ci sta. E' metà settembre. E' Vienna. Non mi lamento (e comunque sto architettando la mia fuga, almeno questa volta autunno e inverno li salto, mwahahahaaaaaaa!)

Piove. Oggi massima 23C, caldino per qui.

Domani, massima 12C.

Ieri c'erano 31C. Chissà come mai la gente si ammala, eh?

Io inizio a sospettare che il vaccino della febbre gialla si sia combinato con un simpatico virus cuccato negli ultimi giorni che non c'entra niente, altrimenti non starei così male.

Ho dovuto cancellare la lezione di oggi per salvare almeno quelle di domani e di venerdì, almeno spero, ho sistemato un po' in casa, ma ora ahimè devo tornare a letto.

Che rottura. L'unica nota positiva in tutto ciò è che pioggia+temperatura in calo = 0 ambrosia nell'aria. Evviva!!!
No, è che ho fatto il vaccino, a Milano. E mi avevano detto: ti verranno magari degli effetti collaterali, tra tra 3 e 10 giorni da oggi. Il giorno dopo il vaccino, stavo malissimo, e ho pensato: beh, sono stata rapida, io, eh?

Poi oggi sono andata a lezione e ho cominciato a stare male. Poi di male in peggio. Ora sono sul divano con la febbricina e ho dovuto cancellare una lezione pomeridiana.

Mi sento sfigata perché secondo il dipartimento della salute australiano, solo l'1% delle persone deve arrivare a sospendere ogni normale attività nelle 24 ore degli effetti collaterali. 

Cerco di consolarmi che di certo l'allergia all'ambrosia – che spopola anche a Vienna – più il clima inusualmente caldo che stimola i pollini, più l'asma, di certo non aiutano.

E fu così che Natalia perse una lezione di yoga col maestro che le mancherà così tanto mentre sarà via, e fu anche così che Natalia passò l'ultimo giorno d'estate (domani ci sarà un crollo di circa 12C di temperatura) sul divano, invece che in giro a lavorare. O a fare pacchi. O a svuotare armadi.

Moro. Ecco, in Asia non ce l'hanno, la febbre gialla, mai dovuto fare un vaccino così fastidioso... Hmph. E io che volevo fare la pausa a mangiare indiano con la Frò. Invece, niente. 
Ebbene sì, anche dopo tre anni che vivo qui, anche ora che il mio tedesco è decente e leggo tranquillamente il giornale (ma non i romanzi) ho ancora problemi di comunicazione. In genere questi riguardano le parole straniere, che io pronuncio come si dicono nella lingua x, e che gli impiegati del supermercato leggono con la fonetica tedesca (o ancora peggio, viennese. Che è come dire la fonetica di Bari Vecchia, con tutto il rispetto per Bari Vecchia.)

L'altro giorno ero in un supermercato dove di solito non vado, e cercavo degli gnocchi. Si trova molto il cibo italiano qui, di solito è anche di buona qualità, ma non sapevo dov'era nel supermercato. 

Bene.

Vado dalla tizia che sistema le cose sugli scaffali e le dico

Mi scusi, buongiorno, cercavo degli gnocchi. Con la pronuncia italiana.

Dei che?

Degli gnocchi. Noki. Nioci. (Come cazzo li pronunciate, voi, barbarici esseri, aaaaahh frustrazione)

No guardi, non so proprio di cosa stia parlando (cafona e irritata, nella migliore tradizione wienerisch.)

Guardi, questi: scrivo "gnocchi" sul cellulare e glielo mostro facendo lo spelling a voce alta.

Non capisco.

Reprimo un momento di frustrazione del tipo kadzo ma non sai neanche leggere i nomi delle cose che esponi, diomadonna??? Allora le spiego che aspetto hanno e di cosa sono fatti, manco fosse una studentessa A1. 

No. Non so cosa vuole. E' una salsa?

O_O

Le dico: vabbè, li trovo da sola, non importa. E continuo la ricerca. 

Li trovo, e costavano un botto. Senza alcuna intenzione di comprarli, li agguanto, torno dalla biondina cafona e brandendo gli gnocchi a voce altissima, le dico

Beh mi scusi lei, ora mi potrebbe dire come legge lei questa parola? No, così la prossima volta che mi serve lo dico correttamente.

Mi guarda con sguardo bovino e dice: ah, nioci. 

Io le dico: capisco. Ora li rimetta a posto, non li compro, mi servivano a scopo didattico. E vado alle casse, senza nioci.

Lo so che sono stata stronza, ma è stata lei a cominciare con la cafoneria. Io ho perso venti minuti per non trovare la mia cena, e mi tratti pure come se fossi cojona, e non sai neanche leggere o capire una descrizione per aiutare un cliente? Meriti di fare moto e rimettere quei cazzo di nioci nello scaffale una volta al giorno, finché non impari la grafia.

Quando cercavo la quinoa in un altro supermercato, il signore turco aveva girato tutto il supermercato con me anche se non capiva cosa volevo, e alla fine la quinoa l'abbiamo anche trovata. Per questo, al supermercato dove lavora il signore turco, ci tornerò. A quello della stronza demotivata, no. Hmph. 
Lo so che avevo detto che il post su Milano sarebbe stato l'ultimo a tema italiano. Però poi mi sono ricordata di una questione che mi dava da pensare, quando sono andata ora in Italia. 

Ho dovuto fare varie cose in giro per gli uffici pubblici, tipo ritrasferire la residenza in Italia; tipo reiscrivermi al servizio sanitario nazionale in Italia – nel malaugurato caso che mi mandino a casa perché mi ammalo, almeno mi mandano dalla mamma e dove non devo parlare tedesco; sono anche andata al centro di medicina internazionale di via Statuto per farmi fare il vaccino della febbre gialla.

Cos'hanno avuto in comune almeno le prime due esperienze, quelle all'anagrafe (prima l'ufficio periferico e poi quello centrale dove mi hanno rimbalzato) e quella all'ASL?
Il comportamento degli impiegati statali. 
Che ti danno tutti del tu. 
Tipo che a te viene da chiedergli: ma che per caso noi siamo andati a farci tè e biscotti insieme, l'altro giorno? Ma perché mi sta dando del tu? 

Ne ho parlato con amici e familiari a Milano, i quali mi hanno esposto tre teorie a ragione di ciò: 

* In realtà non è da intendersi in maniera malvagia: loro mi vedono con l'aspetto da giovane, e quindi mi danno del tu. Questa teoria è avvalorata soprattutto dalla generazione dei genitori e degli zii. Che dicono che sono paranoica e rompicoglioni. Io dico: vabbè, e quindi solo perché sono giovane mi dovete dare del "tu"? E perché allora io non posso fare lo stesso in cambio? Solo perché tu sei più vecchio di me, e magari sei pure un cafonazzo, devo darti del "lei"? Siamo in Corea, per caso? 

* In realtà non è da intendersi in maniera malvagia: è che la gente in Italia sta diventando più informale e una cosa come dare del lei alla gente è vista come cosa antiquata. La lingua si evolve. (Teoria avvalorata da un pubblico misto, avvalorata in parte dall'Asburgico col suo solito distacco clinico.) Io dico, però, che se fosse così, allora anche io dovrei poter dare del tu all'impiegato del comune, senza che questo mi guardi storto, cosa che invece è successa. Non so perché ma questa teoria, in un paese di sudditanza psicologica al burocrate come l'Italia, non mi convince. Lo so che in Svezia si danno tutti del tu. Ma non so perché, le loro motivazioni mi sembrano realmente sincere, infatti pare che io potrei dare del tu a un ottantenne, ma in Italia se dessi del "tu" a un ottantenne, l'ottantenne mi sgriderebbe. Credo. A meno che non voglia sentirsi dire che è un bel ragazzo. 

* Il fatto è che in Italia la cafonaggine regna suprema, e siccome è un paese dove la gente usa il termine "ragazzo" anche per i quarantacinquenni, come se dire "uomo" fosse un insulto, tu che sei una sbarbata trentenne non puoi altro che meritarti il "tu", dato che sei poco più che un embrione un po' più veemente del solito. Questa teoria è generalmente avvalorata da coloro che si cuccano sempre il "tu" senza mai poter dare del "lei" a nessuno. E non so perché è quella che a me pare più credibile, ma magari è perché sono polemica. 

Oltre a ciò, io mi pongo pure un'altra domanda: può essere che sia diventata più sensibile io al tema, dato che da tre anni abito in un paese dove si dà sempre del lei nelle interazioni commerciali o burocratiche, anche se chi si ha di fronte ha vent'anni? Mi ricordo che quando ero al liceo, la nostra prof di tedesco, che era una grande, la mitica Prof. Schaefer, ci dava sempre del Lei, e la cosa mi faceva sentire grande e responsabile delle mie azioni, e trovavo la cosa pure chic. 

Il mio amico Effe, che insegna in un liceo  privato, dice che fa la stessa cosa con i suoi studenti, perché mantiene le distanze (essendo lui giovane e musicista, è necessario, prima che quelli pensino di aver a che fare con uno che dà i voti politici, invece lui è morbido come la signora Rottenmeier, a ragione) e responsabilizza i ragazzi. 

A me ha dato un po' fastidio, che quel tizio all'anagrafe mi parlasse dandomi del "tu" come se fossi sua nipote. Anagraficamente ci starebbe, ma alla fine, chi ti conosce? A me è sembrata una cosa maleducata. Sono io che sono vecchio stampo, secondo voi? Opinioni?
Consigli di vita a Piazza Fontana, Milano
ho deciso che avrei dovuto scrivere che a me Milano piace, dopo esserci stata per un paio di settimane. L'ho già fatto, certo, e sono cosciente del fatto che – come tutte le città – è piena di difetti. Quindi, un po' come per Roma, vi metto a parte delle mie elucubrazioni sul tema. 

Premetto che, vivendo da ècspàt, negli ultimi quasi 5 anni, per me, tornare in Italia in realtà ha significato tornare a Milano. Il che non è necessariamente una figata, dato che Milano non ha il mare, e per questo raramente ci sono tornata d'estate. 
C'è anche da dire che, nonostante la mancanza del mare, quando io torno a casa non mi annoio a morte come coloro che tornano a casa, che so, in qualche splendido paesino della provincia italiana: sono contenti i primi tre giorni, e quelli successivi spesso li passano annoiandosi, e aspettando di tornare dove abitano di solito. Non succede solo nella provincia italiana, ma anche in quella croata, turca e francese, da quel che sento. 
Io, invece, quando torno a casa, se volessi avrei un sacco di cose da fare. Poi non le faccio, perché ogni volta che esco a fare la giovane mi trovo a pensare ma quanto kadzo è cara, Milano? Che è uno dei suoi difetti principali. Che è il motivo che mi ha fatto sloggiare, perché col lavoro che faccio sarei condannata a una vita in miseria. Questo, Milano, è un problema che magari potresti tentare di risolvere, grazie. Ci riescono, in Tedeschia, ad avere stipendi alti e costo della vita abbordabile: perché tu no (come il resto del paese, d'altra parte?)

Però appunto, per esempio, per essere una città italiana, Milano ha un sistema di mezzi pubblici che funziona, rispetto al resto. Non è normale arrivare in ritardo di mezz'ora a un appuntamento perché non c'è un livello di traffico che lo giustifichi (milanesi che vi lamentate: fate un giro a Roma o a Napoli, da quel che mi ricordo, e vi ricrederete. Quello è troiaio, voi siete dilettanti.)

Un'altra cosa che mi piace è la varietà di tipi umani. Come ho detto molte volte, lo so, ne sono consapevole e ci sono cresciuta: Milano è piena di stronzetti, e di cagoni con il SUV che parcheggiano sulle piste ciclabili. 
Però: ci sono anche un sacco di persone che fanno volontariato, che può andare da Ciclobby al volontariato alle varie case di riposo ambrosiane, tipo la mitica Baggina. Ci sono soggetti come V., mitica volontaria di Amnesty con cui ho chiacchierato per un'ora la scorsa settimana, che per anni ha vissuto in una comune valdese (pur non essendo valdese), e per anni ha lavorato da volontaria coi ragazzi con problemi che andavano dalle famiglie di pazzi alla tossicomania. L'ufficio di Amnesty a Milano è sempre popolato da gente che mi mette in pace con la città. 

Ci sono un sacco di persone che girano che sembrano la brutta copia di Flavio Briatore: ma ci sono anche un sacco di gggiovani creativi. Magari poi a me i gggiovani creativi irritano da morire, però è bello che ci siano, è bello che possano andare in giro vestiti in una maniera che tra cinque anni rimpiangeranno, e la cosa più bella di tutte è che nessuno li guarda male, perché la gente ha altro da fare che stare a guardare come ti vesti tu, mentre cammina per strada. 

Quindi insomma, non mi dilungo, ma la cosa sorprendente dell'essere uscita da Milano, per una volta, è il fatto che farlo mi ha fatto rivalutare la città, almeno un po'. Mi ha fatto anche capire perché gli altri italiani la vedono come una roba a sé, che spesso non piace: è vero, è oggettivamente più grigia delle altre città. In centro, più che color pastello, è bianca, perché i palazzi sono in marmo, e qui si vede un sacco la mano austriaca, a mio avviso. La gente si fa più i cazzi suoi che a Roma, sta più sulle sue e corre di più: però, sinceramente, non è necessariamente un male. E' solo diverso. Mi ricordo che l'esser lasciata tranquilla è stata una cosa che ho apprezzato enormemente, dopo Turchia e Nepal, e anche la mia amica S., perugina doc, diceva che lei preferiva Milano a Roma, perché la gente è meno invadente.

Vabbè, insomma, avete capito, no?
Comunque questo credo sia l'ultimo della serie dei post a tema italiano. 

Ora vivo in una casa in smobilitazione, ho scatoloni ovunque, non abbiamo più sedie e presto non avremo più neanche i tavoli. Sono così in mezzo a un mare di scatolame e aspirapolveri e aiuto come diavolo porto questo scatolone da Violette senza macchina che sono un po' in quella fase in cui ti dimentichi perché stai distribuendo tutto a casa di altra gente: perché sarai felicemente senza casa, e tutto quello che avrai sarà in uno zainetto. Che è molto liberatorio, almeno lo era quattro anni fa. E con questo zainetto, farai una bella gita. 
Solo che adesso sono troppo occupata ad aggirarmi per casa con i guanti gialli e la sciarpa in faccia per evitare gli attacchi d'asma per la polvere.Ce la farò, comunque. L'organizzazione ex-asburgica della coppia (Vienna+Milano) l'avrà vinta anche sullo svuotamento casa senza mezzi motorizzati!
Camminando per Roma, ho preso note. Avevo fogli di carta, e un taccuino (vero.) Su quello ho scritto cose minghia più intimiste, che non riporterò qui, perché altrimenti, poveri voi, i dolori della semi-giovane Natalia. Sui fogli sparsi ho scritto parole a caso, per non dimenticarmi quel che mi passava per la testa. Ecco quindi le mie impressioni romane. Erano cinque anni che non ci andavo, cinque anni passati tra Turchia, Asia ed altre parti d'Europa. Roma è stata un bombardamento sensoriale, e queste noticine rappresentano solo le mie impressioni. Non prendetevela, se non siete d'accordo, perché è Roma vista da Natalia. Sono certa che vista da voi è diversa. 

  1. Ci sono auto ovunque. Ovunque. Mi è stato poi spiegato dall'amico autoctono che il sindaco Alemanno ha reso la sosta più conveniente, e quindi più persone prendono l'auto per gli spostamenti. Mi sembra un'ottima mossa, per risolvere il cronico problema del traffico a Roma. Bravi tutti, eh. 
  2. Le auto, le persone, i motorini, creano rumore. Io ho la testa mezza viennese, ormai, e ho notato che a Roma c'è un certo casino. Le auto rombano e suonano il clacson, le persone urlano. Ho davvero sentito qualcuno chiamare un amico apostrofandolo "A'nfameeeee!" E io che pensavo fosse solo nei film, o una cosa retrò. Non è così, ed è fantastico che non lo sia.
  3. Roma è colorata. Ci sono tanti colori pastello, ovunque, sulle facciate delle case, che vanno dal pesca al color salmone, con intermezzi giallo senape, o giallo zafferano. E questo è bellissimo, è quello che la rende bella, a mio avviso. 
  4. Le piante sono diverse. Dal treno, a un certo punto si vedono comparire i cipressi, là fuori. Quando questi si diradano, ecco i pini marittimi. In città, i parchi sono costellati di pini marittimi. Quando entri a Villa Borghese, camminando, ti accorgi che se camminando schiacci gli aghi, senti lo stesso profumo che sentivi in pineta da bambina, vicino a Grosseto. Poi spegni la musica, e senti le cicale, in città, e capisci che sei un bel po' più a sud di Vienna, e che sei nella parte centrale dello stivale. Per strada, ci sono gli oleandri, sul marciapiede. I glicini. Le palme. Roma è una metropoli mediterranea, e negarlo sarebbe stupido. 
  5. Mentre arrivi in treno, già da lì cominci a vedere rovine romane, buttate lì. Come tutte le città che sono state capitali imperiali, hanno rovine come se piovessero. In questo mi ricorda Istanbul, dove passeggiando tra un locale e l'altro, in alcune zone, trovi delle stele funerarie ottomane in un giardinetto, mentre ai lati del giardinetto i ggiovani con la crestina e le magliette design fanno colazione. 
  6. I marciapiedi sono un'optional. Spesso molte piccole vie acciottolate sembrano pedonali, ma non lo sono. Quindi attenzione a come e dove camminate. 
  7. Il cibo: è tanto. E' enorme. A Roma è pieno di posti dove si mangia, e quando si mangia, le porzioni sono le stesse che ti cucinerebbe Sora Lella, enormi e nutrienti. Piene di condimento. Se prendi un toast perché vuoi un paninetto leggero e veloce, pessima idea. Il toast romano è più grande del toast milanese, di circa un terzo. Stessa storia per il gelato: ho dovuto convincere il signore che me lo preparava, alla gelateria Giolitti, a non metterci la panna. Lui era oltraggiato, io oltraggiata dal fatto che la panna ce la voleva mettere a tutti i costi!
  8. Ci sono un sacco di venditori per strada, che vendono qualsiasi cosa, ancora più che a Milano. Ci sono meno cinesi, e più bangladeshi e africani, a occhio e croce. Quanto ai turisti, molti meno asiatici che a Milano, e molti più anglosassoni (americani, soprattutto) che fanno il grand tour dopo la fine del liceo, o che sono lì per imparare l'italiano (a Milano invece vanno per andare allo IED a studiare design.) 
  9. Le persone parlano. Tanto. Volentieri. E questo, per una come me, è fico. Aspettare la fine del temporale in piazza Flaminia scambiando esperienze di monsoni con un signore filippino dà molta più soddisfazione che aspettare la fine del temporale muta, in piedi di fianco a un ceceno che guarda nel vuoto (manteniamo gli stranieri per il paragone, dato che il signore filippino è un estracomunitario.)
  10. Non ci sono hipster, bobo, insomma, quegli esseri coi pantaloni a sigaretta e gli occhiali grossi che popolano Milano, Vienna, Londra, Berlino, Istanbul e Barcellona (nomino le città dove ne ho notati negli ultimi 3 anni.) La gente che ho visto io, o è vestita normale – tipo mia madre, dignitosa e normale, senza vestiti costosi o che – o è vestita da fighetto. Con questo intendo dire che ho visto molte giovani donne con le camicine di Ralph Lauren e le ballerine e gli orecchini di perle, molti giovani uomini con i mocassini e le Timberland, molti uomini giovani e meno giovani con la Lacoste e il maglioncino sulle spalle, che pensavo non si facesse più. Ho visto, invece, poca gente vestita in modi originali, creativi o eccentrici. (Per chi conosce Milano: vestiti come si vestono i ggiovani che gravitano intorno a Porta Genova o all'Isola. Non so se mi spiego.)
  11. La gente è gentile, oltre che aperta, in genere. La signora che mi ha venduto la pizza al taglio (consigliatami da due impiegati che ho importunato per strada dicendo "beh ma se voi lavorate qui sapete di certo dove si può mangiare bene, e a poco: ditemi tutto, grazie") si preoccupava che fosse vestita troppo leggera. Rosa (pugliese trapiantata) che prendeva il sole leggendo Alejandro Jodorowsky sull'Isola Tiberina mi ha rivolto la parola di sua spontanea volontà, quando ha visto le mie acrobazie per capire che leggeva senza farmi notare – e io stavo per piangere dalla commozione, perché queste cose non mi capitano più. 
Ecco, direi che il succo della gita romana a livello di sociosoap è quello. Ora continuo a inscatolare. Vado. Che fatica e che difficile decidere quali libri portare con me per l'inizio (considerato che poi li lascerò in giro per ostelli, intendo!) Il lato positivo in tutto ciò è che ho rimosso tutta la polvere in due ore, e ora respiro tranquilla. Evviva!
Dunque, mentre tu eri via, è esplosa una tubatura in cucina. Non c'era neanche M, che è tornato prima di te e ha pulito il grosso della polvere lasciata dall'idraulico, entrato con l'amministratore. Ma solo il grosso. Tu soffri di allergie. E asma. La mattina dopo il tuo arrivo, ti svegli coi bronchi che ti fanno male, e devi pulire tutto, che lui è al lavoro, tu no, e non vuoi stare in casa col broncospasmo. 
Cosa fai, dunque, per non morire di attacchi d'asma? 
Che domande. Ti avvolgi una sciarpa primaverile intorno alla faccia, e pulisci casa con l'aspetto di una specie di terrorista fricchettona armata di aspirapolvere. Logico, no?

Non è che avevo già cose da impacchettare e il resto. No, devo anche levare la terra lasciata da quel cazzo di idraulico. E la dovrò pulire di nuovo, quando tornerà per chiudere l'enorme cratere che abbiamo in cucina.

Che fastidio. Sono in quella fase da cui passano tutti quelli che stanno per partire: quella dove tiri giù madonne, con l'incentivo del buco nel muro. Presto il post su Roma che ho lasciato in bozza in Italia, ora dovevo condividere con voi il disappunto dei miei polmoni. Mi fanno male fisicamente. Ahi. 
Mi sono fatta una gita a Roma, a trovare un caro amico che non vedevo da aaaaaanni. (Cliccate qui. Andate al secondo 00:50 e capirete come va letto e detto aaaaaanni.)

E' stato interessante. Dato che il mio amico lavora, ho girato molto a piedi da sola, e siccome la gente pensa che non capisco a causa del mio aspetto, ho osservato e origliato conversazioni tutto il giorno. Poi nella mia testa le ho rielaborate in una di quelle sociosoap che mi contraddistinguono.

Lo so che sembra triste, io invece mi diverto così. Ho preso appunti. Vi metterò presto a parte delle mie elucubrazioni siéme.

Comunque è bella l'Italia. Le colline toscane mentre ascoltavo De André sono state difficili da gestire, emotivamente.